Programma completo del Movimento

Programma politico “Siciliani Liberi”

Premessa

Il presente documento assolve ad una doppia funzione per il Movimento politico “Siciliani Liberi”.

Esso costituisce, infatti, innanzitutto il programma politico operativo per il Governo della Regione Siciliana, acquisite le trasformazioni istituzionali che sono da noi proposte (prima fra tutte, il “Progetto Zona Economica Speciale”, ma anche l’attuazione immediata ed integrale nel suo tenore letterale dello Statuto della Regione Siciliana), in occasione del rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana e del Presidente della Regione Siciliana.

Ma questo documento assume anche un valore programmatico generale e di indirizzo per tutta la vita del movimento. L’art. 8., comma 9, punto 5 dello Statuto, infatti, prevede infatti la predisposizione di un programma politico completo, da sottoporre all’approvazione dell’assemblea ordinaria dei soci riunita al I Congresso Nazionale di Siciliani Liberi, che si prevede di convocare al più tardi per la primavera del 2018, subito dopo le consultazioni politiche.

Il programma per le “Regionali”, integrato da quanto sarà ritenuto necessario in occasione delle successive elezioni politiche italiane, costituisce quindi il primo nucleo di quello che, con eventuali emendamenti, risulterà approvato definitivamente dal Congresso.

Il Programma in esame, in quanto sviluppo analitico è coerente con i documenti già emessi dal Movimento, che dello stesso sono stati un’anticipazione sintetica: il Manifesto fondativo, le “Priorità politiche”, i “30 punti” del Progetto politico, e soprattutto i contenuti della Petizione per la Zona Economica speciale (d’ora in poi, in acronimo, “ZES”).

Esso investirà, tuttavia, quasi esclusivamente quello che per noi è il “programma minimo”, cioè la sola amministrazione della Sicilia costituita in ZES. Il “programma massimo”, cioè quello relativo alla indipendenza piena, sarà solo delineato all’ultimo punto, in quanto esterno al programma elettorale 2017, da integrare in occasione delle elezioni politiche o comunque per il Congresso. In quella sede saranno delineati i caratteri essenziali che il nostro Movimento intende costituire per il nuovo Stato di Sicilia. In questa sede, ancora, il Programma di Governo della Regione Siciliana.

 

Istituzioni, Pubblica Amministrazione, Enti Locali

“Siciliani Liberi” – come detto in Premessa – ha un progetto politico massimo, che è quello di costituire la Sicilia in stato indipendente.

Questa conquista sarà possibile solo con un movimento politico egemone nella politica siciliana e con una consapevolezza diffusa della condizione coloniale della Sicilia. Per far questo “Siciliani Liberi” deve almeno entrare nelle istituzioni, accedere ai mezzi pubblici di comunicazione e trasformare in questo modo la percezione comune che i Siciliani hanno oggi di se stessi.

Per le elezioni regionali non può che portarsi avanti un primo programma, “minimo” per così dire, adatto ad interrompere lo sfruttamento coloniale e a porre le condizioni per una progressiva emancipazione economica della Sicilia.

Per questa ragione diventa di cruciale importanza la battaglia per la costituzione di tutto il territorio della Sicilia in Zona Economica Speciale.

La Zona Economica Speciale difende le attuali prerogative statutarie, definitivamente azzerate dalla costituzione vivente italiana, e i vantaggi derivanti dall’insularità come garantita dai trattati europei, ma porta di molto avanti i confini della sovranità siciliana stessa.

Essa è – in altri termini – allo stesso tempo il massimo livello possibile di Autonomia ottenibile oggi senza strappi istituzionali, e lo strumento essenziale per una ricostruzione dell’economia e della società siciliane. Oggi il progetto ZES deve essere portato avanti anche con la collaborazione di altre forze politiche e con la negoziazione dei singoli punti su cui esso si articola.

La parte più qualificante del progetto riguarda l’economia e la burocrazia, e pertanto se ne parlerà nei punti successivi del programma.

In questa sezione ci occupiamo soprattutto di quanto riguarda le istituzioni regionali e pubbliche – propriamente dette.

Un’altra precisazione di metodo per il programma, con riferimento alla ZES, è che questa dà soltanto una cornice di massima al nostro programma. Questo va integrato con scelte politiche precise, in ogni settore, compreso quello istituzionale generale.

Un’altra precisazione importante è che il presente programma vale solo in caso di maggioranza relativa.

Nel caso in cui “Siciliani Liberi” conseguisse la maggioranza assoluta dei voti validi, si aprirebbe immediatamente un negoziato con lo Stato italiano per concertare le forme e i modi di realizzare, nel più breve tempo possibile, una consultazione referendaria per la piena indipendenza dello Stato di Sicilia, trasformando il Progetto ZES in un progetto transitorio decennale di “amministrazione fiduciaria” della Sicilia da parte dell’Italia, al termine del quale questa acquisirebbe la piena soggettività di diritto internazionale. Le organizzazioni internazionali sarebbero coinvolte in queste trattative. 

Le scelte politiche in campo istituzionale, in caso di maggioranza relativa, sono le seguenti:

  1. Gli organi di governo della Regione avranno nuove denominazioni:Parlamento di Sicilia, Governo di SiciliaMinistri regionali, Presidente regionale. La stessa “Regione Siciliana”, previa modifica della Costituzione italiana, potrà acquisire da subito la nuova denominazione: Stato confederato di Sicilia. Anche le magistrature municipali, potranno assumere, se questa sarà la volontà dei rispettivi Consigli, le denominazioni storiche precedenti all’annessione all’Italia (ad esempio le giunte amministrative erano i “Senati” delle città, e a Palermo il sindaco era il “Pretore”, a Messina lo “Stratigò”, e così via). Finalità: affermare da subito la potenziale statualità della Sicilia e riannodare il filo dell’identità storica, spezzato dalla conquista italiana.
  2. Il numero di componenti del Parlamento sarà riportato a 90 o il numero che sarà ritenuto congruo alla dignità dell’organo parlamentare. Finalità: recuperare la dimensione pienamente statuale della nostra Assemblea, distinguendola dai Consigli regionali, il numero potrà essere portato, ma senza costi aggiuntivi sul valore complessivo delle indennità, a quelli attualmente vigenti in Scozia o in Catalogna (circa 120). Se il Parlamento lo riterrà opportuno, Comuni, Distretti e Parti sociali manderanno i loro rappresentanti, sottoposti a un regime molto rigoroso di requisiti professionali per l’eleggibilità passiva, a una “Camera Alta” della Sicilia, di non più di 30 componenti, con compiti di proposta legislativa di alta professionalità, e di consulenza del Governo in materia di “relazioni esterne ed estere”, con mandati ampi per i “senatori” (7 o 10 anni), ma in ogni caso riservando alla “Camera Bassa”, eletta a suffragio universale e diretto, le approvazioni dei documenti finanziari e la fiducia politica al Governo.
  3. A tutti i Siciliani residenti all’estero, compreso il territorio della Repubblica italiana, sarà attribuito un Comune di domicilio politico, per il quale potranno votare per corrispondenza. A loro sarà esteso anche il voto per corrispondenza alle elezioni “regionali” (un domani “statali”). Finalità: rendere cittadini effettivi i Siciliani della “diaspora”.
  4. La nuova legge elettorale sarà maggioritaria con collegio uninominale per i 2/3 e per 1/3 con collegio unico regionale e proporzionale puro, senza preferenze . La sua modifica avrà bisogno di una maggioranza rafforzata dei 3/4 del Parlamento siciliano. Finalità: assicurare contemporaneamente pieno diritto di tribuna anche alle formazioni minori e garantire piena governabilità alle istituzioni, evitare i parlamenti di “notabili” che rispondono a clientele, specie locali. La “rigidità” della legge elettorale, infine, serve a evitare che essa sia piegata agli interessi del partito o dello schieramento politico che di volta in volta ha la maggioranza, e quindi a dare regole stabili e riconosciute alla democrazia siciliana.
  5. Il Presidente sarà eletto dal Parlamento. Finalità: con la governabilità “blindata” di cui al punto precedente, chi vota per il partito di maggioranza sta già votando per un candidato Presidente (espresso come “leader” della stessa formazione), si evita la “coabitazione” tra Presidente e Parlamento senza maggioranza, si evita l’eccessiva personalizzazione della politica, e si limita comunque la presenza di presidenti espressivi di “coalizioni” solo in quei casi in cui la frammentazione politica è tale da non dare una maggioranza neanche per mezzo del sistema elettorale fortemente maggioritario.
  6. Le leggi elettorali per il Parlamento della Repubblica italiana, determinati con legge regionale secondo la ZES, saranno similari a quella per l’Assemblea o “Parlamento regionale”. I cinque “eurodeputati” saranno tutti eletti con collegi uninominali. Finalità: omogeneità con le leggi elettorali regionali.
  7. La legge elettorale dei Comuni prevederà la presenza di una sola lista per ogni candidato sindaco e il ballottaggio se il candidato sindaco non avrà raggiunto il 50 % nei comuni sopra i 10.000 abitanti. Altra differenza tra “piccoli” e “grandi” è la rappresentanza proporzionale nei maggiori (mantenendo lo sbarramento al 5 %). Nei comuni sopra i 10.000 abitanti è dato il premio di maggioranza solo se la lista che appoggia il sindaco, o la somma delle liste che si apparentano al secondo turno, ha superato al 1° turno il 40 % dei voti. Finalità: garantire governabilità e rappresentatività nei Comuni, evitare le liste acchiappa-voti, e con queste il clientelismo e la dispersione di liste.
  8. Introduzione “reale” dei referendum abrogativo (con diminuzione del quorum al 40 %), consultivo (di iniziativa popolare o comunale e non più solo parlamentare), e propositivo (come sopra, con funzione di legge-delega da implementare poi in Parlamento). Finalità: dare reale contenuto agli strumenti di democrazia diretta.
  9. L’intera legislazione spettante alla Sicilia, per Statuto, come ampliata dal Progetto ZES, sarà attribuita con competenza esclusiva al nostro Parlamento; il Parlamento nominerà una deputazione permanente che darà, di volta in volta, “esecutoria”, cioè validità nel territorio della Regione, anche in via provvisoria, a tutte le leggi dello Stato ritenute direttamente applicabili in Sicilia, o comunque vantaggiose in attesa di legislazione specifica da parte della Sicilia.
  10.  I “ministeri regionali” del nuovo governo siciliano (in atto gli “assessorati”) saranno i seguenti (finalità: dotare la Regione Siciliana delle strutture di uno Stato vero e proprio, razionalizzando l’attuale distribuzione delle competenze); la Presidenza, oltre ai dipartimenti propri, dispone degli uffici centrali, direttamente alle dipendenze del Presidente. 
  1. Vice-ministero alla Presidenza (Dipartimenti: Segreteria generale; Ufficio legislativo e avvocatura; Relazioni esterne; Protezione civile);
  2. Ministero degli Interni (Dipartimenti: Polizia, giustizia e ordine pubblico; Enti locali; Funzione pubblica e personale);
  3. Ministero dell’Economia (Dipartimenti: Ragioneria generale; Finanze; Programmazione; Finanza e credito);
  4. Ministero dell’Agricoltura e del settore primario (Dipartimenti: Agricoltura e Silvicoltura; Pesca; Sviluppo territoriale e rurale);
  5. Ministero delle Attività Produttive (Dipartimenti: Industria e Artigianato; Commercio, Servizi e Professioni);
  6. Ministero dell’Istruzione e della Ricerca (Dipartimenti: Istruzione; Università e Ricerca; Formazione professionale);
  7. Ministero dell’energia e delle infrastrutture (Dipartimenti: Energia e infrastrutture a rete; Raccolta, riciclo e smaltimento rifiuti; Gestione delle acque; Trasporti; Dip. Tecnico e Opere pubbliche);
  8. Ministero della Salute (Dipartimenti: Programmazione strategica e politiche di prevenzione; Servizi Sanitari);
  9. Ministero della Famiglia, del Lavoro e delle Politiche sociali (Dipartimenti: Famiglia; Lavoro e Occupazione; Politiche sociali e assistenziali);
  10. Ministero del Territorio (Dipartimenti: Programmazione territoriale; Ambiente; Corpo Forestale);
  11. Ministero della Cultura (Dipartimenti: Beni culturali e identità Siciliana; Turismo; Sport; Spettacolo, produzione letteraria e multimediale; Ufficio linguistico regionale).  
  1. Le province sono definitivamente abolite. La Sicilia è divisa in circa 15 distretti, di cui uno raggruppante le piccole Isole, con un’amministrazione speciale (un ufficio centrale, direttamente alle dipendenze del Governo della Regione/Stato e tanti uffici decentrati, uno per ogni isola, per garantire la presenza delle istituzioni e l’erogazione di tutti i servizi pubblici alla cittadinanza). L’amministrazione periferica della Regione (e quella devoluta alla Regione dallo Stato) è organizzata su questi distretti, a capo di ciascuno dei quali starà un Intendente, anche con compiti di ordine pubblico, che sostituirà i Prefetti. Sulla stessa base saranno obbligatoriamente consorziati i Comuni per svolgere alcune funzioni comuni in maniera più efficiente (trasporti, raccolta rifiuti, energia, approvvigionamento idrico, funzioni amministrative) oltre alle funzioni delle ex-province ed altre che la Regione vorrà delegare a detti Consorzi comunali, denominati “distretti”. Il distretto è dunque al contempo tre cose: una circoscrizione di decentramento gerarchico degli organi centrali, ente locale autonomo, nonché consorzio dei Comuni. L’Intendente presiede l’Assemblea dei Sindaci, che costituisce l’organo deliberativo che approva i bilanci dell’ente. Tutte le funzioni di servizio alla cittadinanza da parte della Regione dovranno essere erogate o in maniera telematica o per mezzo dei distretti. Finalità: superare l’ordinamento centralistico prefettizio, avere una presenza delle funzioni regionali nel territorio, realizzare economie di spesa tra le amministrazioni comunali.
  2. Gli “intendenti” di Palermo, Catania e Messina, i “distretti metropolitani”, avranno maggiori poteri e deleghe da parte della Regione, e mandato stabile quinquennale. Finalità: riconoscere le esigenze delle aree metropolitane, in un’ideale costituzione di “città-stato” dentro l’unità della Regione.
  3. L’amministrazione centrale della Regione sarà costituita, oltre che dai servizi telematici di e-administration, unicamente da funzioni di programmazione e di controllo e di alta amministrazione , delegando ogni servizio alla cittadinanza ai Comuni e ai Distretti. Finalità: superare il centralismo regionale, senza perdere unità di indirizzo politico-amministrativo.
  4. La Sicilia sarà dotata di un sistema informativo e telematico proprio, non dipendente da fornitori privati esterni o pubblici dello Stato italiano. Questo sistema sarà dotato all’interno di tutte le competenze per la gestione dei dati sensibili pubblici e per la loro sicurezza. Il patrimonio dei dati, le procedure, le strutture fisiche e gli immobili destinati al sistema informativo pubblico saranno demanializzati, e saranno ubicati in Sicilia. I sistemi informativi degli enti pubblici siciliani e locali saranno integrati con quello “nazionale” siciliano. Sarà istituita un’Autorità siciliana per l’informatizzazione delle pubbliche amministrazioni con compiti di definizione di standard vincolanti per tutte le amministrazioni pubbliche siciliane. Finalità duplice: dotare la Sicilia di un efficiente sistema di e-administration e impedire il “colonialismo informatico”, rafforzando al contempo la sicurezza dei dati e delle procedure per le amministrazioni regionali.
  5. Si riprogetta un organico di riferimento delle P.A. ad ogni livello (Regione, Enti locali, altri enti pubblici) con un rapporto massimo rispetto alla popolazione residente. Quando in un Dipartimento, o in un Ente locale o in altro Ente pubblico i dipendenti sono maggiori dell’organico di riferimento si rallenta il turn-over, ma non si ferma, fino al raggiungimento dell’equilibrio, adibendo gli esuberi a progetti straordinari temporanei (un assunto ogni dieci esuberi in pensione), sostituendo i vuoti d’organico immediatamente con concorsi pubblici che saranno svolti almeno ogni biennio per ogni settore , privilegiando le posizioni ad alta professionalità.Orientativamente, a regime, non dovranno esserci più di 100.000 dipendenti pubblici in Sicilia, tutto incluso (Regione, Distretti, Comuni, Università, Scuola, Agenzie, etc.), come organico di riferimento. Finalità: snellire la burocrazia pubblica, però valorizzandola e non mortificandola; un’infrastruttura soft a servizio dell’economia e della società siciliana.
  6. Riforma della P.A. con abolizione di tutte le procedure autorizzatorie per l’avvio dell’attività d’impresa, all’infuori di quelle ambientali e sanitarie, da rilasciare in tempi brevi e con criteri certi, concentrando l’attività regionale sui controlli ex post; semplificazione amministrativa permanente, abrogazione di gran parte delle leggi regionali e loro raccolta in testi unici (cfr. più avanti al punto sulla legalità); implementazione della e-administration ad ogni livello con investimenti sulla società regionale di servizi informatici; controlli di tipo più sostanziale (rispetto degli obiettivi della programmazione) che formale (rispetto di specifici adempimenti e vincoli). Finalità: Garantire la certezza del diritto e la legalità senza ostacolare inutilmente l’attività economica, sottrarre le attività produttive agli arbitri della burocrazia o ai ricatti della politica.
  7. Regolarizzazione dei contratti dei dipendenti pubblici, con remunerazione adeguata alle professionalità richieste e in ogni caso adeguata al mantenimento di un tenore di vita almeno dignitoso per sé ed i familiari a carico, ma al tempo stesso sistema di controllo di gestione e di contabilità integrata sociale, ambientale e della qualità dei servizi per reprimere le sacche di inefficienze e inefficacia e valorizzare le competenze professionali.
    Ripristino delle prime due fasce della Dirigenza, con un dirigente di prima fascia per ogni Dipartimento (circa 35/40 in tutto), e non più di 200 dirigenti di seconda fascia.
    Mantenimento a esaurimento dei dirigenti di terza fascia (cfr. più avanti, al punto sul lavoro). Finalità: recupero della dignità del dipendente pubblico e sua valorizzazione contro il falso “egualitarismo”; repressione degli abusi e delle inefficienze; la P.A. è a servizio della Società e non viceversa.
  8. Mantenimento e rilancio delle partecipate strategiche e soppressione di quelle inutili: informatica, credito industriale ed emissione di moneta, compagnia aerea di bandiera, compagnia navale, compagnia di trasporti ferroviari e di trasporti su strada, società per l’energia, “regionalizzazione” di Siciliacque, società radiotelevisiva regionale. Restano dentro il perimetro pubblico ma per mezzo di amministrazione diretta da parte della Regione, o per mezzo di enti pubblici funzionali, l’alta ricerca scientifica e tecnologica, la gestione del patrimonio, la gestione delle entrate e la sua riscossione. Finalità: non privare il pubblico dei settori strategici, ma mantenere in ordinamento privatistico solo quelle aziende in cui questa gestione sia conveniente in termini di elasticità di gestione, assorbendo il resto all’ordinamento di diritto pubblico.
  9. Istituzione in Sicilia di tribunali di ogni ordine e grado, compresa le sezioni della Corte di Cassazione o del TAR-Lazio o dei tribunali militari . Amministrativamente la giustizia in Sicilia è posta sotto la vigilanza di un “Consiglio Siciliano della Magistratura” senza alcuna competenza da parte del CSM. Finalità: aumentare le tutele giurisdizionali dei Siciliani e diminuire i costi di accesso alla giustizia per i cittadini. A tutti gli ordini di Magistratura si accede per concorso, separato dai corrispondenti concorsi italiani.
  10. Ricostituzione dell’ Alta Corte per la Regione Siciliana per mezzo di legge costituzionale di interpretazione autentica, secondo quanto previsto dal progetto ZES. Finalità: difendere effettivamente le istituzioni siciliani dall’arbitrio della Corte Costituzionale.

 

Finanza pubblica, Politica economica e Fisco

La finanza pubblica costituisce oggi il principale problema politico della Sicilia. Non solo la Regione, ma tutti gli enti pubblici siciliani, compresi i comuni e le ex-province, sono deprivati dallo Stato delle loro entrate naturali, conservando invece le funzioni.

Mantenendo le sole spese ma non le entrate, la Sicilia (come sistema globale di pubbliche amministrazioni e non come sola “Regione”) oggi è condannata a politiche recessive suicide, o a continui indebitamenti, o al dissesto.

