Diritti negati e dimenticati

Tutti abbiamo un’opinione politica legata ai nostri ideali, ai nostri desideri, alle informazioni che conosciamo. Se queste informazioni sono incomplete, o addirittura sbagliate, la nostra opinione viene falsata. È questo il caso dei Siciliani.
Da decine di anni ci dipingono come spreconi, delinquenti o fannulloni; ce lo ripetono così tante volte, da così tanti anni, che questa bugia ha quasi preso il posto della realtà. La verità è un’altra, ma non la dicono. Ce la nascondono per tenerci la testa china.

La verità sulla condizione economica della Sicilia

La verità è che lo Statuto Siciliano assegna alla Sicilia sia diritti che doveri: i doveri sono stati applicati, i diritti se li è tenuti l’Italia.
In particolare, l’art. 14 assegna alla Sicilia competenza esclusiva su moltissime materie, tra cui:

  • agricoltura e foreste;
  • industria e commercio;
  • urbanistica;
  • lavori pubblici;
  • pesca e caccia;
  • turismo;
  • istruzione elementare, musei, biblioteche, accademie.

Chi dice, con aria di disprezzo, che la Sicilia ha molti più impiegati delle regioni del nord, mente sapendo di mentire, perchè la Regione Sicilia deve gestire con propri dipendenti tutte le materie su cui ha competenza, al contrario delle altre Regioni.

L’autonomia finanziaria negata

Fin qui abbiamo parlato dei doveri, ma lo Statuto ci assegna anche dei diritti, in particolare l’autonomia finanziaria. L’art. 36 dice:

  • 1. Al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione e a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima.
  • 2. Sono però riservate allo Stato le imposte di produzione e le entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto.

In altre parole, la Sicilia deve avere tributi propri, con cui fare fronte alle spese che deve sostenere, mentre allo Stato sono riservate solo alcune imposte. Questa parte dello Statuto è rimasta inattuata. Guarda caso mancano i decreti attuativi, che il Parlamento in 70 anni non ha mai emanato.
Senza l’autonomia finanziaria prevista dallo Statuto, la Sicilia non ha i fondi per funzionare adeguatamente. Ha le stesse entrate di tutte le altre Regioni, ma ha molti più compiti. In questa situazione, i soldi a disposizione bastano a malapena a pagare gli stipendi, senza possibilità di effettuare gli investimenti che si vedono al nord.

Cosa accadrebbe se fosse attuato lo Statuto Siciliano?

La Sicilia avrebbe maggiori entrate per più di 10 miliardi di euro l’anno. Per rendere l’idea, il debito pubblico della Regione Sicilia che si è accumulato negli anni ammonta a circa 7 miliardi di euro. Con lo Statuto potremmo cancellarlo in un anno!

Indichiamo di seguito le stime elaborate dal Prof. Massimo Costa, fondatore del Movimento Siciliani Liberi e Professore Ordinario della Facoltà di Economia dell’Università di Palermo.

Se si applicasse alla lettera lo Statuto e il dettato della Costituzione nel loro combinato disposto la Regione avrebbe

1) Maggiori entrate per le imposte dirette che oggi lo Stato ingiustamente trattiene e che dovrebbero andare al 100% alla Regione.

Oggi In Sicilia sono raccolti 10.650 milioni di euro di imposte dirette, ma di queste circa 4.100 milioni sono trattenute dallo Stato e non devolute alla Regione.

2) Maggiori entrate per le imposte indirette come sopra.

Qui si deve distinguere tra IVA e altre imposte indirette. L’IVA, che toccherebbe al 100% alla Regione, e che viene raccolta ogni anno per circa 7.350 milioni l’anno, compresa quella alla dogana, viene trattenuta illegittimamente dallo stato per circa 4.850 milioni.

Le altre imposte indirette sono di calcolo più complicato: quelle al consumo dovrebbero andare al 100% alla Regione, quelle alla produzione dovrebbero andare allo Stato, ma questo, per tenere conto del costo effettivo delle funzioni statali in Sicilia, delle funzioni statali svolte dalla Regione e per obiettivi di coesione sociale interna, dovrebbe garantire, questa volta per l’art. 119 Cost., una quota di compartecipazione alla Regione. Sono le famose accise, per le quali lo Stato raccoglie in Sicilia circa 5.050 milioni l’anno. Considerando le spese di difesa, esteri, giustizia, interni e un contributo alle spese centrali, si dovrebbero detrarre a favore dello Stato, non più di 2 miliardi l’anno. Per questa via, quindi, lo Stato trattiene illegittimamente altri 3.050 milioni.

3) Maggiori entrate per il gettito maturato in Sicilia e riscosso altrove (art. 37 Statuto)

È una delle voci più difficile da calcolare perché non esiste una bilancia regionale dei pagamenti. Si può dire che se si parametra il gettito delle società di capitale al 50% sulla base dei ricavi e al 50% sulla base dei costi, la somma si può calcolare in un mancato gettito di non meno di 2.500 milioni l’anno.

4) Maggiori entrate per il gettito del Fondo di Solidarietà Nazionale (art. 38 Statuto)

Ai sensi del suddetto articolo dello Statuto lo Stato dovrebbe garantire un fondo per recuperare il gap infrastrutturale tra Sicilia e Italia (sia sotto forma di investimenti diretti sia sotto forma di trasferimenti in conto capitale). Questo fondo dovrebbe tendere a bilanciare il minor gettito tributario dovuto al fatto che il reddito pro capite in Sicilia (lo Statuto dice “redditi da lavoro” ma poco cambia, trattandosi di un termine espresso in un’epoca molto lontana) è più basso della media nazionale. Se si rapporta il gettito IRPEF al reddito medio nazionale mancano all’appello circa 5 miliardi e mezzo che l’Italia dovrebbe dedicare alle disastratissime infrastrutture siciliane ogni anno fino al recupero del gap. Naturalmente, però, dal conto dobbiamo togliere i circa 750 milioni di questo tipo di spese in conto capitale che effettivamente lo Stato spende ogni anno per la Sicilia.
Al netto di tutto, quindi, mancano all’appello