Questa situazione è insostenibile e costituisce di fatto il punto più importante del programma stesso.

Questo punto non può essere scisso dal progetto ZES. Senza la ZES non c’è altro da fare che ricusare tutti i decreti e gli accordi intervenuti nel tempo tra Stato e Regione e, nelle more, fare finanziarie “di guerra”, in cui si cerca di limare ogni spreco e di mantenere, con le pochissime risorse lasciate dall’Italia, le funzioni ritenute più importanti, anche abbandonando temporaneamente tutto ciò che non è essenziale.

La soluzione per noi va individuata intanto nella separazione netta della finanza pubblica siciliana da quella italiana . La fusione delle finanze è stata sempre per la Sicilia occasione di saccheggio e di sfruttamento.

Tale separazione opera su due piani:

  1. Tutte le risorse tributarie il cui presupposto matura nel territorio della Regione Siciliana (comprese acque territoriali adiacenti e spazio aereo) sono di competenza esclusiva della Regione, e/o degli enti cui questa la vorrà delegare (es. Comuni) con legge propria;
  2. Tutti gli uffici finanziari dello Stato, compresa la Guardia di Finanza, sono rigorosamente attribuiti alla Sicilia, che ne regolerà la vita amministrativa interna, nonché le procedure di accertamento, liquidazione e riscossione, per mezzo di leggi proprie emanate con competenza esclusiva.

I precedenti principi, di separazione netta, avranno pochissime eccezioni. Non ci saranno “contributi al risanamento della finanza pubblica erariale”, né “controlli” da parte dello Stato centrale sui conti della Regione. La magistratura contabile sarà rifondata e totalmente “regionalizzata”. Le uniche eccezioni sono quindi:

  1. Dalla Sicilia verso l’Italia: un contributo pari al costo regionalizzato delle Forze Armate, maggiorato del 10 % a titolo di contributo della Sicilia al funzionamento degli organi dello Stato italiani;
  2. Dall’Italia verso la Sicilia: un unico contributo alle spese di carattere infrastrutturale, ex art. 38 Statuto, pari al mancato gettito sull’IRPEF (secondo le aliquote stabilite con nostra legge) per effetto del minore reddito pro capite in Sicilia rispetto alla media italiana.

Per il resto i due sistemi finanziari saranno completamente autonomi.

L’unico comparto escluso da questa “separazione” è quello previdenziale e assistenziale: gli enti statali continueranno a percepire i contributi sociali e ad erogare le relative prestazioni.

Prima di entrare nel merito della politica finanziaria di “Siciliani Liberi” dobbiamo premettere qual è il nostro modello economico di riferimento.

Noi stiamo sperimentando un modello sovranista nazionale che va oltre i modelli tradizionali del capitalismo liberista, del socialismo o dirigismo di ogni tipo, o del corporativismo nazionalista.

Il nostro sarà un modello sovranista, cioè di supremazia dell’interesse collettivo della comunità nazionale rispetto a quelli privati, interni o esteri, di ispirazione keynesiana, ma non sarà di chiusura o separatismo nei confronti del resto del mondo. La vocazione naturale della Sicilia è agli scambi e ai contatti con il resto del mondo. L’indipendentismo di “Siciliani Liberi” è finalizzato a superare il “sequestro” della dominazione italiana, non ad erigere barriere controproducenti. Gli investimenti esteri, se rispettosi di severi protocolli finanziari, sociali ed ambientali, sono benvenuti: finanziariamente devono lasciare in Sicilia parte del valore aggiunto prodotto, soprattutto sotto forma di reddito stabile da lavoro; socialmente devono rispettare i diritti e la dignità del lavoro siciliano, e favorire la crescita morale e culturale del Paese, garantendo sempre una “funzione sociale”; dal punto di vista ambientale non devono avere un saldo negativo tra risorse naturali consumate e risorse naturali riprodotte. A queste condizioni la Sicilia considera benvenuti gli investimenti esterni, che devono essere resi quanto più produttivi possibili. Anche gli scambi commerciali, di servizi, e di turismo, sono benvenuti, con un favore verso le vocazioni produttive naturali dell’Isola che può e deve inserirsi in una posizione vantaggiosa negli scambi internazionali. Ma è soprattutto al suo interno che la Sicilia deve sperimentare un modello economico nuovo, di carattere “neo-istituzionale”, basato su un generale principio di sussidiarietà.

Secondo questo principio deve essere stabilita una combinazione armonica tra i tre tipi di scambi (solidaristici, di mercato, e burocratici), nel migliore interesse pubblico. Per far questo sarà introdotta una vera e propria “contabilità sociale” in grado di misurare il “benessere nazionale”, anche in termini non strettamente monetari.

In prima battuta, dove possibile, deve essere favorita la produzione spontanea di beni e servizi per l’autoconsumo o per l’erogazione gratuita, su basi solidaristiche. E quindi, dove è possibile, favorire le produzioni autorealizzate in famiglia stessa, es. autoproduzione di elettricità, saltando ogni intermediazione commerciale o burocratica. O, parimenti, qualunque forma di compartecipazione basata sulla solidarietà delle piccole comunità (condomini o frazioni o piccole unità abitative urbane, associazioni, cooperative di consumatori).

Laddove le logiche di “economia civile” siano insufficienti, può e deve intervenire il “mercato”.

Ma il “mercato” non è sinonimo di “capitalismo” sic et simpliciter. Esso può ben essere rappresentato da imprese di medie e piccole dimensioni, a conduzione familiare, con compenetrazione dei fattori produttivi lavoro e capitale, con il minimo possibile di adempimenti burocratici e controlli dall’alto. La grande impresa non è peraltro da “perseguire”, purché ne sia garantita comunque la funzione sociale, il rispetto del lavoro, nonché la partecipazione dei lavoratori alle più importanti decisioni strategiche.

Quando anche il mercato fallisce, per vari motivi, come ad esempio la presenza di monopoli naturali, o la difesa di interessi strategici nazionali, entra in gioco il “pubblico”, da gestire comunque secondo corretti criteri aziendali e meritocratici, sulla base del raggiungimento dei risultati e il meno possibile sul rispetto degli adempimenti fine a se stessi.

In questo modo, secondo un sano pragmatismo, nel solo interesse di coniugare equità, efficacia, efficienza e tutela dell’ambiente, si daranno soluzione differenziate, lontane da ogni cieco pregiudizio ideologico.

In questo quadro, al settore pubblico sono attribuite le funzioni di:

  1. Emanare leggi o altre norme (regolamenti, circolari, etc.);
  2. Fornire taluni servizi, a domanda indivisa o divisa, che per le ragioni suddette si sono volute mantenere dentro il perimetro dell’azione pubblica;
  3. Redistribuire il reddito, per evitare la continua accumulazione della ricchezza e l’aumento della sperequazione sociale;
  4. Realizzare gli investimenti realmente pubblici, delle maggiori dimensioni o su beni demaniali, che non possono essere realizzati dai privati, eventualmente anche in joint venture con il capitale privato.

In linea tendenziale sono riservati strettamente al settore pubblico dell’economia:

  1. Sicurezza interna ed esterna;
  2. Giustizia (anch’essa da “regionalizzare” secondo il progetto ZES);
  3. Rappresentanza estera (anche in presenza della ZES la Sicilia deve cominciare a dotarsi di una rappresentanza esterna propria);
  4. Emissione di moneta (nella ZES solo quella “complementare”, sotto forma di certificato di credito fiscale);
  5. I servizi a rete indivisibili: distribuzione dell’energia, acqua, “gestione” dei rifiuti solidi urbani e delle acque reflue.

Sempre in linea tendenziale saranno di competenza prevalente del pubblico, ma non sarà inibito un servizio privato sottoposto a controlli pubblici, anche su verifiche dei sistemi di controllo interno:

  1. Sanità e prevenzione/tutela della salute;
  2. Istruzione, Università e Ricerca;
  3. Previdenza e Assistenza sociale (in questa fase ancora sotto il controllo dello Stato italiano);
  4. Trasporti di linea (terra, mare e cielo) su tratte sociali o non economiche;
  5. Telecomunicazioni;
  6. Grandi opere / infrastrutture;
  7. Tutela e valorizzazione dei beni culturali e ambientali (in ogni caso, anche quando la gestione sotto rigide condizioni di mantenimento del valore e dell’integrità del bene fosse affidata ad imprese private, anche cooperative, il bene culturale o ambientale deve restare di proprietà pubblica);
  8. Altri settori dove prevalgono monopoli o trust naturali.

Sono liberalizzati, ma soggetti comunque a stretta vigilanza pubblica :

  1. Credito, Assicurazioni e Finanza;
  2. Approvvigionamenti alimentari;
  3. Prodotti sanitari e farmaceutici;
  4. Tv e Media (con la presenza comunque di un servizio pubblico complementare rispetto all’offerta privata);
  5. Produzione di energia (ma la proprietà delle “fonti di energia”, eventualmente concesse dietro canoni e a condizioni vantaggiose, resta in ogni caso pubblica, con una società dedicata alla gestione del demanio elettrico ed energetico e allo sfruttamento delle principali fonti di energia, per mezzo anche di controllate).

Gli altri settori dell’economia saranno ampiamente liberalizzati e lasciati all’iniziativa privata , sia di carattere sociale/familiare sia di libero mercato.

Nell’ambito dell’erogazione dei servizi pubblici e nelle decisioni di spesa sarà definita una scala di priorità, che vedrà al primo posto la sicurezza, subito dopo i servizi pubblici essenziali, poi la lotta al disagio sociale, poi gli investimenti pubblici, gli altri servizi pubblici, e le politiche varie.

Le politiche di spesa pubblica saranno comunque legate a principi di compatibilità finanziaria e quindi di sostenibilità.

Il “debito” non sarà più uno strumento di politica economica. Dobbiamo superare la concezione “usuraia” fondata sul progressivo indebitamento dei popoli. Il nuovo debito servirà solo per “rateizzare” i maggiori investimenti infrastrutturali, indispensabili allo sviluppo, o come strumento per garantire la stabilità della spesa pubblica in funzione anticiclica , da utilizzare con moderazione nelle fasi cicliche di recessione e da compensare con rimborsi nelle fasi di espansione.

Per quanto riguarda specificamente la politica fiscale questa darà contenuto ai punti previsti dal progetto Zona Economica Speciale:

  1. Il territorio della Regione Siciliana sarà costituito integralmente in “Zona Doganale Speciale” come territorio esterno alla linea doganale europea. I beni provenienti dall’esterno e immagazzinati, o soggetti a trasformazione, nel suo territorio saranno in sospensione temporanea di IVA, di accise e di qualunque tipo di imposizione indiretta. Essi saranno soggetti alle aliquote ordinarie degli stati europei al momento della loro immissione nell’area doganale europea. All’atto dell’immissione al consumo nel territorio della Sicilia essi saranno assoggettati esclusivamente alle imposte indirette deliberate dal Parlamento Siciliano. Lo stesso Parlamento disporrà in esclusiva su ogni imposta indiretta sui servizi erogati nel territorio della Regione. La Sicilia disporrà della piena potestà legislativa, senza alcuna restrizione derivante dal diritto vigente nella Repubblica italiana, in materia di imposte indirette, tanto con riguardo alla definizione dei presupposti di imposta, quanto delle basi imponibili, delle deduzioni, delle detrazioni, delle aliquote, nonché delle modalità di accertamento e di riscossione dei relativi tributi che avverranno per mezzo di organi della Regione siciliana o di agenti da questa autorizzati.
  2. All’interno della “Zona Doganale Speciale” le Isole del Canale di Sicilia (Pantelleria e Pelagie) saranno costituite in “Zona franca integrale“, in assenza totale di imposizione indiretta e dazi. Sarà altresì costituito in “Porto Franco” il porto di Messina, parimenti in assenza di ogni tributo indiretto o dazio.
  3. Tra le imposte indirette che la Sicilia avrà facoltà di imporre all’atto dell’immissione al consumo, non saranno previsti dazi o contingentamenti per beni e servizi, con l’esclusione dei “settori vitali” per l’economia (agro-alimentare, istruzione/educazione, prodotti sanitari/farmaceutici), ma solo l’IVA ordinaria.
  4. Nell’ambito di questa autonomia impositiva, l’IVA ordinaria sarà fissata al massimo, anche mediante provvedimenti graduali, al 10 %, e quella agevolata al 3 %.
  5. Sempre nell’ambito di questa autonomia impositiva, al fine di alleviare il costo del “pieno”, agevolare l’esportazione dei nostri prodotti, e in genere la nostra economia, le accise sulla benzina saranno abbattute in modo da portare il costo della benzina a circa 50 centesimi al litro. Tutte le altre imposte indirette sono abolite (imposte di consumo su bollette energetiche, altre imposte di fabbricazione,…). Le accise residue sugli idrocarburi sono attribuite per metà alla Regione e per metà ai Comuni. È mantenuta solo una moderata imposta di registro sulle compravendite di immobili e mobili registrati tra privati.
  6. Sono abolite tutte le imposte minori, le tasse sulle concessioni governative, l’IRAP, il Canone RAI e ogni altro tributo non previsto tra quelli fondamentali qui descritti o tra quelli di cui sotto, destinati al finanziamento degli enti locali.
  7. Per quanto riguarda i settori vitali sopra detti sarà stabilito un protocollo di qualità che dovrà rispettare ogni bene o servizio destinato al consumo interno .
  8. Ai prodotti agro-alimentari siciliani saranno garantite quote nella distribuzione interna ed altri tipi di privilegi, anche di tipo fiscale. In tal modo il costo per il consumatore deve risultare conveniente, o quanto meno sostenibile, rispetto ai prodotti d’importazione.
  9. La Sicilia avrà potestà legislativa piena anche in materia di imposte dirette, come per le indirette, in materia di presupposti d’imposta, basi imponibili, deduzioni, detrazioni, aliquote, modalità di accertamento e di riscossione, senza diritto a compensazione alcuna da parte della Repubblica, all’infuori delle citate perequazioni infrastrutturali ex art. 38 Statuto.
  10. Gli uffici finanziari in Sicilia sono regionalizzati o affidati ad agenti autorizzati dalla Regione. È esclusa ogni competenza territoriale dell’Agenzia delle Entrate italiana sul nostro territorio o di esattori italiani, comunque denominati. La Società Riscossione Sicilia è fusa con l’Agenzia delle entrate siciliana . Il servizio di riscossione non sarà più finanziato mediante interessi aggiuntivi, ma con ricarico del costo della riscossione sugli interessi e le sanzioni ordinarie, e, per la parte incapiente, a valere sulle entrate del tributo principale accertato. Il servizio di riscossione avrà un finanziamento-base, a valere sulle entrate tributarie, ed uno incentivante sulle entrate accertate realmente riscosse, senza costo per il contribuente ma a spese delle entrate tributarie.
  11. L’IRPEF è tassata con una “flat tax” del 20%. È prevista un’aliquota marginale del 25 % solo sui redditi personali superiori a 100.000,00 euro. Sono disposte le detrazioni dall’imposta di cui al punto successivo.
  12. Rispetto all’aliquota standard (20 %) sono disposte detrazioni d’imposta in funzione delle persone a carico (quoziente familiare ); è comunque stabilita una soglia minima di reddito esentasse, funzione del numero dei componenti familiari a carico e della presenza o meno di una casa di proprietà per la prima abitazione in famiglia. Questa soglia sarà determinata in funzione della sua sostenibilità finanziaria per i conti della Regione, ma non potrà essere inferiore a 15.000 euro lordi l’anno per una famiglia di quattro persone monoreddito e priva di casa di proprietà. La rata del mutuo per l’acquisto della prima casa sarà deducibile (non detraibile) dal reddito fino a un massimale di 6.000 euro l’anno e così anche l’affitto per la prima abitazione.
  13. Le ritenute d’imposte sui redditi di capitale (interessi, dividendi, capital gain) sono tassate solo all’atto del realizzo o erogazione ai titolari, ovvero all’atto del trasferimento fuori dal territorio regionale, con un’ aliquota massima del 5%.
  14. Sarà incentivato il trasferimento di non residenti pensionati nell’isola mediante una IRPEF agevolata, purché siano stati residenti per almeno 10 anni fuori dall’isola con un reddito non da pensione (per evitare elusioni). Tale aliquota può arrivare, se le condizioni di compatibilità lo consentono, anche fino alla cifra simbolica dell’1 %.
  15. I Professionisti e gli artisti, gli imprenditori, e tutti coloro che percepiscono un reddito d’impresa (o professionale) vedono tassato l’utile d’esercizio lordo ad una aliquota definitiva non superiore al 15 % che sostituisce le attuali IRES/IRE e IRAP (o IRPEF per le persone fisiche), oltre ad un 1 % sui ricavi da vendite e prestazioni. Nel caso delle società di persone, il reddito è tassato in capo alla Società e non in capo ai soci, a meno che questi non siano residenti all’esterno dell’Isola; in tal caso è previsto un ulteriore 2 % sui dividendi erogati.
  16. Alle imprese esterne di nuova istituzione che opereranno neisettori di alta tecnologia, impiegando ricercatori entro limiti quantitativi minimi e massimi stabiliti per legge, o finanziando (al di sopra di minimali stabiliti per legge) centri di ricerca di base e applicata, può essere attribuita un’esenzione decennale dal reddito d’impresa. Sono stabilite anche quote d’investimento minime. Ad esempio: investimento iniziale non inferiore a 10 milioni di euro, e lavoro con contratto a tempo pieno e indeterminato ad almeno 20 ricercatori nei settori high tech.
  17. Le Società di capitali o gli investitori esterni che investono (sotto forma di capitale sociale), almeno 500.000 euro, che assumano con contratti a tempo pieno e indeterminato il 90 % della forza-lavoro (con garanzie in caso di crisi d’impresa per il personale) e che rispettano un protocollo socio-ambientale, vedono tassato il proprio reddito d’impresa all’aliquota definitiva del10 %, più un 2 % sui ricavi.
  18. Per gli investitori esterni che non costituiscono una società controllata avente sede in Sicilia , dovrà comunque essere costituito un “patrimonio destinato”, dotato di bilancio proprio, per beneficiare di quanto al punto precedente (in modo da poter “misurarne” il patrimonio netto). La “tassazione” delle stesse avverrà secondo quanto disposto al punto successivo.
  19. La quota di reddito d’impresa degli investitori esterni che non costituiscono in Sicilia una società controllata dotata di propria personalità giuridica (è l’attuazione dell’art. 37 dello Statuto), sia nel caso di aliquota agevolata di cui ai precedenti punti, sia nei casi di non agevolazione, è determinata avuto riguardo, al 50 % dei ricavi e al restante 50 % di costi diretti (manodopera, materie prime, energia, ammortamenti specifici di impianti ubicati in Sicilia) riferibili al territorio della Regione. Con tale metodologia è determinata la quota di utile attribuibile al territorio della Regione e questa è attratta a tassazione secondo quanto stabilito ai punti precedenti.
  20. Sarà costituita una marina mercantile e una flotta aerea siciliana, distinte da quelle italiane. Alle compagnie navali ed aeree che “batteranno bandiera siciliana” sarà assicurata una tassazione di ancora maggior favore (es. 8 % in via definitiva sugli utili), al fine di favorirne l’insediamento nell’Isola.
  21. Le “micro-imprese” (al di sotto di due tre seguenti limiti: ricavi annui lordi fino a 25.000 euro, totale patrimonio investito fino a 100.000 euro, dipendenti fino a tre) pagano un’imposta sulla base di una “rendita catastale” forfetaria determinata per tipo di azienda e poi prudenzialmente abbattuta a un quarto. Trattamento analogo hanno le imprese agricole al di sotto di determinate dimensioni (quelle di cui sopra, non esercitate sotto forma di società di capitali e con una superficie coltivata inferiore a 10 ha). Su questa “rendita catastale” si paga un’aliquota fissa del 20 %. Ad esempio, un ambulante che è ha una rendita catastale di 1.300 euro al mese, pagherà il 20 % di un quarto di 1.300, cioè 65 euro al mese. Rispetto all’attuale inevitabile evasione, questo consentirà di avere un gettito certo, diffuso tra gli operatori, quindi ampio, e allo stesso tempo sostenibile per gli operatori.
  22. Le ONLUS che conseguono redditi d’impresa, come è noto, non possono distribuirli. Su questi redditi, definiti per legge “impresa sociale”, è disposta un’aliquota definitiva agevolata del 5 %. Tale imposta agevolata è applicata a tutte le ONLUS, e similari organizzazioni etiche o religiose, senza alcuna eccezione o esenzione, all’unica condizione che, per statuto interno, l’ente non possa distribuire in alcun modo il proprio reddito d’impresa ai partecipanti o a chicchessia. Per gli enti non commerciali, invece, al fine di evitare elusioni ed usi impropri dello strumento del terzo settore, l’aliquota definitiva (corrispondente all’attuale IRE/IRAP) è moderatamente più alta, e pari al 20 %. Anche le ONLUS e assimilate, già assoggettate al 5 %, qualora distribuissero utili o riserve, dovranno versare il restante 15 %.
  23. Oltre alla fiscalità centrale, la Regione deve assicurare la piena autonomia finanziaria agli enti locali e agli altri enti pubblici aventi sede in Sicilia (questi per mezzo di finanza derivata). Gli enti locali, oltre ai trasferimenti della Regione, adeguati allo svolgimento delle funzioni proprie o delegate da Stato e Regione, devono avere garantita una compartecipazione sulle principali imposizioni dirette e indirette o tributi propri, come si spiega meglio al punto successivo.
  24. I tributi propri dei Comuni consisteranno esclusivamente su una moderata imposta sui patrimoni immobiliari e un’imposta sulla gestione dei rifiuti solidi urbani. Sulle prime case non di lusso l’imposta patrimoniale non potrà eccedere i 200 euro l’anno . Le altre fattispecie immobiliari saranno tutte tassate all’insegna della moderazione, ad eccezione degli appartamenti tenuti sfitti. La tassa sui rifiuti coprirà non più del 50 % del costo effettivo, con abbattimenti per zone abitative (isolati) in funzione delle percentuali di raccolta differenziata. Al raggiungimento dei 3/4 di raccolta differenziata il tributo sui rifiuti è azzerato . Saranno previsti compensi per chi conferisce rifiuto differenziato.
  25. La Sicilia non potrà porre restrizioni alla circolazione di persone, merci e servizi tra il proprio territorio e quello dell’Unione Europea. Naturalmente questa disposizione è subordinata alle norme sulla ZES che tengono in sospensione d’imposta le merci depositate in Sicilia in attesa dell’immissione al consumo. Per quanto riguarda i movimenti di capitale, tranne quelli in moneta complementare, rigidamente centralizzati, essi continuano ad essere parimenti liberi, ma con la disposizione di una Commissione regionale, cioè di un “prelievo”, all’aliquota dello 0,1 %, per tutti i capitali o i dividendi o interessi, che escono dal territorio dell’Isola, aggiuntivo rispetto alle ordinarie tassazioni.

 

Una Moneta per la Sicilia, il settore Bancario, Finanziario e Assicurativo

La politica economica non è completa se si sviluppa solo sul lato fiscale. È indispensabile dotare anche la Regione/Stato di una politica monetaria, o almeno di un primo nucleo di questa politica, compatibile con gli obblighi internazionali ineludibili nel breve termine e con ragioni di opportunità e prudenza. In una parola non esiste sovranità senza moneta, e aggiungiamo senza moneta “pubblica”, manovrata dallo Stato esogenamente al mercato, e con i benefici derivanti dalla sua emissione (il c.d. signoraggio) attribuiti al pubblico nella massima misura possibile.

La moneta assolve a molte funzioni. Dà certezza, con la relativa stabilità del suo valore, alle valutazioni di ogni tipo, a loro volta indispensabili per il sano svolgimento della vita economica di un paese. Consente il risparmio, attraverso la cosiddetta riserva di valore, e quindi l’accesso ai consumi durevoli o agli investimenti che si possono ottenere dilazionando nel tempo i valori economici. È soprattutto mezzo di scambio che consente un più rapido incontro tra la domanda e l’offerta. Tutte le società evolute dispongono di una moneta, talvolta endogena al mercato, talaltra creata da un’autorità esterna. Questa può utilizzare l’offerta di moneta per stimolare la domanda interna (ampliando l’offerta) o tenere sotto controllo l’inflazione (restringendo l’offerta).

La Sicilia, però, non è un paese da inventare di sana pianta. Oggi è inserita nell’eurozona, e la sostituzione di una moneta non può essere ipotizzata all’interno del programma di un’amministrazione regionale. L’euro, in particolare, è una moneta “sbagliata” per la Sicilia per molti motivi: fra gli altri è una moneta essenzialmente privata, in cui gli stati non possono finanziare direttamente con l’emissione di moneta i loro disavanzi, restando condannati strutturalmente al debito e all’austerità, e allo stesso tempo costringe la Sicilia in un’area valutaria non ottimale, con il resto d’Europa.

La soluzione, per dotare la Sicilia di un sistema monetario compatibile nel breve termine con quello europeo, prevista dalla Zona Economica Speciale, è l’emissione di una moneta complementare, sotto forma di Moneta fiscale, come è già teorizzata e sperimentata in altre fasi storiche ed aree del mondo. La moneta fiscale non crea “confusione” essendo nella pratica indistinguibile dalla moneta legale, almeno nelle transazioni interne. Essa dà respiro alle finanze regionali, favorisce gli investimenti (proprio perché libera risorse pubbliche in moneta legale), favorisce la filiera corta, e quindi i redditi, l’occupazione, la tutela della salute. L’aumento di domanda, spendibile solo in offerta interna, porta ad un impiego di fattori produttivi sottoutilizzati, e quindi a un aumento di gettito che compensa il credito fiscale incorporato nella moneta stessa. Oltretutto essa non costituisce formalmente debito, e quindi non contrasta con gli obblighi derivanti dai trattati europei. Consente anche una migliore distribuzione del reddito e un benessere diffuso, potendo essere utilizzata per finanziare tanto la fiscalità di vantaggio di cui si è detto alla precedente sezione, quanto un reddito di cittadinanza per particolari categorie di persone dotate di particolari requisiti (disoccupati ed esodati, casalinghe, studenti universitari).

Accanto allo strumento della moneta fiscale, naturalmente, la Sicilia deve poter disporre di un efficiente sistema di finanza e credito propri, sottratto alla speculazione internazionale. Pertanto, nell’ambito del nostro programma, sono previsti i seguenti interventi, nel campo della moneta, del credito e della finanza:

  1. La Sicilia, pur restando in unione monetaria con la Repubblica italiana, e quindi per transitività con l’eurozona, ha la facoltà di emettere un certificato di credito fiscale (il Tarì), che attribuisce al portatore il diritto di utilizzarlo come mezzo per l’estinzione di obbligazioni tributarie di qualunque tipo .
  2. L’istituto che emette i Tarì sarà pubblico, controllato dalla Regione, governato in maniera autonoma dalle maggioranze politiche di volta in volta al governo della Regione da una competente tecnocrazia , gestirà i conti individuali in maniera accentrata, e attribuirà unicamente alla Regione (o ai Comuni se così sarà da questa disposto) i benefici economici derivanti dall’emissione dello strumento.
  3. Il Tarì non sarà emettibile da istituti privati . Le banche saranno incentivate a gestire i conti in Tarì, ma dovranno lucrare prevalentemente sulle commissioni derivanti dai servizi di tesoreria, tenendo dello stesso strumento una riserva frazionaria presso l’istituto pubblico monetario regionale non inferiore al 50 %.
  4. Il Tarì sarà uno strumento nominativo o al portatore, non necessariamente tracciabile, sotto forma di deposito in c/c, o di carta ricaricabile, anche anonima (in tal caso nei limiti consentiti dalle leggi sul riciclaggio, auspicabilmente fino a 5.000 euro di valore), ovvero sotto forma di certificati cartacei, per tagli minori, o gettoni metallici, per gli importi divisionali. Esso sarà irredimibile (per non essere classificato come debito), a tempo indeterminato (ma utilizzabile come credito fiscale non prima di due anni dall’emissione) e senza interesse.
  5. Esso potrà essere accettato, sulla base di intese con imprenditori e in particolare nel settore della distribuzione commerciale, per tutte le transazioni di compravendita di beni e servizi interni al territorio dell’Isola per una quota pari almeno al 50 % della transazione . Questa percentuale potrà essere variata, su base fiduciaria, in base alla libera contrattazione tra le parti. I pagamenti in Tarì potranno avvenire con ogni mezzo, anche via internet o telefonia mobile.
  6. Il Tarì è posto in parità fissa 1:1 con l’euro ma è inconvertibile per evitare manovre speculative. La sua quantità è emessa a insindacabile giudizio dell’Istituto monetario regionale che lo gestisce in modo da massimizzare l’impiego dei fattori produttivi senza creare inflazione. In nessun caso il Governo della Regione potrà dare disposizioni sulle quantità della sua emissione.
  7. La Regione potrà imporre sulla moneta fiscale elettronica una commissione, ad ogni transazione , in misura fissa o proporzionata alla transazione stessa (es. 0,25 % sull’importo della transazione). Sui titoli “fisici” (cartacei o metallici) sarà invece indicata una scadenza, con possibilità di rinnovo per mezzo di demurrage (es. 1 %, per evitare l’eccessivo ricorso al circolante), per incentivarne la più rapida circolazione.
  8. La sua immissione avverrà principalmente attraverso tre canali: pagamento (parziale) di tutti gli acquisti di beni e servizi dagli enti pubblici (le imprese appaltatrici accettano un pagamento al 10 % in moneta fiscale siciliana), attribuzione ai Comuni, assegnazione ai cittadini per finalità sociali.
  9. L’istituto monetario regionale avrà la vigilanza esclusiva sulle aziende di credito aventi sede nel territorio della Regione Siciliana . Ci saranno anche corrispondentemente un’autorità di vigilanza sulle assicurazioni private e sui mercati finanziari. Le banche esterne al sistema, hanno libertà piena di insediamento nel territorio della Regione siciliana, ma sottostando alle regole interne e alla vigilanza interna.
  10. La Regione garantirà la piena libertà e concorrenzialità delle imprese bancarie , tutelando in ogni caso il risparmio privato. L’unica restrizione alla concorrenza dei servizi bancari è il divieto tassativo dell’interesse composto; sono rafforzate le misure antiusura.
  11. Il servizio postale pubblico è regionalizzato e i relativi servizi finanziari sono gestiti da un ente regionale. La Cassa Depositi e Prestiti è regionalizzata nel territorio della Sicilia.
  12. È istituita la Borsa Valori siciliana. In essa sarà sperimentato un nuovo codice etico contro le speculazioni prive di contenuto economico: saranno vietate le operazioni allo scoperto e le transazioni di strumenti derivati; questi ultimi saranno tutelati dalla legge solo per la funzione per la quale sono nati, e cioè per la copertura di specifici rischi, mentre quelli di carattere puramente speculativo saranno impegnativi soltanto su base volontaria tra le parti che li hanno sottoscritti, senza protezione da parte dell’ordinamento.
  13. I revisori dei conti degli enti pubblici, quelli delle società private quotate, o comunque sopra soglie dimensionali stabilite per legge, ovvero le altre aziende sottoposte a revisione obbligatoria dei conti, saranno sorteggiati da elenchi pubblici, e non nominati da chi detiene il controllo degli organi deliberativi delle medesime aziende.
  14. Nel settore bancario, assicurativo e della finanza, attraverso gli appositi organismi di vigilanza, sarà progressivamente ricostituito un tessuto autonomo di aziende , che assicuri alla Sicilia autosufficienza finanziaria, e che garantisca che il saldo tra i capitali investiti in Sicilia e quelli investiti altrove sia positivo per i nostri territori.
  15. Fra questi operatori nel settore finanziario, sarà presente almeno una banca pubblica, con un settore dedicato al credito industriale ed uno dedicato al credito al dettaglio o commerciale e un’assicurazione pubblica. Il sistema sarà quindi misto, tra pubblico e privato, tra imprese capitalistiche e mutualistiche.

 

Dall ‘Assistenzialismo allo Sviluppo, le Politiche del Lavoro

Non è possibile governare la Sicilia senza affrontare il problema dell’assistenzialismo e del precariato pubblico . Il problema è nelle sue radici molto antico e non è esclusivo della Sicilia. Il modello coloniale annessionista, che ha caratterizzato l’incontro della Sicilia con l’Italia, ha sempre cercato di costruire, almeno in parte, la legittimazione del governo straniero attraverso la distribuzione di un certo numero di stipendi, sotto forma di elemosina a carico della finanza pubblica, in cambio di un incondizionato consenso politico. La Sicilia italiana non può manifestare il proprio sviluppo, e quindi si trova strutturalmente in condizioni di disoccupazione. Questa può essere in parte alleviata dallo stipendio pubblico, non sempre corrispondente ad una reale funzione. Il modello assistenziale si è però radicato senza alternative in Sicilia già negli ultimi decenni del XX secolo, quando tramontò definitivamente l’idea di usare lo strumento dell’Autonomia per uno sviluppo autonomo e alternativo rispetto a quello del centro-nord.

Terminato lo scontro tra Sicindustria e Confindustria, sedata la “rivolta autonomista” del 1958-60, “normalizzato” in modo clientelare lo strumento delle partecipazioni regionali, e trasformata la finanza derivata, comunque allora generosa, da transitoria a definitiva (con il decreto attuativo del 1965, n. 1047, in materia finanziaria), il clientelismo diventò un sistema economico, senza alternative. Dopo alcuni decenni “felici”, la crisi finanziaria dello Stato italiano, acuita dalle tensioni europee, quel modello entrò in crisi. Dapprima i “posti” nella burocrazia regionale, o negli enti e partecipate della Regione, furono sostituiti con il precariato, a partire dalla tragica vicenda degli “articolisti”; poi si sono inventate decine di categorie di precari più o meno improduttivi, la cui sussistenza era sempre più legata alla politica, e infine anche questo modello è entrato in crisi, con l’acuirsi delle difficoltà finanziarie della Regione e, a cascata, dei Comuni stessi. A questo fenomeno si è aggiunto l’accollo di ex dipendenti privati di aziende in crisi, con la Gepi, che ha una storia del tutto diversa, ma in cui la Regione ha svolto da ammortizzatore sociale. Anche questa funzione, con la crisi finanziaria della Regione, è tuttavia entrata in crisi.

Di fronte a questo si deve pensare ad un modello economico alternativo, in cui si separano nettamente l'”antico regime”, da trattare con mezzi speciali transitori, nell’ottica dell’assistenza e della progressiva eversione dal precariato, dal modello completamente nuovo di burocrazia pubblica futura, finalizzato allo sviluppo del territorio, alla valorizzazione delle professionalità, e all’equità nei rapporti di lavoro.

Per quel che riguarda il “nuovo” modello di P.A. che deve progressivamente sostituirsi al “vecchio”, si ipotizza un ricorso ampio all’informatizzazione dei pubblici servizi che consenta di gestire un organico snello, assunto rigidamente per concorso pubblico, ad ogni livello, responsabilizzato sugli obiettivi e non sugli adempimenti, adeguatamente remunerato, con possibilità reali di crescita economica e professionale, una vera tecnocrazia pubblica, con una formazione iniziale obbligatoria in una Scuola della Pubblica Amministrazione, e una formazione permanente di alto profilo, in campo tecnico, giuridico, economico e aziendale.

La Regione dovrà ricostruire la propria dirigenza su due livelli, abolendo il “ruolo unico”, valorizzando quindi le specializzazioni professionali.

Diventa di grande importanza la gestione degli esuberi transitori. Le P.A. devono avere due organici: quello transitorio e quello di riferimento verso il quale tendere attraverso un rallentamento (non un blocco) del turn-over. Gli “esuberi” rispetto al riferimento vanno impiegati in progetti di natura transitoria, ed aggiuntivi rispetto alle funzioni essenziali dell’ente.

Per quanto riguarda la gestione del “vecchio” precariato vanno studiate norme ad hoc. Le tre principali fonti di precariato sono rappresentate dai precari degli enti locali, dagli operai forestali, dagli addetti agli enti “storici” della formazione professionale, per i quali saranno studiati meccanismi di eversione differenziati.

Accanto a questo insieme di provvedimenti va stabilito un modello di relazioni industriali e di diritto del lavoro realmente innovativo, sia rispetto al vecchio dirigismo socialdemocratico, sia rispetto alla più pericolosa deriva anarco-liberista. Non si può agire, invece, allo stato, sul sistema pensionistico e previdenziale, che anche nel progetto ZES viene lasciato all’ordinamento derivante dallo Stato italiano. Su questo sistema si interverrà in un secondo momento. Ma sin d’ora si ripristinerà l’autonomia patrimoniale del fondo pensionistico regionale, che dovrà avere una “sostenibilità a regime”, con il carico per la Regione solo per una fase transitoria, e con la possibiltà che questo “fondo” si estenda, progressivamente, dapprima ai lavoratori pubblici di altri enti, poi, ai privati, e infine agli imprenditori e ai professionisti, attraverso progressive intese con le gestioni statali italiane, per rendere questo passaggio quanto più progressivo e smussato nel tempo, fino ad una totale autonomia previdenziale della Sicilia, che, però, potrà prendere anche alcuni decenni per entrare a regime.

In una parola, nel settore pubblico e in quello privato, il “lavoro” sarà considerato un diritto e un dovere per ogni cittadino. Il principio base è quindi quello del rispetto e della valorizzazione della persona umana. Ma, accanto al lavoro, non meno importante è il rinnovo della classe dirigente. La Sicilia dovrà sostituire a una classe dirigente “coloniale” una vera classe dirigente “nazionale”, degna di condurre il nostro paese alla sua piena emancipazione.

Per tutto quanto precede, nel campo previdenziale, assistenziale e lavoristico, sono portati avanti i seguenti punti del programma:

  1. I “precari” degli enti locali sono tutti stabilizzati previo concorso interno negli organici degli stessi enti. Per coloro che non superano il concorso, è rinnovato un contratto a tempo determinato, con possibilità di fare un secondo concorso nei successivi cinque anni. In caso di mancato superamento anche del secondo concorso, gli ex precari sono comunque affidati a strumenti di assistenza sociale che impediscano che restino senza alcuna forma di reddito o copertura previdenziale. Naturalmente gli enti locali saranno per questo dotati di adeguate risorse finanziarie.
  2. I “forestali”, sono – previo concorso – dapprima in parte assegnati agli enti che gestiranno secondo logiche di ritorno economico, i beni ambientali e culturali, secondo le rispettive esigenze, con contratto a tempo pieno ed indeterminato. Se gli “enti” preposti a tale gestione saranno collocati sul mercato, le imprese vincitrici dell’appalto potranno dedurre dal canone che dovranno garantire alla Regione il costo del lavoro degli ex stagionali distaccati, e – qualora questo non fosse sufficiente – avranno diritto ad un’integrazione da parte della Regione. In questo modo i profitti del turismo pagheranno gli operai territoriali. In ogni caso resteranno fino alla pensione nello status di dipendenti della Regione.
  3. I “forestali” di età superiore a 60 anni, saranno pre-pensionati . Qualora i contributi fossero insufficienti la Regione provvederà al loro pagamento sino alla maturazione del diritto e al pagamento del sussidio transitorio (di valore uguale alla pensione) in attesa della maturazione del diritto previdenziale.
  4. Per la parte restante dell’organico, si definirà un organico di riferimento di “operai territoriali” (il nome fuorviante di “forestali” va abbandonato), pari a 4.000 unità corrispondenti a tempo pieno e indeterminato, distribuiti su un certo numero di distretti territoriali (da definire tra i 15 e i 25). Per coprire questo organico dapprima si portano i 78sti a 101sti, i 101sti a 151sti, e i 151sti a tempo pieno e indeterminato. Se non bastano, i 101sti (ex 78sti) sono portati a 151sti e i 151sti (ex 101sti) a t.p.e i. e così via fino al completamento dell’organico. In caso di esuberi sono bloccate le progressioni ma mantenute le situazioni attuali, comunque con contratto a tempo indeterminato, ancorché stagionale, e non rinnovato di anno in anno come ora. In caso di esuberi, ogni anno i forestali cessati dal servizio per pensionamento o altra causa sono sostituiti solo al 20 % (fino al raggiungimento dell’organico di riferimento), per metà con ulteriori passaggi verso tempo pieno (se esistono ancora stagionali) e per metà con assunzioni dirette a tempo pieno e indeterminato per mezzo di pubblico concorso, al quale possono comunque concorrere anche gli stagionali.
  5. Nei limiti della capienza dei fondi europei disponibili gli stagionali saranno impiegati a tempo pieno per la durata di un progetto straordinario di risistemazione del territorio con riferimento alle diverse emergenze: deforestazione, alluvioni, sostituzione di piante aliene invasive e ripiantumazione di sementi tipiche siciliane e così via.
  6. Gli addetti agli enti storici della formazione sono dotati di un assegno decennale di disoccupazione, pari al 90 % dell’ultimo stipendio, con obbligo di rendersi disponibili per piani di avviamento all’impiego o all’autoimpiego (con finanziamento, da parte della Regione, dei necessari investimenti iniziali, per un importo pari ai successivi tre anni di indennità). La formazione, da ora in poi, con fondi europei o regionali, sarà “guidata dal mercato”, secondo profili richiesti dalle categorie produttive e bandi concorrenziali tra i vari enti. Questi non saranno più a “rendicontazione spese”, ma comprenderanno, come i Drg della sanità, una quota di “profitto normale”, per assorbire i costi imprevisti e garantire un minimo di capitalizzazione degli stessi enti, che non sarà più necessario che siano no-profit.
  7. La Regione e gli altri enti pubblici saranno dotati di un organico tendenziale di riferimento, cui fare tendere gli organici transitori, attraverso un rallentamento del turn-over. I contratti collettivi pubblici vanno rinnovati con regolarità e dando ai dipendenti pubblici un adeguato riconoscimento del lavoro straordinario o del merito acquisito, sia in termini di componenti accessorie del reddito, sia attraverso percorsi di crescita reddituale nel corso della vita lavorativa . I dipendenti della Regione sono una risorsa per la Sicilia, non un problema; una risorsa da valorizzare adeguatamente e con equilibrio (né ampliamenti immotivati dell’organico, né “tagli” determinati in ultima analisi dalle politiche europee, e soprattutto razionalizzazione nell’impiego delle risorse umane).
  8. Ridenominazione, senza perdita di diritti e reddito dei dirigenti di 3ª fascia come “funzionari/direttivi” o “superfunzionari”, mantenendoli ad esaurimento, per fare cessare il falso scandalo del numero dei dirigenti della Regione . Si ripristinano i ruoli dei dirigenti di prima e seconda fascia cui si accede per concorso. I dirigenti “esterni” a contratto non possono superare il 10 % del totale. Fra i dirigenti di I fascia una posizione speciale è garantita a due figure istituzionali apicali che vengono ricostituite con ruolo separato e speciale: il Segretario generale (cui si potrebbe dare il nome storico di Protonotaro) e il Ragioniere generale (cui si potrebbe dare il nome storico di Maestro Razionale).
  9. Le partecipate della Regione vanno mantenute e valorizzate nei settori strategici della stessa (cfr. supra). Il personale GEPI, in particolar modo, va valorizzato ed adoperato computandolo nell’organico tendenziale di riferimento degli enti nei quali lo stesso presta servizio, garantendo allo stesso un trattamento economico analogo, se non del tutto identico, a quello dei dipendenti di ruolo nelle amministrazioni pubbliche. Gli esuberi delle partecipate (regionali o comunali) non vanno calcolati per “numero” ma per “mansioni” con trattamento transitorio a quello dei dipendenti pubblici in eccesso rispetto agli organici di riferimento.
  10. Agli studenti universitari, fino a due anni fuori corso, ai dottorandi di ricerca non coperti da borsa di studio, alle casalinghe che dimostrano di prendersi cura di almeno una persona minorenne o anziana, o di essere stati in questa condizione per almeno 15 anni o al compimento del 65mo anno di età, o comunque nei primi tre anni di matrimonio, è garantito un reddito di sostegno pari a 400 euro nette al mese esentasse, eventualmente anche sotto forma di moneta fiscale. Per coloro che hanno perso il posto di lavoro è garantito parimenti un reddito di sostegno sotto forma di indennità di disoccupazione in attesa del reinserimento, pari al 90 % delle componenti fisse dell’ultimo stipendio per una durata massima di dieci anni.
  11. Qualunque pensione o indennità di fine mandato non potrà superare i 5.000 euro netti mensili, oltre tredicesima , naturalmente nei limiti in cui possa disporre la legislazione regionale, tanto a valere sulle amministrazioni pubbliche siciliane quanto alle partecipate. Al di sotto di questa soglia sono fatti salvi i diritti acquisiti di previgenti ordinamenti, all’infuori delle indennità ai “discendenti” dei deputati regionali, che sono abolite in tronco. Sarà stabilito anche un tetto massimo per i compensi dei dirigenti della pubblica amministrazione, delle partecipate e delle indennità di mandato politico.
  12. Il diritto del lavoro sarà “leggero”, con una semplificazione drastica di tutta la normativa, ma incentrato sul favor legis per il contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato , superando tutti gli abusi del precariato privato.
  13. Sarà mantenuta la contrattazione su tre livelli: di categoria, aziendale, individuale.
  14. È definita una “carta del lavoro” obbligatoria per tutti, compresi gli investitori esterni, con l’istituzione di un salario minimo garantito e gli altri diritti non negoziabili dei lavoratori. Nelle aziende con più di 15 dipendenti è ripristinato il licenziamento per giusta causa (art. 18 Statuto Lavoratori ). Le aziende che fruiscono di agevolazioni fiscali devono fornire garanzie assicurative sul mantenimento di indennità per un decennio pari al reddito da lavoro in caso di chiusura o crisi della società che ha fruito dei benefici. In una parola saranno sottoposti a controllo i licenziamenti disciplinari, vietati quelli discriminatori, e così pure quelli colletivi simulati da economici (attraverso cambio di personalità giuridica del datore di lavoro).
  15. Sono definiti un “protocollo sociale ed ambientale” e un ” bilancio sociale ed ambientale” ai quali sono ricondotti tutti i maggiori operatori pubblici e privati.
  16. Il Trattamento di Fine Rapporto è ripristinato ed esteso a tutti i lavoratori pubblici e privati, subordinati e parasubordinati.
  17. In campo pubblico e privato ogni forma di lavoro improduttivo e di assenteismo sarà sanzionata in modo severo, fino al licenziamento per scarso rendimento.
  18. Sono promosse e favorite fiscalmente e previdenzialmente, per chi voglia dedicare parte del proprio tempo alla famiglia, forme di lavoro flessibile, part-time, lavoro stagionale, lavoro a distanza .

 

Il settore primario: Agricoltura, Pesca, industria e artigianato Alimentari

Il settore primario costituisce una delle principali fonti potenziali di ricchezza per la Sicilia. Con un’adeguata tutela dell’ecosistema da desertificazione e inquinamento, esso costituisce una componente dell’economia siciliana non delocalizzabile, e quindi fonte primaria di valore aggiunto per il nostro Paese. Quando si parla di settore primario, a rigore, si dovrebbero includere anche le miniere e l’estrazione di risorse naturali, siano esse fonti di energia o no. Di questo tema, tuttavia, si tratta alla successiva sezione. In questa ci si occupa delle risorse naturali rinnovabili, cioè prima di tutto quelle dell’agricoltura, ma naturalmente anche quelle della pesca, dell’allevamento, della silvicoltura, e della caccia.

A questo settore è strettamente legato quello della trasformazione alimentare, giacché l’uso dei prodotti del settore primario è in gran parte destinato a tale tipo trasformazione, sia di tipo artigianale, sia di tipo industriale.

Ciò che caratterizza, anche da un punto di vista identitario, la produzione primaria siciliana è intanto la sua estrema varietà naturale, da preservare come un preziosissimo tesoro. La varietà dei prodotti siciliani, e la loro naturale distanza da quelli prodotti in serie, costituisce il vero fattore di successo del nostro prodotto. Per fare una politica di settore, però, bisogna avere chiari alcuni punti di riferimento generali.

  1. ) Si tratta in ogni caso di risorse naturali “rinnovabili”; pertanto i “prelievi” devono essere tali da non ridurre la capacità produttiva del sistema territoriale. Il “costo” del riposo dallo sfruttamento dei terreni e delle acque deve essere socializzato.
  2. ) La destinazione naturale del prodotto siciliano è duplice: il mercato interno, e quello esterno, con due finalità distinte:
  1. Quello interno serve a migliorare la qualità dei cibi assunti dai Siciliani e quindi a migliorare le condizioni generali di salute, oltre che a dare autosufficienza alimentare al Paese, fare restare redditi e lavoro in Sicilia, e quindi favorire indirettamente anche un maggior gettito fiscale per finalità di carattere generale;
  2. Quello esterno, necessariamente in mercati di “eccellenza” o “di nicchia”, giacché il prodotto siciliano non può competere con la globalizzazione selvaggia degli alimenti, mira a far migliorare la bilancia commerciale siciliana, attrarre valuta estera e trattenere valore aggiunto nell’Isola. Le due finalità devono essere compresenti. 
  1. ) Il problema principale delle imprese siciliane del primo settore è la loro polverizzazione, il loro mancato accesso ai mercati, in una parola – ancora una volta – il colonialismo dettato da una pesantissima intermediazione commerciale esterna che può distruggere le nostre imprese e i nostri prodotti di maggiore qualità.

Per tutte queste ragioni gli interventi, mirati, devono essere i seguenti:

  1. La ZES, nei settori suddetti, da “liberoscambista” che è in genere, diventa “protezionista” , con la possibilità di introdurre limitazioni quantitative, standard qualitativi per l’immissione di prodotti esteri in Sicilia, di stabilire quote di prodotto interno protetto, di adozione di prodotti locali per le scuole, ospedali e approvvigionamenti pubblici in genere, nonché dazi doganali protettivi contro il prodotto esterno o regimi fiscali di maggior favore per i produttori interni; naturalmente questo atteggiamento protezionista non dovrà spingere alla totale autarchia, per evitare che il prodotto interno, di cui si deve garantire la qualità, non risulti soltanto inutilmente costoso o non competitivo. Oltre certe soglie, si deve comunque accettare la competizione esterna.
  2. Saranno impediti gli sbarchi in Sicilia di approvvigionamenti alimentari (destinati al consumo interno, l’immagazzinamento di transito è invece consentito) che non rispondano a requisiti sanitari definiti da autorità competenti .
  3. Saranno istituiti consorzi per la valorizzazione e l’esportazione dei prodotti tipici siciliani , così come per l’immissione privilegiata nei sistemi di distribuzione interna. Le imprese consorziate saranno sottoposte ad un severo ed alto livello di standard qualitativo, prima dell’immissione in commercio, e dovranno dare garanzie anche quantitative per il prodotto da realizzare. In tal modo sarà superata la pressione del grande brokeraggio che comprime i margini dei produttori.
  4. Azione di recupero dei terreni incolti e abbandonati per mezzo di espropri per pubblica utilità e assegnazione in enfiteusi a giovani imprenditori o cooperative di giovani.
  5. Il prodotto siciliano sarà protetto nel mondo da un marchio ” FATTU IN SICILIA – MADE IN SICILY” o “SICULU” con un logo tipico, che diventerà simbolo di esclusività e di eccellenza, al riparo da ogni tentativo di imitazione. Naturalmente solo quel prodotto che rispetterà il protocollo qualitativo e ambientale.
  6. Il commercio e il consumo di OGM sarà vietato nel territorio della Regione Siciliana . Sarà favorito l’allevamento estensivo, rispettoso della vita e del benessere degli animali allevati, nel rispetto della tracciabilità e dei controlli sanitari obbligatori e sulla sicurezza alimentare.
  7. Sarà definita la proprietà minima fondiaria, al di sotto della quale sarà impossibile la suddivisione, anche per successione, a un livello tale da costituire un’unità produttiva minima che sia dotata di autosufficienza economica. Le particelle al di sotto di questa proprietà saranno espropriate per pubblica utilità, riunite secondo criteri economici e messe sul mercato. Sarà anche definita una proprietà fondiaria massima, al di sopra della quale l’uso della terra dovrà comunque essere affidato a distinte aziende agricole, ed una ancora più ampia oltre la quale non sarà possibile concentrare nelle mani di poche persone la proprietà immobiliare.
  8. Sarà favorita apertamente la proprietà “locale” del fattore produttivo “Terra” . Gli investimenti proprietari esterni saranno penalizzati: la terra deve restare “nostra”.
  9. Le norme di protezione del prodotto siciliano sarannoestese ai prelievi ittici, decisi dalla Regione e non più dall’Unione Europea. Ci saranno dunque consorzi per il prodotto ittico, sia di pesca, sia di acquacoltura, sia di trasformazione alimentare del prodotto, nonché normative di maggior favore per i nostri armatori.
  10. La Sicilia rivendica il diritto allosfruttamento esclusivo economico delle proprie acque interne, delle acque territoriali, della zona limitrofa e dell’intera piattaforma continentale . I natanti che, in acque internazionali, facenti parte della zona limitrofa o della piattaforma continentale, non si limiteranno al transito ma attueranno forme di sfruttamento economico, saranno sequestrati dalla nostra Guardia Costiera. Le piattaforme continentali sono “divise” tra noi e gli stati di Malta, Tunisia e Libia, secondo le rispettive distanze dalla costa, sempre che la detta piattaforma giunga con continuità fino al paese rivierasco. La divisione di acque territoriali, zona limitrofa e piattaforma continentale, tra Sicilia e Italia, nella zona dello Stretto, avverrà sempre secondo lo stesso criterio che con i paesi rivieraschi.
  11. Sarà penalizzata l’importazione di sementi industriali, e saràincentivato l’utilizzo di sementi naturalitradizionali e locali, con l’istituzione di una banca delle sementi siciliane.
  12. Sarà incentivata la produzione rigidamente biologica ad ogni livello, socializzandone parte dei costi se sarà necessario per mantenere gli equilibri economico-aziendali degli operatori.
  13. Saranno incentivate le cooperative di consumo o di autoproduzione e consumo di beni alimentari . La coltivazione privata di prodotti agricoli e di prodotti alimentari, ad uso strettamente privato o familiare, sarà liberalizzata; quella destinata al piccolo consumo locale sarà anch’essa liberalizzata nel rispetto delle opportune norme igienico-sanitarie.
  14. Nelle zone protette la silvicoltura sarà svolta direttamente dalle agenzie o aziende preposte alla valorizzazione economica dei beni ambientali.
  15. I prelievi faunistici da caccia saranno ammessi solo per le specie in reale esubero, garantendo in ogni caso la possibilità di riproduzione delle specie. Saranno severamente puniti i prelievi venatori di specie protette e il bracconaggio. Per quanto possibile gli equilibri faunistici saranno stabiliti con l’introduzione di specie predatorie che limitino le popolazioni di fauna erbivora dannosa all’agricoltura, e quindi per mezzo di equilibri naturali, riducendo al minimo possibile l’impatto dell’azione umana nelle aree ambientali protette.
  16. Saranno poste in essere iniziative mediatiche, anche a livello globale, ivi comprese fiere settoriali, a difesa dei prodotti tipici più rappresentativi dell’alimentazione siciliana, da quella derivata dai cereali (il pane siciliano deve essere riconosciuto come il migliore del mondo) all’industria dolciaria e al cibo da strada (dallacassata, ai cannoli, allarosticceria siciliana) difendendo il prodotto artigianale di qualità dalle standardizzazioni europee che rischiano di distruggere un patrimonio alimentare e culturale di primaria importanza.

 

L ‘Energia e l’Acqua, le Risorse naturali

Il problema principale delle fonti energetiche ed idriche è per noi quello della autosufficienza per il sistema Sicilia. L’autosufficienza in questo settore equivale ad avere una più salda sovranità. La Sicilia è in surplus di produzione energetica, ma paga la “bolletta” più cara d’Italia.

Altro problema del settore energetico è, ancora una volta, il colonialismo. I comitati d’affari esterni, le imprese statali italiane o le multinazionali ci “vendono” la nostra stessa energia. E così pure accade nel settore dell’acqua.

Altro problema ancora è quello ambientale. La Sicilia ha enormi potenzialità nel settore delle energie pulite, e deve quindi progettare una progressiva riconversione in cui le industrie termoelettriche, quando sarà tecnicamente possibile ed economicamente conveniente, potranno essere del tutto spente, e così i grandi stabilimenti inquinanti di raffinazione dei derivati degli idrocarburi, nei cui distretti deve essere pensato ad un vero e proprio sistema di riconversione industriale: ad esempio trasformando la centrale di Milazzo in un grande snodo aeroportuale messinese, ovvero sostituendo a Gela l’economia “paleoindustriale” con la riconversione della Piana di Gela ad usi agricoli ad alto rendimento, anche a carattere industriale, ovvero ancora restituendo la provincia di Siracusa alla vocazione agricola di qualità, al turismo, alle industrie, anche ad alta tecnologia, ma ad impatto ambientale “leggero”.

In ogni caso questi interventi vanno inseriti in un generale piano ambientale che preveda la riduzione dei consumi e l’ottimizzazione delle risorse.

Le fonti di energia e minerarie devono tutte essere regionalizzate, e concesse a prelievo solo con royalties adeguate. I prelievi di idrocarburi sulla Terraferma possono essere limitati a un periodo transitorio, necessario a sanare i conti finanziari della Regione, per poi progressivamente abbandonarli. Quelli sui mari vanno invece smantellati, per la loro pericolosità.

Un altro capitolo importante è quello dell’autoproduzione di energia, in famiglie, condomini, imprese, saltando l’intermediazione parassitaria delle imprese energetiche. Per far questo, naturalmente, sarà necessario che un’azienda energetica siciliana si occupi della gestione della rete di generatori alternativi da incentivare.

Per quel che riguarda le acque, il punto più importante è quello della loro pubblicità. Ma anche quello della relativa “scarsità”. Non è più solo una questione di investimenti in infrastrutture idriche, come le manutenzioni straordinarie delle dighe e delle condotte idriche, ovvero la pulitura degli invasi dai detriti accumulati negli anni, ma anche quello di ripensare accuratamente la struttura delle reti idriche, anche per mezzo di miniinvasi. Dove economicamente sostenibile ricorrere anche ai dissalatori. Il mantenimento degli equilibri idrogeologici, peraltro, rinvia alle tematiche ambientale e di lotta al dissesto territoriale e alla deforestazione.

Per questa ragione i provvedimenti in materia sono i seguenti:

  1. Le risorse minerarie e le fonti di energia del territorio della Regione e delle sue acque circostanti (territoriali, limitrofe e piattaforma continentale) sono di proprietà esclusiva della Regione Siciliana;
  2. Lo sfruttamento delle risorse minerarie e delle fonti di energie può essere concesso a imprese private, a condizione che le royalties siano calcolate in modo che almeno un terzo dei profitti derivanti dall’estrazione restino in mano pubblica (oltre alle imposte sul reddito). Le Royalties saranno equamente distribuite tra la Regione e i Comuni interessati.
  3. Lo sfruttamento delle fonti di energia sarà concesso prioritariamente a una società partecipata a totale controllo della Regione. I dividendi di questa società andranno, in prima istanza, ad abbattimento del debito consolidato delle P.A. siciliane, e, successivamente, alla costituzione di un fondo previdenziale siciliano che consenta il progressivo riscatto delle pensioni siciliane e la loro “emancipazione” dagli enti previdenziali italiani. La parte residua andrà alla Regione a finanziamento di spese generali.
  4. Sarà incentivata, con ogni mezzo l’ autoproduzione di energia elettrica da parte di famiglie, imprese e condomini , per mezzo di energia solare e microeolica, con connessione al sistema “regionale” per gestire le eccedenze ed abbattere i costi per le famiglie. La Regione finanzierà parte degli investimenti necessari all’installazione degli impianti con finanziamenti diretti o incentivi.
  5. Gli impianti di raffinazione degli idrocarburi sono regionalizzati ed avviati ad una progressiva riconversione nell’arco di venti anni.
  6. Sarà incentivata la produzione di solare e da altra fonte pulita e rinnovabile (quella eolica va attentamente ponderata per tener conto dell’impatto ambientale). Le industrie termoelettriche sono regionalizzate e, compatibilmente con l’espansione delle energie pulite, saranno avviate a progressiva riduzione.
  7. Con i mezzi di cui al punto precedente (ricorso a energia pulita) dovranno essere rese autosufficienti le piccole isole da un punto di vista energetico.
  8. Sarà incentivato un progressivo aumento dei mezzi di trasporti elettrici, pubblici e privati.
  9. Gli impianti di produzione per il mercato derivanti da fonti rinnovabili sono liberalizzati e privatizzati, e gestiti in un mercato energetico trasparente, completamente separato da quello italiano .
  10. La “trasmissione” di energia è scorporata da Terna ed affidata ad una società pubblica regionale che gestisca il demanio elettrico.
  11. La stessa società gestirà la vendita, a prezzi di mercato, dell’energia al Continente e a Malta, come una transazione tra stati diversi.
  12. La distribuzione di energia ai privati e alle imprese è pubblicizzata, soggetta a tariffazione e affidata a società consortili locali, su base distrettuale.
  13. I metanodotti provenienti da Algeria e Libia e diretti verso l’Italia sono soggetti a un prelievo tributario, che può avvenire anche in natura mediante equivalenti prelievi in gas naturale.
  14. Le acque pubbliche sono tutte demaniali, fatti salvi i pozzi privati e tutte le fonti idriche destinate all’autoconsumo.
  15. Sarà impostato un piano quinquennale di investimenti idrici, idraulici e idrogeologici, comprendente il mantenimento degli equilibri ambientali in materia di acque, la manutenzione degli invasi e delle condotte, nonché dei dissalatori e potabilizzatori delle acque marine , che devono costituire una valida alternativa alle acque piovane, l’abbattimento drastico delle dispersioni idriche nella distribuzione dell’acqua.
  16. I consorzi di bonifica sono sciolti e la gestione delle acque siciliane affidata ad una controllata regionale per le acque (potrebbe essere regionalizzata Siciliacque, confiscando la quota al socio privato) che, fra gli altri compiti, ponga in essere un piano straordinario di ammodernamento delle reti irrigue.
  17. La distribuzione dell’acqua potabile nei centri abitati sarà riservata a società pubbliche locali sul modello di quello delle società di distribuzione dell’energia elettrica .
  18. Sarà incentivata, sul modello degli incentivi agli impianti di autoproduzione di energia elettrica,l’installazione di impianti di depurazione domestica dell’acqua potabile, per incentivarne il massimo uso alimentare.
  19. Riprogettazione dei modelli di uso dell’energia per la progressiva eliminazione degli sprechi di risorse ad ogni livello , anche per mezzo di adeguata riprogettazione delle abitazioni: domestico, industriale, pubblico.
  20. Sarà incentivata, parimenti, la doppia alimentazione idrica, ad esempio riservando per i giardini, e le pulizie le acque meteoriche, senza spreco di quella degli acquedotti, con riciclo delle stesse per i WC, il tutto al fine di ridurre al minimo lo spreco di risorse idriche.

 

I Beni culturali, il Turismo, la gestione del Territorio e la tutela dell’Ambiente

I temi raccolti in questo punto sono strettamente connessi tra loro nella politica di “Siciliani Liberi”. L’obiettivo di politica generale ed economica, in questi settori, è duplice. Da un lato preservare il bene più prezioso di cui oggi dispongono i Siciliani: la loro Terra . La Terra Siciliana, di tutto il nostro Arcipelago, che abbiamo ereditato dai nostri maggiori, con la sua bellezza e ricchezza unica al mondo. Naturalmente non si tratta di una terra “vergine”, ma profondamente antropizzata. L’intervento dell’uomo, in Sicilia, è così stratificato nel tempo e radicato, da essere quasi indistinguibile dal sostrato naturale. Ma ciò non significa che ogni intervento umano sia da conservare. Soprattutto quello che è stato fatto dalla seconda metà del XX secolo, con qualche sinistra avvisaglia da circa un secolo precedente, è quasi sempre all’insegna del “brutto”, dell'”anonimo”, all’insegna dell’incuria, della barbarie, del prevalere sistematico del privato sul pubblico. Da un altro lato, altro obiettivo generale di politica è quello di trasformare, senza consumarlo, questo patrimonio in una fonte di creazione di valore aggiunto mediante il turismo.

La Sicilia ha in questo un vero e proprio “petrolio” ancora sfruttato solo in minima parte.

La politica del turismo, quindi, oltre a interventi di carattere strettamente territoriale non può che essere integrata con i beni da cui questo turismo emana: essenzialmente i beni culturali, di ogni tipo, nonché l’ambiente naturale, sia esso marittimo o montano, rurale o anche urbano.

I due beni (culturale e ambientale) non possono però essere tutelati in modo distinto dalla gestione integrata degli spazi a disposizione per gli insediamenti umani e per le attività produttive. Una politica per il turismo non può quindi prescindere da una gestione integrata, programmata e razionale dell’intero territorio siciliano .

Oggi la gestione del territorio è completamente nel caos e nell’improvvisazione. Dove impera il “brutto” e il “degrado”, dovremo fare riemergere la “bellezza” travolgente di tutto ciò che è siciliano. Per far questo bisogna anche rieducare la cittadinanza al rispetto severo delle “regole”; come accade in ogni paese normale e come invece nel maleodorante regime coloniale i Siciliani sono stati disabituati a fare.

La tutela del territorio e del turismo è, infine,legata a due parametri logistici e di vivibilità che fino ad oggi sono stati trascurati: la gestione dei trasporti interni (comprese le infrastrutture di trasporto) per la raggiungibilità dei luoghi e la vivibilità dei centri abitati; la gestione dei rifiuti (compreso lo smaltimento delle acque reflue) giacché è impossibile pensare ad uno sviluppo turistico in mezzo al “fetore” e al degrado. Questi due punti, tuttavia, per la loro complessità, sono trattati in un punto a sé.

Per porre in atto tale politica generale, si individuano, quanto meno, i seguenti interventi specifici:

  1. La dotazione di strutture ricettive deve essereoggetto di programmazione razionale. Oggi la Sicilia è priva quasi del tutto di strutture alberghiere di alta qualità. Naturalmente, accanto al turismo di eccellenza, va favorito, con criteri di programmazione, anche quello di altre fasce, fino ai B & B e agli agriturismi, che possono dar vita ad un’imprenditoria e a un turismo diffuso sul territorio.
  2. Nei siti organizzati dalla Regione o da enti da questa dipendenti la gestione deve essere integrata: orari di apertura uniformi, sovvenzioni incrociate dai siti a più alto ritorno economico verso i siti minori e politica tariffaria che massimizzi i profitti e la fruizione dei beni, turnazione dei siti compatibili con le reali esigenze di fruizione e straordinari retribuiti per l’apertura nei giorni festivi e nelle ore serali e, quando necessario, anche notturne.
  3. Politica, a livello di amministrazione regionale e locale, degli ” eventi” per portare in Sicilia il turismo speciale da eventi (musicali, sportivi, culturali, enogastronomici, religiosi) o congressuale. Politica di concentrazione su pochi eventi di rilievo internazionale, almeno per la parte gestita dal governo regionale. Per realizzare ciò sarà necessario servirsi di strutture organizzative stabili.
  4. La gestione dei beni culturali deve essere “produttiva”, non soltanto ponendo la dovuta attenzione alle tariffe, ma dotando gli stessi di servizi aggiuntivi (ristorazione, bookshop, etc.) e di servizi di customer satisfaction.
  5. Peculiare politica di selezione, formazione e valorizzazione delle risorse umane destinate ai beni culturali, loro identificazione e politica dell’immagine per mezzo di adeguate divise. Legame con i sistemi educativi e formativi (cfr. infra).
  6. Promozione, in particolare, di eventi che oggi sono considerati “locali” (ad esempio il Carnevale di Acireale o Sciacca) in aperta competizione con le analoghe manifestazioni artistiche, culturali o sportive italiane (ad esempio la Targa Florio non avrebbe nulla da invidiare al Palio di Siena).
  7. Coinvolgimento, nella gestione dei beni stessi, degli enti locali, delle imprese locali, della società civile, per far sì che il bene sia un patrimonio intorno al quale ruoti la vita economica e sociale del comprensorio, specie per i più importanti, e non un corpo estraneo.
  8. Apertura di almeno due casinò nelle città turistiche più rinomate: Taormina e Cefalù.
  9. Specifica politica della comunicazione, con l’uso di strumenti multimediali e sistemi di informatizzazione/digitalizzazione.
  10. Redistribuzione del turismo, al di là dei circuiti principali, con la promozione di circuiti secondari secondo una regia comune, nonché degli agriturismi, per valorizzare anche i borghi meno conosciuti e dell’interno.
  11. I beni culturali ed ambientali devono essere censiti, vigilati, valorizzati economicamente (anche affidandoli ad apposite agenzie pubbliche, gestite con criteri produttivi, o dandone la gestione in appalto a imprese private, anche di carattere cooperativo). In ogni caso il gestore deve garantire la manutenzione, la valorizzazione, livelli occupazionali e gettito fiscale al pubblico, al quale il bene culturale o demaniale resta come bene demaniale inalienabile.
  12. Tra i beni culturali sono inseriti, censiti e tutelati anche quelli “antropologici”, come talune feste locali” o “tradizioni” o “cibi locali”.
  13. I beni culturali devono essere gestiti secondo criteri di ” fabbrica permanente” (conservazione, restauro conservativo, manutenzione continua, come la “Maramma” della Cattedrale di Palermo). La vigilanza dagli atti di vandalismo deve essere tale da potere prontamente identificare i responsabili e chiamarli a rispondere dei danni. I restauri di tali danni devono essere pronti e recuperativi. Per dette agenzie ed imprese è possibile identificare incentivi o altre forme di assistenza pubblica.
  14. Con criteri moderni di rigenerazione devono essere ripristinati quegli spazi che negli ultimi decenni sono stati interessati da ogni forma di sacco edilizio. Questa operazione va fatta all’insegna di un disegno culturale esplicito di ricostruire secondo un’architettura siciliana, che al contempo valorizzi la tradizione, la storia e l’identità, ma segni, per i cittadini e per i visitatori esterni, una vera e propria nuova epoca di “Rinascimento siciliano”. Tale operazione, oltre a consistere nella promozione di indicazioni generali sullo stile, devono consistere in norme precise , sui materiali da adoperare, volumetrie, proporzioni, design, colori, etc.
  15. La Regione si deve dotare di un ambizioso Master Plan del Territorio nel quadro di una nuova legge urbanistica che risistemi e razionalizzi la legislazione di settore. Tale piano deve essere sufficientemente generale ed elastico da non ingessare il territorio rispetto alle esigenze dinamiche di valorizzazione né da comprimere troppo lo spazio di programmazione per i Comuni e i loro Consorzi (Distretti), ma deve riguardare tutto il territorio della Regione. La gestione operativa dell’urbanistica, nell’ambito delle politiche generali individuate, spetta ai Comuni; il complemento “locale” alla programmazione “macro”, spetta al livello distrettuale, naturalmente nell’ambito delle suddette direttive del “master plan”.
  16. Politica di drastica limitazione dell’aumento della cubatura, potenzialmente sino a zero o recuperando al verde nuovi spazi. L’edilizia può essere conservativa e soprattutto sostitutiva. Recupero del patrimonio edilizio tradizionale (costruzioni ante 1967) e riqualificazione e rigenerazione urbana e rurale per le costruzioni di epoca successiva.
  17. Politica sistematica di riforestazione o di ricostruzione della macchia mediterranea al fine di ripristinare gli equilibri idrogeologici dall’attuale dissesto , a tutti i livelli (ad esempio favorire nei manti stradali i lastricati e gli asfalti permeabili per consentire alle acque di ritornare in falda).
  18. Accanto alle tutele generali dell’ambiente sono previste tutele specifiche: l’autorizzazione preventiva alle attività economiche, abolita in tutti gli altri settori, è mantenuta solo per quanto riguarda l’edilizia, con un parere vincolante che dovrà essere dato in tempi rapidi, dotando gli uffici regionali delle competenze e delle risorse necessarie; protocolli “sanitari” e “ambientali” che devono rispettare tutti gli operatori economici del territorio.
  19. Sono mantenute e accresciute (favorendone, ove possibile, la valorizzazione economica) le aree protette (parchi naturali, riserve, zone faunistiche, aree marine protette). All’interno di queste, dove non è di pregiudizio alla tutela ambientale, bisogna coinvolgere le comunità locali attraverso la valorizzazione turistica ed economica delle stesse aree protette ovvero dei prodotti tipici del territorio.
  20. All’interno della polizia siciliana il comparto forestale, dei beni culturali e ambientali è riunito in un corpo di non meno di 2.000 componenti di organico per una vigilanza effettiva del più prezioso dei nostri beni.
  21. Particolare cura, con un piano di lungo termine, deve essere dedicata nel “Piano” alla ricostruzione del paesaggio e in specie delle coste. Queste, nelle zone devastate da costruzioni anonime e da speculazione edilizia, devono essere convertite in veri e propri distretti turistici, che portano valore aggiunto, espropriando i villini privati anonimi, antieconomici e costruiti selvaggiamente, e mettendo al loro posto alberghi, ville, strutture per la fruizione pubblica o attrezzature sportive, per favorire una “industria del turismo” di qualità.
  22. Accanto al recupero di medio e lungo termine, bisogna pensare ad una terapia d’urto nelle aree urbane, in collaborazione con i Comuni delle tre metropoli e delle principali città, in ordine alla funzionalità e vivibilità delle stesse. Oggi la Sicilia ha trasporti urbani fatiscenti e non connessi da hub intermodali. Il trasporto metropolitano ed elettrico (filobus soprattutto) deve avere la priorità, così come ogni intervento, anche di carattere micro- urbanistico, volto a favorire la mobilità urbana. Parimenti altri interventi di tipo strettamente urbanistico, da portare avanti con un programma condiviso Regione-Comuni, e con investimenti specifici e dedicati saranno l’eliminazione delle barriere architettoniche, il verde urbano, le attrezzature sportive, le zone pedonali, le piste ciclabili, in una parola dei servizi di vivibilità da dare alla cittadinanza, in funzione dell’importanza dei diversi centri abitati o della distanza dai maggiori centri, senza dimenticare le piccole isole o le zone montane che meritano azioni speciali e dedicate.
  23. Quanto all’abusivismo esso va superato definitivamente con una strategia realistica: oltre ai beni espropriati per la rigenerazione urbana, costiera e rurale, si deve fare un’opportuna distinzione. Le costruzioni sul demanio marittimo o in prossimità di beni culturali, devono essere soltanto immediatamente confiscate e abbattute con il ripristino dell’ambiente naturale. Quelle che non ricadono in questi estremi, vanno distinte a seconda del numero di anni da cui insistono nel territorio. Per le più recenti (dopo il 2000 ad esempio) vanno comunque confiscate e abbattute con gli ordinari tempi di una progressiva sistemazione del territorio. Per gli abusivismi più lontani può essere disposta solo una multa, e poi disporre, dove possibile un esproprio con indennizzo per favorire la rigenerazione territoriale (finalizzato comunque alla demolizione e ricostruzione), ovvero, laddove possibile, una riqualificazione degli edifici stessi. Si tengono fuori da questa “stretta” gli abusivismi minimi (interventi interni agli edifici non pericolosi, ad esempio, o chiusura illegittima di verande senza inutili massimalismi), per i quali si applicheranno semplicemente le leggi esistenti, sanando solo quelle più risalenti nel tempo. Non solo non saranno concesse altre sanatorie, ma sarà istituito un sistema di vigilanza, anche satellitare se economicamente possibile, per il monitoraggio permanente del territorio.
  24. Il c.d. “abusivismo di necessità” sarà superato dalla rigenerazione urbana. Oggi in Sicilia ci sono più appartamenti che abitanti, e la rigenerazione urbana può facilmente dar luogo ad una nuova edilizia popolare di qualità . Il principio di legalità deve però essere tenuto fermo : non sarà tollerata alcuna “necessità” nel creare case abusive, né occupazioni abusive di edilizia popolare, anche ricorrendo all’intervento della forza pubblica.

 

Industria, Artigianato, Commercio e Servizi

Il settore della trasformazione industriale, e quello per certi versi simile dell’artigianato, nelle condizioni di favore all’insediamento produttivo, hanno già in sé gli elementi propulsivi per il necessario sviluppo. Naturalmente la facilità di insediamento deve essere garantita da un adeguato supporto infrastrutturale e di trasporto (per quest’ultimo punto cfr. più avanti). È importante ribadire che, laddove il settore della trasformazione è impiantabile a condizioni economiche, esso produce e trattiene valore aggiunto per l’Isola che è tutt’altro che trascurabile. Senza anacronistiche e soprattutto antieconomiche pretese di “autarchia”, la Sicilia può benissimo inserirsi, con la dovuta specializzazione tecnologica dovuta alle sue vocazioni, nella divisione del lavoro all’interno di un mercato internazionale . A fortiori questa vocazione può realizzarsi nei settori in cui la distribuzione e il consumo possono svolgersi in ambito locale o comunque vicino territorialmente. Due elementi caratterizzanti vanno però aggiunti, per quanto riguarda l’artigianato e l’impatto ambientale. Per quanto riguarda il primo, esso non è solo una “industria gestita su piccola scala da un’impresa familiare”. L’artigianato si porta dietro anche un prodotto “etnico”, che spesso ha valore culturale e identitario intrinseco, ma può costituire anche un importantissimo volano per il turismo con il quale si va naturalmente ad integrare. L’impatto ambientale deve portare a favorire la trasformazione industriale nei settori “leggeri”, con un progressiva riconversione industriale degli impianti obsoleti o eco-mostri che hanno devastato per decenni l’ambiente siciliano.

Per quanto riguarda il settore del commercio e dei servizi, questo presenta problematiche generali molto simili a quelli delle imprese operanti nei settori precedentemente descritti, e segnatamente per quelli industriali. Pertanto anche qui lo strumento privilegiato è quello delle agevolazioni fiscali o dello snellimento di pratiche burocratiche necessarie all’avvio dell’attività economica. Il settore terziario, tuttavia, presenta anche peculiarità proprie che vanno adeguatamente affrontate.

Queste sono, ancor più che per l’industria in senso stretto, la necessità di disintermediare l’economia siciliana rispetto al brokeraggio continentale che trattiene la maggior parte del valore aggiunto. Oppure la necessità di rispettare una forma d’impresa in cui il capitale investito sia più diffuso in imprese di piccola o media dimensione rispetto alle grandi concentrazioni, o centri commerciali, o ipermercati, la cui presenza va certamente mantenuta, ma in un’ottica prudenziale sulla reale utilità degli stessi per l’economia locale. In ogni caso i centri commerciali devono essere di reale alta qualità merceologica ed estetica. La Sicilia, però, ha bisogno di tutelare soprattutto i “centri commerciali orizzontali” o estesi, e fra questi i tipici mercati rionali, dove la distinzione tra commercio, servizi e artigianato è praticamente impossibile, e che sono bene culturale essi stessi, legandoli, ove possibile e opportuno, anche ai circuiti turistici di maggior rilievo. Il commercio ambulante va disciplinato, controllato e “moralizzato” rispetto alla tolleranza diffusa attuale, talvolta in situazioni di illegalità. Il contributo degli “ambulanti” alla finanza pubblica può essere forfetizzato, e gli adempimenti tecnici e amministrativi degli stessi semplificati per poter concentrare l’azione di controllo sui comportamenti residuali realmente devianti. Il settore dei servizi, infine, appare talmente dinamico e diversificato, che una sua incentivazione passa soprattutto attraverso le semplificazioni amministrative e fiscali, lasciandone i contenuti (purché leciti) del tutto liberalizzati.

Da qui le seguenti politiche.

  1. Oltre agli investimenti infrastrutturali nella Scuola e Università a servizio della diffusione di adeguate conoscenze scientifiche, competenze professionali e abilità pratiche (cfr. infra) lo slancio alla produzione siciliana sarà dato dalla grande riforma per cui l’impresa in Sicilia sarà affrancata dal regime autorizzatorio preventivo , con l’unica esclusione delle autorizzazioni all’aumento di cubatura o di carattere sanitario. La Regione si doterà di strumenti di controllo ex post rispetto all’attività stessa.
  2. Gli stessi adempimenti di legge saranno drasticamente semplificati, verificandone la reale utilità sociale delle previsioni di legge. Pochi obblighi ma realmente importanti è un generale principio di libertà economica: tutto ciò che non è esplicitamente vietato dalla legge sia permesso.
  3. Nel rispetto di norme sanitarie e ambientalistabilite dalla sola Regione sono agevolate le produzioni destinate al consumo locale o addirittura all’autoconsumo, affrancandole dall’onerosissima normazione unionale o italiana.
  4. ncentivi a studi e ricerche che consentano minori costi per il consumo di energia e di risorse ambientali, specie se non rinnovabili, con particolare attenzione alle PMI il cui prodotto sia destinato principalmente a circuiti locali.
  5. Ruolo attivo di promozione di distretti e filiere integrate ( economia circolare) comprendenti l’intero ciclo di vita del prodotto, fino allo smaltimento del rifiuto o al suo riuso o riutilizzo. Dove tecnologicamente possibile ed economicamente sostenibile, bisogna attivare tutte le risorse presenti nel territorio per ridurre la dipendenza tecnologica e produttiva dai sistemi economici esterni.
  6. Vigilanza sui processi di concentrazione di medie e grandi imprese, per controllare che gli investimenti esterni, sia diretti sia indiretti, apportino reali aumenti della capacità produttiva, e non siano semplici “scalate” a imprese siciliane, magari solo per far loro chiudere i battenti a favore di imprese esterne. A tal fine il Governo della Regione potrà decidere i settori strategici nei quali i processi di combinazione aziendale saranno sottoposti a controllo da parte dell’esecutivo regionale, che a seguito di monitoraggio potrà prendere decisioni vincolanti per le parti.
  7. Nei casi in cui vi siano processi di dismissione di complessi produttivi, al fine di evitarne la chiusura o la delocalizzazione, la Regione potrà intervenire per favorirne la conversione in Società cooperative , assicurando il sostegno per il primo impianto, consegnando letteralmente “ai lavoratori” l’impresa stessa.
  8. La formazione professionale e la Ricerca tecnologica (Ricerca applicata e sviluppo), deve coinvolgere le imprese, in particolare quelle industriali, anche per mezzo delle rispettive associazioni, che non devono avere centrali decisionali fuori dalla Sicilia. Naturalmente l’Università e i Centri di Ricerca svilupperanno anche la propria ricerca di base, slegata dalle immediate esigenze produttive, che avrà canali di finanziamento separati, rispetto a quella applicata e tecnologica.
  9. Il “Fattu ‘n Sicilia” deve essere esteso ai prodotti artigianali e industriali , come per quelli agroalimentari, sempre che rispettino un protocollo di qualità di eccellenza.
  10. Il favor legis deve essere a favore degli impianti industriali a tecnologia “leggera”, rispetto all’industria pesante, che può essere mantenuta ragionevolmente anche d’importazione in alcuni settori, per concentrare la produzione siciliana nei prodotti in cui il mercato regionale possa raggiungere facilmente il break-even point e, possibilmente, ad alta intensità di fattore umano (tecnologia e creatività), rispetto a produzioni che utilizzano manodopera poco qualificata, per le quali la Sicilia non potrà mai fare concorrenza ai paesi emergenti.
  11. L’Artigianato sarà “protetto”, oltre che con provvidenze di carattere generale, per mezzo di progettazione, monitoraggio e sviluppo di distretti che abbiano caratteristiche storiche ed etniche marcate, ad alta integrazione con il prodotto turistico e ad alto valore aggiunto (si pensi alle ceramiche, o al distretto argentiero-orafo di Palermo).
  12. Definizione di piani commerciali integrati (criteri generali stabiliti a livello regionale e piani operativi a livello comunale) in cui si rivaluti il mercato “tradizionale”, e il centro commerciale esteso, rispetto ai centri commerciali tradizionali , il tutto comunque con equilibrio tra le varie forme di commercio e distribuzione.
  13. Interventi diretti, in caso di chiusura di negozi storici, con possibilità di farne continuare l’esercizio a cooperative di lavoratori, mettendo a carico della Regione solo l’impianto iniziale, per evitare che i punti vendita siano tutti “colonizzati” da vetrine di catene multinazionali, che devono essere “aggiuntive” e non “sostitutive” rispetto all’offerta commerciale siciliana.
  14. Creazione di “consorzi” per gli approvvigionamenti all’esterno e per la commercializzazione all’estero , al fine di aumentare il potere contrattuale degli operatori siciliani rispetto al brokeraggio internazionale, e al fine di aumentare la visibilità e la capacità di penetrazione dei mercati internazionali per il prodotto siciliano. Questi consorzi non saranno però obbligatori, mirando a sostituire la carenza di organizzazione di produttori e distributori locali. Essi potranno essere dismessi dal settore pubblico quando il commercio con l’estero sarà stato del tutto disintermediato, superando l’attuale condizione coloniale.
  15. Attivazione di una politica specifica a favore delle piccole e medie imprese industriali e artigianali, attraverso una dotazione specifica di servizi , anche di consulenza, e di aree dedicate, oltre al processo consortile di cui al precedente punto.
  16. È creata la flotta navale e aerea commerciale “battente” bandiera siciliana, con particolari agevolazioni di tipo amministrativo e fiscale.
  17. Individuazione di agenzie che facilitano l’insediamento commerciale e produttivo di finanziatori esterni , da un punto di vista di disbrigo pratiche, collocazione degli insediamenti produttivi o commerciali, etc. che possa anche valutare quali degli investitori esterni ricada nel perimetro degli investimenti “desiderati” in termini di creazione di posti di lavoro stabile, crescita economica e sociale del territorio, ricadute positive in termini fiscali.
  18. Nel settore dei servizi una particolare attenzione del legislatore deve essere dedicata alla costruzione di una vera e propria ” industria della conoscenza“, intendendo per tale quella che utilizza soprattutto manodopera di eccellente qualificazione, che opera in settori strategici come quello della consulenza o sui media o sulla gestione di grandi insiemi di dati (big data management), ovvero ancora in industrie/commercio di settori ad alta creatività (come la moda ad esempio). Per le imprese esterne che investono in questi settori, come detto sopra, si può pensare, a determinate condizioni, di garantire un’esenzione totale d’imposta per la fase di start-up (ad esempio il primo quinquennio).

 

Le Infrastrutture di Trasporto, la Raccolta dei rifiuti, la Protezione civile e gli Appalti

Le attività produttive di cui abbiamo parlato sopra, e soprattutto il turismo, si fondano su alcune infrastrutture minime di “vivibilità” della Sicilia, oggi non dignitose. Si tratta soprattutto di tre ambiti: i trasporti (interni ed esterni), la raccolta dei rifiuti, la protezione civile. Queste infrastrutture sono peraltro funzionali anche alla sostenibilità ambientale per qualunque concezione di sviluppo economico. Il tema rimanda non solo all’ordinaria amministrazione, ma soprattutto alla necessità di indirizzare una parte significativa degli investimenti infrastrutturali in Sicilia su questi settori, e quindi sulla necessità di disciplinare correttamente il mondo degli appalti.

Per intervenire in questi settori è necessario individuare quali ne sono oggi i principali problemi. Per quanto riguarda i trasporti esterni oggi la Sicilia è quasi sequestrata dal resto del mondo. La logistica dei trasporti “italiana” è “a imbuto”. Anche per i trasporti aerei va superata la costrizione di passare da Roma (o da Milano), e poi da lì raggiungere il mondo. Il modello è quindi quello della Sicilia “fondo del corridoio Italia” e non “centro della piazza Mediterraneo”. Il fine ultimo di questa politica dev’essere quello di abbattere i costi dei trasporti da e per la Sicilia, in particolar modo per i residenti, con collegamenti diretti ed economici tra la Sicilia e il resto del mondo.

Il privilegio accordato ai trasporti via terra rispetto a quelli aero-navali, il privilegio, tra questi, alle due tratte Palermo-Messina e Siracusa-Messina, e la stessa idea antieconomica del “ponte” rientrano nella logica italiana del “tutte le strade portano a Roma”, da cui arrivano leggi, eserciti e merci. Questa logica va completamente ribaltata, riconducendo la Sicilia a piattaforma logistica di transito nel Mediterraneo, sviluppando in particolare le infrastrutture portuali e aeroportuali di deposito di merci per la distribuzione internazionale, sfruttando le potenzialità di “Zona Doganale Speciale” e del “Porto Franco” di Messina. Va costruito almeno un hub intermedio tra Palermo e Catania, collegato con tutte le città siciliane e con gli altri aeroporti da un sistema ferroviario di trasporti veloci, almeno un aeroporto per l’area metropolitana di Messina e un’integrazione degli interporti e dei porti siciliani, per valorizzare al massimo le autostrade del mare. Il privilegio ai trasporti aeronavali deve passare anche dall’autonomia amministrativa degli enti portuali ed aeroportuali di gestione da qualunque autorità amministrativa peninsulare e dalla presenza di una bandiera navale e aerea propria.

I trasporti “via terra” devono essere essenzialmente quelli interni, potenziando la strada ferrata rispetto alla gomma. In particolare, per i trasporti ferroviari vanno rimodernate le linee già presenti: treni nuovi e frequenti, stazioni agevolmente raggiungibili e confortevoli, orari estesi lungo tutto l’arco della giornata, affidabilità e rapidità (non necessariamente alta velocità). I collegamenti con l’interno e la costa sud devono essere adeguatamente serviti da infrastrutture di trasporto. L’anello autostradale va completato e razionalizzato, integrato con un sistema razionale di strade di vario livello. Le strade, particolarmente, hanno bisogno di un ingente progetto di restaurazione integrale che le restituisca alla praticabilità dopo decenni di abbandono coloniale.

L’elemento centrale però è l’interconnessione tra i vari mezzi di trasporto interno: il sistema non deve lasciare ai viaggiatori l’incombenza di trovare un mezzo per spostarsi da un terminal ad un altro ma gestire in maniera rapida il cambio di mezzo. Stessa intermodalità deve realizzarsi tra i mezzi di trasporto “regionali” e quelli urbani.

Anche sulla gestione dei rifiuti va fatta una rivoluzione a 360°, come avviene nei paesi più avanzati. La produzione e la distribuzione saranno orientati a monte alla eliminazione degli imballaggi non indispensabili ed al riuso. In seconda battuta si valorizzerà il riciclo dei materiali con raccolta differenziata che va portata almeno ai livelli dei paesi civili. Per la parte residua si penserà a impianti leggeri di compostaggio e di pirolisi dove questo è economicamente possibile, e solo in ultima battuta alla discarica tradizionale. La gestione deve uscire dall’imperizia, improvvisazione, emergenza, e talvolta anche malaffare, per rientrare nella normalità e nella civiltà. Altro settore delicato è quello delle acque reflue, i cui scarichi vanno moralizzati e monitorati, contro i numerosissimi abusi privati.

La gestione dei rifiuti e degli scarichi non riguarda solo la “bellezza” dei centri urbani e del paesaggio, ma ovviamente anche la tutela dell’ambiente.

Il tema è quindi legato a quello della prevenzione dei disastri ambientali: incendi estivi, terremoti, alluvioni invernali, frane e crolli di strade e di costruzioni. Per impedire tutto ciò bisogna trasformare la manutenzione straordinaria di terreni, strade, fabbricati, campi, e così via, in un processo ordinario di riqualificazione urbana. Il “cemento armato” va progressivamente sostituito dappertutto con costruzioni più durature ed antisismiche. Abbiamo una Sicilia intera da ricostruire.

Da qui, infine, il tema degli appalti. Gli appalti devono essere fatti non solo “in economia”, per tenere sotto controllo la spesa pubblica. Questo è solo uno dei criteri che deve presiedere alla normativa di settore. Altro obiettivo è la qualità degli interventi, e altro ancora – ove possibile – la preferenza per le imprese di costruzioni siciliane, a parità di altre condizioni. E infine la lotta alle “incompiute”, vero monumento al degrado e allo scempio delle risorse pubbliche. Questi indirizzi si traducono nelle seguenti linee d’azione concrete.

  1. Introduzione di tariffe per la mobilità da e per l’Isola per “residenti” al fine di realizzare la continuità territoriale, su aerei, navi e traghetti.
  2. Speciale politica di continuità territoriale per i residenti nelle piccole isole dell’Arcipelago siciliano.
  3. I trasportatori beneficeranno di un bonus fiscale sotto forma di detrazione di una percentuale garantita del costo dei trasporti per carburanti e tariffe autostradali, ferroviarie, marittime e aeree.
  4. Realizzazione di un hub internazionale in un luogo intermedio tra Palermo e Catania, legato intermodalmente alle principali città, aeroporti e porti dell’Isola.
  5. Potenziamento degli aeroporti metropolitani di Palermo e Catania, costruzione in particolare della seconda pista di Fontanarossa; valorizzazione degli aeroporti minori (Comiso, Birgi, Pantelleria e Lampedusa); costruzione di un terzo aeroporto metropolitano per Messina e di un aeroporto minore per Agrigento.
  6. Potenziamento delle autostrade del mare e integrazione del sistema portuale e cantieristico siciliano.
  7. Realizzazione di un sistema ferroviario veloce e moderno, possibilmente a levitazione magnetica, con carrozze moderne, che colleghi tra loro le principali città dell’Isola, porti e aeroporti.
  8. Completamento della rete stradale ed autostradale e suo ammodernamento (chiusura dell’anello autostradale dell’Isola, collegamenti tra Palermo e il Val di Noto, attraverso la trasformazione in autostrada della Caltanissetta-Gela, trasformazione in autostrada della Palermo-Agrigento, con diramazione per CL-Gela, collegamento autostradale diretto tra Catania e Gela, passando per Caltagirone, e diramazione per Ragusa).
  9. Realizzazione di un sistema di trasporto metropolitano interrato adeguato al traffico nelle maggiori aree urbane.
  10. Le dorsali e i nodi Internet passanti per la Sicilia diventano demanio regionale , e sono dati in concessione ai gestori mediante royalties.
  11. Le infrastrutture telematiche interne, anche grazie ai proventi delle royalties, devono consentire l’accesso e la gratuità di internet per ogni angolo della Sicilia.
  12. La Regione avrà competenza sulleinfrastrutture telefoniche e di comunicazione di ogni tipo, alla stessa stregua di uno stato sovrano.
  13. La gestione dei rifiuti èriprogettata ex novo, incentivando la riduzione della produzione di rifiuti a monte nei sistemi produttivi e distributivi. La raccolta dei rifiuti è poi imperniata sul riciclo, potenzialmente totale, attaverso la raccolta differenziata. A tal fine è introdotto un bonus fiscale per l’introduzione generalizzata del “vuoto a rendere” per le aziende che lo adottano e lo promuovono. E pure la remunerazione dei conferimenti differenziati. Per i rifiuti organici sono introdotti, dove possibile e conveniente, impianti di compostaggio e pirolisi, e solo in ultima istanza attraverso le discariche. Le aziende di trattamento dei rifiuti solidi urbani, su base distrettuale, hanno l’obbligo di gestione economica del rifiuto con responsabilizzazione dei vertici aziendali sui risultati economici e ambientali raggiunti.
  14. Sono incentivati anche gli impianti di triturazione domestica dell’umido.
  15. Sono manutenuti i sistemi di trattazione delle acque reflue, soprattutto con attenzione al potenziale inquinamento dei mari e delle falde acquifere, attraverso un potenziamento del sistema dei depuratori.
  16. È fatto divieto di fare della Sicilia il luogo dove individuare siti per lo stoccaggio di rifiuti “italiani” radioattivi o comunque gravemente dannosi per la salute. 
  17. La protezione civile, i vigili del fuoco e la manutenzione del territorio, oggi affidato agli operai della forestale, sono affidati ad un unico corpo regionale con competenza sulla gestione della sicurezza territoriale, sulla prevenzione dei disastri ambientali e sulla gestione delle emergenze . Il corpo sarà adeguatamente dotato degli strumenti tecnici necessari, compresa una flotta aerea di elicotteri.
  18. Programma pluriennale di messa in sicurezza del territorio con interventi continui di riforestazione (indipendenti dall’incidenza degli incendi estivi), dragaggio dei fondali delle dighe, osservatorio sugli argini di fiumi e torrenti, sostituzione progressiva dell’edilizia pubblica e privata (cominciando da quella pubblica) con costruzioni antisismiche e tecnologie durevoli, alternative al cemento armato.
  19. Per quanto concerne gli appalti, il meccanismo delle gare con ribasso va sostituito con gli elenchi delle imprese appaltatrici accreditate (che rispondano a determinati requisiti di affidabilità) e tra queste, con una quota garantita per le imprese siciliane, poi si provveda al sorteggio tra le imprese che fanno domanda per uno specifico appalto. Il compenso deve essere basato su un costo standard, comprensivo di un profitto “normale”. Il compenso deve essere erogato a collaudi, senza revisione prezzi e con penali in caso di prestazioni qualitativamente difettose o ritardi.
  20. Le imprese appaltatrici devono fare ricorso almeno per il 70 % a risorse umane interne senza ricorrere a subappalti . La verifica del rispetto dei diritti dei lavoratori nell’impresa e nelle imprese subappaltanti è alla base del pagamento di quanto dovuto e all’insorgenza di eventuali penali.
  21. L’erogazione del compenso deve essere legata alle valutazioni, periodica e finale, da parte di una commissione pubblica competente e indipendente (la quale è responsabile per dichiarazioni che, a posteriori, si rivelassero non veritiere).
  22. I ricorsi amministrativi contro le aggiudicazioni degli appalti possono solo avere conseguenze patrimoniali, ma non l’effetto di interrompere lavori aggiudicati che, trascorso un breve termine, devono considerarsi definitivamente appaltati.

 

Politica familiare e demografica

Il colonialismo in Sicilia veste anche i panni dello spopolamento e dell’inverno demografico. L’Italia e l’Europa saccheggiano letteralmente la Sicilia delle migliori risorse umane, i giovani in età di diventare genitori. Per chi resta mettere su famiglia e figli è oggi davvero proibitivo. La nostra scelta sarà quella di mettere in primo piano le esigenze della famiglia, e in particolare delle giovani coppie, con una serie di provvedimenti concreti. Oltre agli interventi specifici sotto indicati, specificamente pensati per la famiglia, non bisogna dimenticare che l’ordinamento tributario e giuslavoristico generale deve essere tutto pensato per favorire la sicurezza e stabilità della famiglia: dalla promozione dei contratti di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato agli aiuti alle start-up di imprese condotte da giovani, solo per limitarci a due campi di particolare rilievo. Ovvero, per chi voglia dedicare parte del proprio tempo alle incombenze familiari, al favor legis verso forme di lavoro flessibile, part-time, lavoro a distanza.

  1. Le giovani coppie che “mettono su” famiglia vanno incontro a una serie di “costi di impianto” per la nuova famiglia, per i quali potrebbero ottenere un vero e proprio sostegno finanziario da parte della Regione: un bonus “impianto famiglia“, oltre ad un finanziamento a tasso zero per un certo plafond di spesa, con le dovute garanzie, naturalmente per evitare frodi e speculazioni di ogni tipo. Questo bonus avrà una maggiorazione per i centri dell’interno e per le borgate insulari a maggior rischio di spopolamento.
  2. In particolare deve essere garantito un sostegno in conto interessi alle giovani coppie che, nei centri dell’interno a maggior crisi demografica arriverà a comportare mutui a tassi zero per l’acquisto della prima casa.
  3. La rigenerazione urbana di cui si è detto sopra deve consentire un rilancio dell’edilizia popolare, con assegnazione privilegiata in funzione del reddito e del numero dei componenti il nucleo familiare. Un criterio di privilegio deve essere garantito nell’assegnazione delle abitazioni alle coppie giovani potenzialmente in grado di mettere al mondo figli.
  4. Sostegno a spese per l’istruzione e per l’infanzia, bonus “bebé” nei primi tre anni di vita dei figli. E, in maniera aggiuntiva rispetto al sistema assistenziale gestito dagli istituti italiani, prevedere assegni familiari per i minori a carico.
  5. Incremento e incentivo all’istituzione di asili nido aziendali e comunali.
  6. Scuola dell’infanzia obbligatoria e gratuita per tutti i bambini dai 3 ai 5 anni.
  7. Reddito di sostegno alle casalinghe (ca. 400 euro nette al mese) per riconoscere il lavoro svolto in casa e per sostenere il reddito delle famiglie monoreddito. Anche le lavoratrici part-time (es. 50 %) che dedicano mezza giornata alla famiglia devono avere proporzionalmente riconosciuto il diritto al reddito di sostegno.
  8. I congedi parentali devono essere allungati, a spese della collettività. I bambini devono avere obbligatoriamente le cure esclusive della madre nei primi sei mesi di vita e, facoltativamente, con penalizzazioni minime di reddito, di uno dei genitori, fino al compimento del secondo anno di età (es. 90 % fino al 1° anno, 80 % 18 mesi, 75 % 2 anni). Il costo del congedo è posto a carico della collettività.
  9. L’imposizione sul reddito è “progressiva per detrazione”. A partire dal 20 % base (e dedotta la quota esente in funzione del numero dei componenti il nucleo familiare, il cosiddetto ” fattore famiglia“) l’imponibile è soggetto a imposizione applicando il quoziente familiare.
  10. È promossa una politica attiva di promozione dell’allattamento materno .
  11. I beni di prima necessità per la famiglia con bambini piccoli (ad esempio i pannolini) sono soggetti all’aliquota IVA agevolata al 3 %.
  12. È introdotta la figura del “mediatore familiare”, per favorire le riconciliazioni tra coniugi in caso di liti o separazioni, con adeguata preparazione professionale di tipo psico-sociale.
  13. La pianificazione urbana e dei servizi turistico-ricettivi deve essere pensata a misura di famiglia , non necessariamente solo di due figli massimo. La progettazione urbana deve sempre essere condotta a misura di “bambino”, per favorirne la crescita armoniosa o per il sostegno degli anziani, venendo incontro alle loro specifiche esigenze.
  14. Gli anziani non devono essere “separati” dalla società, o soltanto “accuditi” , ma vanno valorizzati, valorizzando il loro rapporto con le nuove generazioni, perché possano trasmettere la loro preziosa esperienza, o il lavoro volontario che vorranno condurre per la comunità, finché ne sono in grado. La cura dei nipoti da parte dei nonni deve essere particolarmente attenzionata e incentivata, sotto ogni punto di vista, rendendola più conveniente rispetto ai servizi di baby-sitter o ai nidi, dove possibile ed economico.
  15. È studiata una politica specifica per la continuità territoriale per le aree più disagiate , in modo tale che i servizi di base di ogni tipo (scolastici, sanitari, commerciali, telefonici, etc.) sia disponibili senza disagio anche per chi vive in zone montane, lontane dai maggiori centri abitati, in zone collinari soggette a spopolamento o nelle piccole isole.
  16. Politica specifica per le famiglie di Siciliani emigrati, favorendo il reinsediamento in Sicilia dei “cervelli” e delle competenze che vogliono tornare, con politiche specifiche, anche per il ritorno di interi nuclei familiari.

 

La tutela della Salute e della Qualità della vita

Oggi la classe politica siciliana ha devastato la sanità pubblica rendendola uno strumento di consenso elettorale, intromettendosi non soltanto nella nomina dei vertici, ma anche nella gestione quotidiana delle attività sanitarie e amministrative e delle risorse economiche e umane. Naturalmente invertire questo percorso impone interventi coraggiosi sia sulla gestione sanitaria in senso stretto sia sulla tutela della salute in senso lato e quindi sulla prevenzione.

Per quanto riguarda l’organizzazione sanitaria in senso stretto, è importante ridefinire innanzi tutto i criteri e le modalità di nomina dei direttori generali, sanitari e amministrativi in modo da azzerare l’intermediazione politica nella gestione, rideterminare la rete ospedaliera, formulando il piano sanitario regionale che metta al centro della propria missione il benessere psicofisico del cittadino in quanto persona umana e componente di un nucleo sociale di base come la famiglia.

Occorre ridare stabilità al sistema e fiducia agli operatori. Il rinnovamento, la rivoluzione non si può fare senza la partecipazione convinta di chi lavora nelle ASP e nelle aziende ospedaliere. Bisogna coinvolgere chi giorno dopo giorno si scontra con i problemi e affronta le difficoltà del lavorare nella sanità siciliana.

Bisogna avere il coraggio anche di prendere decisioni difficili come quelle di riconvertire gli ospedali piccoli, tranne quelli che si trovano in condizioni particolari: comunità montane e isole minori. Bisogna potenziare e ammodernare gli ospedali con almeno 400 posti letto, investendo in tecnologie e formazione.

Bisogna organizzare meglio le strutture sanitarie territoriali e creare le case di salute, per dare un’assistenza più continua ai cittadini e ridurre gli accessi inappropriati negli ospedali.

Bisogna eliminare gli sprechi creando strutture sovra aziendali, di bacino o di area vasta, per la gestione degli approvvigionamenti – dalle gare di appalto alla logistica – e la gestione delle attività amministrative: contabilità, risorse umane.

Per quanto riguarda invece la tutela della salute è per noi soprattutto incentivazione di stili di vita sani, più che “sanità” in senso stretto, cioè cura dei disagi e delle malattie. C’è quindi un punto trasversale alla nostra politica sanitaria: la politica dell’alimentazione. La maggior parte dei mali oggi derivano da un’alimentazione errata o da una vita sedentaria. La promozione del prodotto locale di qualità è il primo strumento di tutela della salute dei Siciliani. Poi, essenzialmente, prevenzione è tutela dell’ambiente, con la riconversione progressiva di quegli insediamenti produttivi di industria pesante che, statistiche alla mano, hanno determinato in Sicilia un cattivo modello di industrializzazione, segnato da una spaventosa incidenza di tumori o di malformazioni congenite nelle aree più vicine a questi insediamenti. Il modello di sviluppo deve essere compatibile con la vita e uno sviluppo sano della persona umana.

Accanto a questo, naturalmente, va garantito un servizio sanitario gratuito e pubblico a tutti i cittadini e residenti. La sanità privata di eccellenza, tuttavia, non sarà penalizzata. Quella convenzionata sarà “integrativa” e non “sostitutiva” rispetto ad un servizio centrale che deve essere erogato dalle strutture pubbliche. Le strutture sanitarie private di ricovero e cura, di diagnosi e di riabilitazione possono certamente prosperare, dare lavoro e fare profitto, ma sono “a servizio della Sicilia” e devono rispettare tutte le norme sanitarie e giuslavoristiche, nonché i criteri di qualità delle prestazioni erogate che la Regione richiederà, e non viceversa piegare l’interesse pubblico a servizio delle lobby private. Il territorio deve essere tutto presidiato e la sanità siciliana deve costituire un sistema integrato, che al suo interno sia i servizi di base, sia quelli di eccellenza, permettere fine ai viaggi della speranza e, al contrario, rilanciare, facendo della Sicilia un polo di eccellenza sanitaria che attiri pazienti da altre parti del mondo.

Per far questo bisogna investire in sanità pubblica, ma anche imporre una gestione realmente economica delle aziende sanitarie, con responsabilizzazione patrimoniale dei dirigenti amministrativi sui risultati sociali, ambientali ed economico-finanziari. Indispensabile l’introduzione di un sistema di contabilità sociale sui risultati conseguiti in termini di efficacia del servizio. Gli interventi programmati sono pertanto i seguenti:

  1. Politica attiva sugli stili di vita, sull’ambiente, sull’alimentazione e in genere sulla prevenzione delle malattie. In particolare, grazie alla ZES e in particolare alla moneta complementare sarà favorito il consumo di prodotto agricolo, zootecnico ed alimentare siciliano di qualità.
  2. Definizione per legge dei criteri di nomina dei vertici amministrativi e sanitari delle aziende provinciali e ospedaliere.
  3. Definizione di una rete di assistenza basata su un razionale presidio del territorio , con particolare attenzione ai distretti insulari e montani, che devono trovare in loco tutti i servizi di base e non più su criteri meramenti finanziari: medico di base, poliambulatori, specialistica convenzionata, case di salute. Le liste d’attesa devono essere ridotte a non più di 30 giorni e in ogni caso in tempi compatibili con il decorso delle patologie perché la cura o il ricovero avvengano in tempi utili.
  4. Rivalutare il ruolo del medico di base, che non deve limitarsi a formulare ipotesi diagnostiche e prescrivere esami e visite. Deve anche indicare dove è possibile eseguire gli esami diagnostici e possibilmente prenotare le prestazioni, anche in funzione dell’urgenza valutata, e successivamente valutare i risultati per procedere a eventuali approfondimenti, seguendo integralmente il paziente. Per far questo bisogna attentamente valutare il numero massimo degli assistiti che possono essere seguiti dallo stesso in modo efficace.
  5. Assistenza di base h 24 per tutti i cittadini, mediante turni tra i medici di base, consorziati su base territoriale, che dovranno periodicamente dare la loro reperibilità fuori dall’orario di apertura dell’ambulatorio.
  6. Il piano sanitario deve essere redatto in Sicilia senza alcuna intromissione del Governo italiano.
  7. Realizzazione di un servizio completo, adeguato, continuativo di assistenza domiciliare alla disabilità e invalidità, non solo a quella gravissima, con un ferreo controllo su ogni tipo di abuso, per mezzo di un continuo monitoraggio del sistema.
  8. Creazione di quattro poli di eccellenza sanitaria: Palermo, Catania, Messina e Caltanissetta.
  9. Programma di investimenti e di formazione generalizzato, anche in tecnologie informatiche.
  10.  Introduzione di un sistema integrato di programmazione, rilevazione e rendicontazione sociale, soggetto a revisione esterna, nei sistemi sanitari , nonché in tutte le forme di servizio sociale e assistenziale.
  11. I medici addetti al servizio sanitario pubblico a tempo pieno devono prestare il loro servizio in esclusiva a favore delle aziende sanitarie pubbliche , con adeguata remunerazione del lavoro straordinario prestato per ridurre le liste d’attesa. I compiti di maggiore responsabilità non possono essere attribuiti a personale a tempo definito.
  12. Favor legis per il farmaco prodotto in Sicilia da aziende siciliane . Controllo sugli acquisti di farmaci e presidi ospedalieri per evitare sprechi e abusi. Il prodotto sanitario è esentato dalla ZES e soggetto a protezionismo: la Sicilia decide, con proprie commissioni tecniche, le caratteristiche dei prodotti sanitari e farmaceutici da immettere nel mercato siciliano.
  13. Nuova politica vaccinale che promuova una scelta libera e consapevole da parte dei genitori, basata su un costante e trasparente dialogo tra genitori, medici di base e pediatri di libera scelta, sulla possibilità di eseguire gratuitamente test prevaccinali nei casi dubbi, sulla imposizione alle case farmaceutiche di fornire vaccini privi di particelle dannose ed infine sull’assunzione di responsabilità da parte della Regione sui possibili danni derivati dalle vaccinazioni. Limitazione del numero dei vaccini obbligatori a quelli realmente indispensabili per evitare gravi malattie infettive e proporzionalità delle sanzioni rispetto alle violazioni, alle quali deve comunque essere sostituita la corretta informazione sanitaria. La Sicilia non potrà essere campo di sperimentazione per campagne vaccinatorie massicce imposte da poteri forti internazionali.
  14. Il sistema dei ticket va proporzionato ai redditi e al numero dei componenti il nucleo familiare , in modo da garantire la gratuità del servizio per i meno abbienti, ed evitare al contempo frodi e sprechi.
  15. Accanto alla salute umana, la Regione deve attivare una politica specifica sugli animali domestici e sul benessere animale. In questa, tra l’altro, devono essere previste politiche per il controllo e la gestione del randagismo, e per la tutela della fauna urbana e selvatica. In questo ambito si potrebbe istituire al Parco d’Orléans un vero e proprio parco ornitologico di rilievo internazionale e potrebbero trovare una rivalutazione e un’importante funzione due enti oggi considerati “carrozzoni” ma dalle grandi potenzialità: l’Istituto Zootecnico Sperimentale e l’Istituto Regionale per l’Incremento Ippico.

 

Scuola, Cultura, Lingua, Identità siciliana

Scuola, cultura, lingua e identità sono quattro aspetti di uno stesso tema: lo Spirito di un popolo. Non ci potrà essere rinascita della Sicilia senza un investimento massiccio nella formazione e nella cultura. Detto investimento dovrà investire tanto le risorse umane e i contenuti, che devono essere mantenuti di spessore contro al progressivo degradamento in atto, quanto le dotazioni infrastrutturali, didattiche e tecnologiche.

La Scuola serve a formare, certamente i lavoratori di domani, con una attenzione per le abilità pratiche e le competenze professionali necessarie alla vita economica di oggi, ma serve anche, se non soprattutto, a formare i futuri cittadini siciliani. La nostra grande scommessa è quella di trasformare una cultura da sudditi complessati in una cultura da cittadini orgogliosi. E in questo il più grande strumento deve essere la Scuola, alla quale sarà impresso un cambiamento rivoluzionario, facendone l’istituzione al centro dei servizi pubblici. Naturalmente – come per la tutela della salute – ai controlli di tipo strettamente finanziario si aggiungeranno i controlli sulla qualità del servizio scolastico, valorizzando tuttavia l’autonomia didattica dei docenti stessi, che devono essere dotati di un loro spirito critico, prima ancora di poterlo trasmettere agli studenti. La politica culturale, naturalmente investirà i temi dell’identità culturale siciliana. Un’identità nella nostra idea non statica, chiusa nella difesa di un passato eretto a “folklore”, bensì dinamica, saldamente ancorata alle proprie radici, ma anche proiettata nel presente e nel futuro.

La vera Civilità Siciliana non è tanto quella che abbiamo ereditato dai nostri avi, ma quella che costruiremo , forti di quella eredità. Il meglio della cultura siciliana deve ancora venire.

In questo uno spazio particolare sarà dato alle politiche linguistiche e al legame culturale con le comunità dei Siciliani all’estero. Le politiche previste sono quindi le seguenti:

  1. Investimento massiccio di risorse nella Scuola, Università e Ricerca, non meno del 2 % del PIL, da estendere progressivamente al 3 % (a partire, quindi, da circa il doppio di oggi). L’investimento può certamente privilegiare alcune aree strategiche di didattica e di ricerca decise dalla Regione/Stato, ma non può avere orientamento strettamente produttivistico, investendo bensì ogni campo della cultura. Superamento del pregiudizio che la “cultura umanistica” non “dà pane”. In Sicilia la “cultura dà il pane” perché la Sicilia è la Terra della cultura per eccellenza. Le dotazioni tecnologiche delle scuole dovranno diventare oggetto di un rinnovamento programmato e continuo, che le ponga all’avanguardia sul piano internazionale. Le università siciliane dovranno attirare studiosi e studenti da tutto il mondo.
  2. Università, Ricerca e Scuola saranno amministrativamente “regionalizzati” senza alcuna intromissione da parte del Governo italiano . Si creerà quindi un Consiglio Siciliano della Ricerca Scientifica e Tecnologica, un’Alta Formazione Artistica, Musicale e Sportiva nostra, con competenza su conservatori, accademie di belle arti, e istituzioni di formazione sportiva superiore, concorsi e classi di concorso scolastici e universitari su base “regionale”, Agenzia Siciliana per la Valutazione della Ricerca e Agenzia Siciliana per la Valutazione della Didattica, Comitato Universitario Siciliano e così via.
  3. Anche per i docenti universitari e di scuola varrà la distinzione tra il personale a tempo pieno e definito, con significative differenze retributive . I ruoli direttivi sono riservati ai docenti a tempo pieno, ai quali è inibita – come per i medici – ogni attività privata non occasionale. L’alta formazione professionale svolta da docenti universitari deve riservare una quota significativa al finanziamento della didattica e della ricerca delle strutture di appartenenza e non superare determinati massimali di tempo.
  4. Progressiva stabilizzazione di tutti i precari interni della scuola e, con le nuove risorse dedicate, creazione di una long list di docenti siciliani in Italia di cui si programma il rientro man mano che si rendono disponibili le cattedre.
  5. Implementazione e razionalizzazione di tutti gli interventi per il diritto allo studio, con borse di studio , percorsi individuali di recupero, servizi di psicologia scolastica o anti-dispersione, dotazione più ampia, in funzione delle esigenze familiari, della possibilità di forme scolastiche di tempo prolungato o pieno, ma soprattutto con un sistema scolastico che unisca la giusta selettività alla valorizzazione delle reali vocazioni degli studenti, senza falsi egualitarismi o livellamenti di valutazioni o svuotamenti sistematici dei programmi. Ritorno ai “programmi ministeriali” (della Regione) dove sono definiti i contenuti minimi da trasmettere nei singoli insegnamenti lasciando all’autonomia degli istituti e dei docenti una parte proporzionata dell’impegno scolastico e parascolastico.
  6. Potenziamento, in tutti gli ordini di studi, ma con differenziazioni adeguate ai diversi indirizzi, degli insegnamenti nei seguenti tre ambiti
  1. Linguistico-letterario (lingue straniere, tra le quali devono essere proposte, oltre all’inglese, il francese, lo spagnolo, il tedesco, il russo e l’arabo; potenziamento della capacità di comprensione dei testi e di esposizione scritta e orale in lingua inglese ed italiana e introduzione del siciliano; elementi di linguistica e nozioni elementari di lingua latina nella scuola secondaria di I grado; potenziamento del greco nei licei classici);
  2. Logico-matematico (formazione specifica per gli insegnanti di scuola primaria sulla didattica dei metodi quantitativi; potenziamento delle ore curriculari degli insegnamenti matematici; introduzione obbligatoria di teoria degli insiemi e di logica; elementi di statistica e di calcolo delle probabilità; educazione al ragionamento quantitativo e alla soluzione di problemi quantitativi sin dai primi gradi dell’istruzione);
  3. Storico-sociale (introduzione del “diritto ed economia” nei licei classico e scientifico e generalizzata diffusione del “diritto”; ripristino dell’importanza della geografia, in particolare di quella politica; potenziamento della storia, con insegnanti in possesso di titoli di studio specifici della disciplina piuttosto che di discipline umanistiche affini).
  4. Italiano, inglese, matematica e storia devono essere presenti in tutti gli indirizzi scolastici come insegnamenti centrali, dotati del maggior numero di ore rispetto agli altri insegnamenti. Va rafforzata la cultura generale, proporzionalmente anche nell’istruzione tecnica e professionale. L’istruzione tecnica, finalizzata o all’immediato impiego post-scolastico, o a forme programmate (di eccellenza) di Istruzione e formazione tecnica superiore, deve essere rilanciata e potenziata, dando adeguata informazione alle famiglie. L’insegnamento della lingua inglese, potenziato sin dalla Scuola dell’Infanzia, non come lingua straniera ma come “lingua internazionale”, deve vedere l’inserimento di un certo numero di unità didattiche o lezioni, proposte direttamente in lingua inglese e non la sostituzione di intere materie, come attualmente accade nel CLIL. L’italiano deve comunque restare la lingua didattica fondamentale; progressivamente e sperimentalmente, anche alcune lezioni durante l’anno potranno essere proposte in siciliano.
  1. L’obbligo scolastico/formativo è a 16 anni, con un’apparente riduzione, rispetto all’attuale limite teorico a 18, ma con una sostanziale lotta all’evasione e alla dispersione scolastica . I ragazzi che non continuano, dopo la Secondaria di I grado, nell’istruzione liceale, o tecnica, o professionale, sono indirizzati a un biennio di formazione professionale qualificata o a contratti di apprendistato, con ore di formazione professionale obbligatoria, interne all’azienda nelle quali si svolge l’apprendistato, o in centri di formazione. I costi di tale formazione professionale sono a carico del pubblico.
  2. In tutte le scuole di ogni ordine e grado Cultura siciliana obbligatoria con orario curricolare e classe/i di concorso a sé : Geografia fisica dell’Arcipelago siciliano, Storia di Sicilia (con particolare attenzione alla storia delle istituzioni politiche), Lingua siciliana, Letteratura (nelle diverse lingue in cui questa si è espressa, anche tradotta: greco, latino, arabo, italiano e siciliano), Arte, Beni culturali e ambientali, Musica, Diritto, Cultura popolare .
  3. Specifica politica linguistica con incentivazione delle produzioni letterarie e multimediali in Siciliano, con la sua proposizione in determinate fasce orarie nel servizio pubblico televisivo, con l’istituzione di un’Accademia per la definizione del Siciliano come linguanazionale, per un uso corrente e vivo del Siciliano. Il Siciliano sarà quindi lingua nazionale sussidiaria, a fianco dell’italiano, usato nella toponomastica, nelle insegne destinate al pubblico, anche di carattere commerciale, nei documenti amministrativi, nelle scuola e nel servizio pubblico radiotelevisivo, incentivato nella produzione giornalistica, editoriale, cinematografica e varia.
  4. Istituzione di un servizio radiotelevisivo pubblico “nazionale” siciliano, e distribuzione delle frequenze dell’etere solo a canali siciliani o a un numero limitato di network italiani a maggiore diffusione.
  5. Istituzione di un ufficio contro la diffamazione della Sicilia per perseguire sistematicamente tutta la disinformazione italiana o i linciaggi quotidiani che subisce la Sicilia, così come ogni forma di produzione artistica o letteraria italiana o straniera che abbia contenuti razzisti, o che accosti la Sicilia all’identità mafiosa.
  6. Rafforzamento delle istituzioni di alta formazione e creazione di nuovi nei settori dell’arte, dell’artigianato, della musica e dello spettacolo.
  7. Grande programma di recupero di tutti gli archivi storici e amministrativi della Sicilia attraverso la loro progressiva e generalizzata digitalizzazione .
  8. Promozione, anche di tipo finanziario di tutta l’attività teatrale, cinematografica, editoriale a carattere “nazionale” , in specie di quella che può godere di una fruibilità esterna alla Sicilia. In particolare devono essere favorite, con il servizio pubblico “regionale” le ricostruzioni storiche (a titolo di esempio come fatto dalla Televisione italiana per le memorie storiche italiane nelle trasmissioni a carattere scientifico) e i film storici a carattere nazionale o patriottico, sulla Civiltà siceliota, sul Regno di Sicilia nelle sue fasi migliori, sulle rivoluzioni indipendentiste siciliane.
  9. Censimento e protezione delle feste e ricorrenze a carattere locale . Per le più importanti promozione a livello internazionale.
  10. Promozione di eventi culturali o musicali di livello internazionale.

 

Il Settore No profit e lo Sport

Il settore no profit e lo sport sono pure espressione di cultura, di una cultura materiale che ha un grande valore sociale. Lo sport non è solo tempo libero, è anche una forma di aggregazione sociale e di educazione alla cittadinanza e allo stesso spirito nazionale siciliano. Educazione sino ad oggi trascurata, ma che deve assumere importanza adeguata. Il problema principale del terzo settore è l’equilibrio nelle fonti di finanziamento. Il totale disimpegno da parte del pubblico potrebbe determinarne il declino. Si tratta di attività basate su lavoro volontario, che non operano spesso in condizioni di mercato e che quindi hanno un deficit strutturale di risorse finanziarie, ma che al contempo realizzano servizi di utilità sociale che né lo stato né il mercato sono in grado di approntare. Come si è visto nella parte “fiscale” uno strumento è quello dell’incentivo, e, più in generale, della legislazione di favore.

Non si possono escludere del tutto quindi i bandi trasparenti e il sostegno finanziario diretto da parte del pubblico. Lo sport, in particolare, non potrebbe sussistere se il pubblico non facesse la sua parte. Però il “pubblico” non deve eccedere in questo sostegno perché il rischio è quello di “drogare” e di “politicizzare” quello che deve restare il più libero dei settori della società.

Per quanto riguarda il settore no profit in generale, varranno quindi poche regole essenziali:

  1. Il settore No Profit sarà liberalizzato quanto più possibile nelle sue caratteristiche di autogestione da parte dell’autonomia privata. Va posto in atto un generale principio disussidiarietà orizzontale: tutto ciò che può essere fatto meglio dalla società civile, rispetto al mercato o allo stato, va affidato a questa. Bisogna impedire, quindi, l’onnipresenza statalista o dirigista.
  2. Sarà protetto il terzo settore con norme agevolative, a carattere amministrativo e tributario.
  3. Saranno posti dei limiti ai rischi di assistenzialismo. I contributi pubblici saranno erogati secondo criteri oggettivi, stabiliti per legge, sulla base dei risultati oggettivi e certificabili degli enti, ovvero distribuiti in parti uguali o per sorteggio tra enti e associazioni qualitativamente certificati.
  4. In ogni caso l’autonomia privata non deve essere tale da celare il reale “soggetto economico” retrostante l’organizzazione no profit.
  5. Non sarà data alcuna agevolazione alle imprese “mascherate” da no profit . Prevarrà la sostanza sulla forma.
  6. Non sarà erogato alcun finanziamento o agevolazione agli enti no profit il cui soggetto economico sia estero. Saranno espressamente vietate le attività no profit possedute o finanziate da soggetti esterni alla Sicilia aventi lo scopo sostanziale di realizzare azioni politiche o campagne culturali o forme di proselitismo religioso e politico/sociale.
  7. I rapporti con le confessioni religiose, nella fase ZES, restano gestite dallo Stato italiano e quindi non comportano alcuna specifica politica a carattere “regionale”.

Per quanto riguarda, invece, specificamente il mondo sportivo, le linee politiche saranno le seguenti:

  1. Costituzione di “rappresentanze nazionali” per tutti gli sport, a cominciare dalla Nazionale di calcio, iniziando con campionati “paralleli” a quelli italiani e partite amichevoli, almeno in una fase transitoria.
  2. Costituzione, in una seconda fase, del Comitato Olimpico Nazionale Siciliano, con separazione definitiva dell’organizzazione di tutti gli sport dalle corrispondenti federazioni e campionati italiani.
  3. Dotazione di risorse ai Comuni per una generalizzata diffusione di attività sportive e ricreative, “vivai” e simili .
  4. I contributi pubblici allo sport saranno erogati in funzione dei risultati sportivi tangibili ottenuti ed oggettivi e non “a pioggia”.
  5. Ripristino dell’Educazione fisica nelle scuole, come attività essenzialmente pratica (rispetto alla finzione delle “Scienze Motorie” che dovrebbero avere una componente dottrinale), con scorporo delle ore dalle lezioni del mattino. Tutti i ragazzi in età scolare vanno coinvolti in attività sportive durante alcune ore pomeridiane settimanali, o il sabato mattina dove è prevista la settimana corta.
  6. Ripristino di un’alta formazione sportiva fuori dal circuito universitario , simile ai conservatori e alle accademie, con risorse specificamente dedicate, per formare i formatori allo sport, non solo per le scuole .
  7. Promozione di specifici eventi internazionali di grande richiamo in sport nei quali la Sicilia vanta eccellenze o tradizioni particolari: a titolo di esempio tennis, scherma, vela, equitazione.
  8. Creazione di un Dipartimento regionale appositamente dedicato allo sport.
  9. Recupero strutture sportive incompiute e piano di dotazione della Sicilia di un sistema di impianti e strutture adeguato alle sue necessità.

 

Funzione legislativa, Legalità e Ordine pubblico

Legalità, controlli ed ordine pubblico sono il collante di un sistema di buon governo. La Sicilia è abbandonata all’illegalità da parte della dominazione italiana, perché in questo modo è più facile da governare. Le organizzazioni criminali e mafiose, come Cosa Nostra ma non solo, e in genere la corruzione e il malaffare, prosperano nell’incertezza del diritto e nella latitanza dello Stato. Per questo, però, si deve dapprima semplificare un ordinamento giuridico che, tra norme europee, leggi e regolamenti dello Stato, leggi e regolamenti regionali, delibere di giunta, circolari e altri vari atti amministrativi di dubbio valore, ha creato un caos normativo del tutto privo di razionalità. Come dicevano i giuristi romani “summum jus summa injuria”.

L’ordinamento giuridico siciliano va dapprima razionalizzato e semplificato. Vanno tolte le sanzioni (per ora non nel campo penale sul quale, prima della piena indipendenza, non abbiamo piena competenza) sui comportamenti non particolarmente gravi o tollerabili. Le sanzioni, anche severe, devono concentrarsi sui comportamenti realmente devianti, creando per il resto uno spazio di reale libertà civica. La valutazione di chi amministra il denaro pubblico deve essere condotta sui “risultati” e non sugli “adempimenti formali”. Le sanzioni patrimoniali devono essere comminate solo in condizioni di certezza del diritto, per comportamenti realmente pregiudizievoli degli interessi dell’azienda pubblica, e non come sanzione sull’inadempimento di prescrizioni del tutto irrazionali, spesso in contraddizione tra loro.

Come specificato al punto precedente, bisogna affidare alla società stessa il compito principale di rispettare le leggi e di provvedere ai servizi sociali (sussidiarietà orizzontale), secondo una logica che privilegi, in ordine decrescente:

  1. L’autoorganizzazione, secondo principi di solidarietà e di dono reciproco, da parte delle famiglie, delle comunità, delle associazioni ed enti no profit;
  2. Laddove questa logica sia insufficiente, affidarla comunque all’autonomia privata e alle logiche di mercato, privilegiando la dimensione piccola, o media, delle imprese che erogano i beni e servizi stesse, secondo principi razionali e di legittima convenienza economica;
  3. Laddove anche questa sia insufficiente (i “fallimenti del mercato” per monopoli naturali o altra ragione di pubblico interesse), affidare i servizi ad enti o aziende pubbliche, che erogano i servizi secondo principi di legittimità, di equità e di ordine pubblico;
  4. All’interno del settore pubblico, preferire, in prima battuta gli enti locali (principio di sussidiarietà verticale), poi comunque le partecipate o gli enti funzionali (decentramento gerarchico), da gestire comunque secondo criteri di economicità, e solo in ultima battuta lo Stato/Regione, che dovrebbe limitarsi esclusivamente agli atti di “alta amministrazione”, ai documenti di programmazione, ai controlli e alla giurisdizione.

La logica del “controllo”, condotta secondo modalità moderne, economiche e tecnologicamente adeguate, deve sostituire ad ogni livello possibile quella della “autorizzazione”. I comportamenti illeciti, o anche soltanto inefficaci o inefficienti, devono essere monitorati con forme di programmazione annuali del sistema dei controlli e con risorse umane dedicate, di cui si deve controllare rigidamente l’assenza di conflitti di interesse nei confronti delle attività da controllare. Poste queste logiche di fondo per chi resta al di fuori dei limiti della legalità la repressione deve essere molto severa e senza eccezioni, proprio perché i comportamenti devianti meno rilevanti sono stati liberalizzati o depenalizzati.

In questo quadro la legalità e la sicurezza saranno garantite o ripristinate ad ogni livello della vita associata.

Si determinano, di conseguenza, i seguenti interventi specifici:

  1. Semplificazione programmata e sistematica del numero delle leggi esistenti con abrogazione di quelle non più utili o desuete o con finalità evidentemente transitorie ma prive di termine finale di efficacia, e accorpamento delle altre in testi unici.
  2. L’erogazione di servizi, da parte della Regione, che non può essere affidata alla società civile e al mercato, va delegata al sistema degli enti locali o ad enti funzionali della regione, limitando l’azione della Regione alle funzioni di programmazione, di controllo e di mantenimento dell’ordine pubblico, fatte salve poche indelegabili funzioni di alta amministrazione.
  3. Sistema sanzionatorio amministrativo proporzionato alla gravità delle infrazioni e alle funzioni di deterrenza.
  4. Moralizzazione degli appalti pubblici come indicato al punto dedicato. Tale sistema va esteso anche agli incarichi professionali, con sorteggio da apposite liste, certificate ed altamente qualificate.
  5. Moralizzazione dei concorsi pubblici, reintroducendo i concorsi per titoli, con possibilità di fare esami solo su chi abbia superato un determinato punteggio base nei titoli, nonché vietando ogni forma di chiamata diretta nei ruoli del pubblico impiego e delle partecipate pubbliche.
  6. Moralizzazione dei mercati pubblici, in specie di quelli agricoli, nell’interesse di produttori e consumatori, lottando contro infiltrazioni mafiose e speculazioni private.
  7. Revisione degli organi interni alla Regione, agli enti pubblici, alle società private al fine di eliminare le sovrastrutture inutili e costose: organismi di vigilanza interni, piani anticorruzione e simili spesso si riducono a riti privi di qualsiasi utilità. I controlli devono diventare la routine degli organismi pubblici, senza bisogno di costruire funzioni e organismi ad hoc, replicati in ogni amministrazione, soprattutto negli enti e organismi di minore dimensione. L’intero programmazione amministrativa della Regione è una macchina che deve provvedere alla trasparenza e alla lotta alla corruzione.
  8. Nell’ambito di questa razionalizzazione verificare la reale utilità delle “certificazioni antimafia” , specie quelle rilasciate da lobby industriali specifiche, laddove si accerti che questo sistema crea inutili sovrastrutture e, eventualmente, eliminarle del tutto. Le imprese siciliane non possono essere “mafiose” per definizione, soggette a dimostrare la loro innocenza, ma al contrario bisogna presumere, sino a prova contraria, o sino a presenza di indizi gravi, precisi e concordanti, la loro trasparenza.
  9. Istituzione o riordino dei corpi armati siciliani di Polizia: Polizia di Stato, Guardia forestale, Guardia di Finanza e Guardia costiera. Tutti questi corpi saranno posti sotto un unico comando, alle dipendenze del Presidente, che la affiderà al “Ministro/Assessore” agli Interni, con apposito Dipartimento.
  10. Lo Stato non avrà corpi di polizia nell’Isola. La Polizia di Stato regionalizzata avrà anche funzioni di polizia giudiziaria. Il corpo dei Carabinieri è assorbito nella Polizia. Le forze dell’ordine nei Distretti saranno coordinate da un Intendente, di nomina regionale, che sostituirà in tutto le funzioni dei prefetti.
  11. Ogni quartiere, frazione, borgata, oltre che ogni Comune, deve avere il suo posto di polizia o il suo “poliziotto di quartiere“, anche per mezzo del coordinamento delle polizie amministrative degli enti locali con la polizia di stato regionalizzata.
  12. Introduzione di meccanismi di denuncia anonima e protetta, soprattutto per reati particolarmente gravi come le estorsioni o la corruzione.
  13. Repressione dell’abusivismo edilizio (come specificato sopra) e introduzione di un sistema di monitoraggio permanente del territorio, anche aereo, per la repressione immediata dei nuovi abusi.
  14. Una volta semplificata la burocrazia e introdotta la fiscalità di vantaggio previste dalla ZES, repressione severa di ogni abuso commerciale o fiscale e in genere di ogni manifestazione di illegalità, anche “di necessità”.
  15. Controlli sugli stranieri residenti e in genere sugli immigrati per verificarne la regolarità , una volta che i requisiti per i permessi di soggiorno o per la residenza di stranieri non siano inutilmente restrittivi, e accompagnamento alla frontiera o rimpatrio per i non aventi diritto.
  16. Processo, concordato con le comunità interessante e con la loro attiva partecipazione, di progressiva ” stanzializzazione dei nomadi” e di smantellamento dei villaggi attuali, con impedimento della creazione di nuovi accampamenti abusivi.
  17. Repressione delle attività illecite: discariche abusive, commercio abusivo, accattonaggio, prostituzione, spaccio di sostanze stupefacenti. Per i soggetti socialmente “deboli” alla repressione va accompagnata un’azione attiva di assistenza sociale e di recupero, ma va comunque instaurato un clima di generale legalità ad ogni livello, specie nei luoghi pubblci.
  18. Sistema di controlli routinari ex post sulla conformità di tutte le attività economiche con sistema sanzionatorio adeguato e proporzionato.
  19. Sistema di monitoraggio continuo del patrimonio boschivo, costiero, in genere naturale e dei beni culturali.
  20. Controlli sistematici sulla regolarità delle consultazione elettorali e sulla presenza di forme di voto di scambio.
  21. Programma continuo di educazione alla legalità e alla cittadinanza attraverso la scuola pubblica e il servizio radiotelevisivo pubblico siciliano.
  22. Introduzione di uno strumento statistico di rilevazione delle fonti di illegalità e di insicurezza sociale , in modo da concentrare l’azione pubblica di repressione della devianza ad ogni livello (legislativo ed esecutivo), sulla base della reale incidenza sociale e non sulla base di quella “emotiva”, dettata in ultima analisi da un’agenda dei media e non da emergenze reali.
  23. Istituzione di un Servizio Segreto per la Sicurezza “nazionale” della Sicilia.

 

Il programma “massimo”: lo Stato di Sicilia

Il programma sopra esposto riguarda la gestione della “Regione Siciliana”, anche nell’ipotesi di una piena attuazione del progetto di Zona Economica Speciale.

Naturalmente il programma dei “Siciliani Liberi” non si esaurisce in questo. Il Movimento “Siciliani Liberi” è un movimento indipendentista, che mira pertanto alla piena emancipazione politica della Sicilia. Il successo della ZES porrà come esito naturale – secondo noi in pochi anni – quello di convertire la Sicilia in un vero e proprio soggetto politico di diritto internazionale, cioè in uno “Stato sovrano”, riconosciuto dalla comunità internazionale e aderente alle Nazioni Unite.

Le modalità di attuazione di tale processo ultimo saranno determinate dal Parlamento di Sicilia, storicamente depositario della nostra sovranità, ma saranno comunque improntate a un processo pacifico, spontaneo e condiviso dalla società siciliana. Il Parlamento, dopo un decennio di Zona Economica Speciale, in presenza di una maggioranza assembleare favorevole all’indipendenza, approverà una mozione per l’indipendenza, che spedirà alle Nazioni Unite, e indirà quindi un referendum popolare per la stessa.

A seguito di esito positivo si apriranno i negoziati con lo Stato italiano per decidere i tempi e i modi di questo processo. Nessuno potrà fermare i Siciliani che volessero riprendere nelle loro mani la piena libertà e nessuno potrà conculcare con la forza il diritto di un Popolo alla propria autodeterminazione.

A libertà conquistata, resteranno da determinarsi altre politiche, che in questo momento non appare saggio predeterminare in modo definito, ma che è bene individuare nei grandi capitoli da scrivere, non meno importanti di quelli precedenti:

  1. Forma di stato e di governo che la Sicilia indipendente dovrà assumere, sua Costituzione. Si immagina di convocare un Parlamento in sede costituente che, conformemente alla tradizione storica dello Stato di Sicilia, sia sovrano in materia. Le opzioni sono due: o si parte “da zero”, adottando lo Statuto, riformato dalla ZES, come norma transitoria, ovvero si adatta ai tempi, con un decreto, l’ultima costituzione storicamente legittima, quella del 1848, convocando secondo quelle leggi un Parlamento costituente con una norma costituzionale altrettanto transitoria in attesa che il Parlamento dia alla Sicilia la sua nuova legge fondamentale.
  2. Rapporti con l’Unione Europea. Posto che le norme ZES resterebbero transitoriamente in vigore, si aprirebbero negoziati per stabilire i nuovi rapporti con le istituzioni europee. Posto ancora che sarà il Parlamento, espressione della volontà popolare, ad avere l’ultima parola, si auspica un rapporto associativo, non un’appartenenza integrale, in cui i fondamenti della Zona Economica Speciale restino sostanzialmente inalterati. Sarà possibile, naturalmente, che la moneta complementare sia trasformata in moneta legale a tutti gli effetti, mantenendo comunque le caratteristiche di pubblicità e gratuità.
  3. Relazioni internazionali: da costruire e definire in funzione degli interessi nazionali, in particolare dialogando con gli Stati Uniti che oggi controllano numerosi insediamenti militari nel nostro arcipelago. In ogni caso sarà elemento non negoziabile lo smantellamento di insediamenti dannosi alla salute dei Siciliani come il MUOS di Niscemi. Costruzione di un sistema diplomatico e consolare proprio.
  4. Difesa: si auspica un ruolo pacifico della Sicilia nel Mediterraneo. Ma certamente non in assenza di difesa propria. Sarà presente un sistema di difesa terrestre, aereo e navale adeguato alle necessità del nuovo stato. Alle Forze Armate di professione sarà affiancata, con funzioni di controllo del territorio e di deterrenza nei confronti di tentativi di sovvertimento delle istituzioni, una Guardia Nazionale popolare volontaria, con elezione degli ufficiali da parte dei militari.
  5. Relazioni con le confessioni religiose: all’insegna del rispetto, della valorizzazione del ruolo sociale, della tolleranza, ma anche del contrasto a forme di proselitismo finanziate dall’estero. Alla Chiesa cattolica, sotto il controllo del potere politico, sarà riconosciuto un ruolo di particolare rilievo nella società e nella cultura siciliana, con la possibilità di mantenere un sistema educativo proprio, soggetto comunque ai controlli e alle norme imperative pubbliche, e in ogni caso mantenendo la piena laicità dello Stato. Le attività commerciali delle comunità religiose saranno disciplinate fiscalmente come quelle degli enti non commerciali laici.
  6. Sistema previdenziale: va progressivamente scorporato da quello italiano, con il minore impatto reciproco, e in ogni caso senza alcun pregiudizio per i pensionati in essere che manterranno inalterati i diritti acquisiti.
  7. Legislazione civile, penale e procedurale di base: affidata alla piena discrezionalità del Parlamento siciliano, mantenendo in via transitoria quella italiana.
  8. Mantenimento di un legame politico, di vicinanza culturale e di amicizia con lo Stato italiano, gestendo insieme il patrimonio linguistico-letterario e artistico comune, mantenendo un’azione di difesa “economica”, solidarietà e vicinanza politica per le popolazioni dell’Italia meridionale e di tutela linguistica ed autonomia territoriale per i “Siciliani della Terraferma” (Calabresi e Salentini).
  9. Rapporto privilegiato con la Sardegna e con la Corsica, di cui si auspica un’emancipazione parallela alla nostra, nonché con i paesi rivieraschi storicamente vicini alla Sicilia: Catalogna, Grecia, Cipro, Malta, Albania, Tunisia e Libia, nonché naturalmente l’Italia, in particolar modo quella meridionale, come specificato alla lettera precedente.

Rispondi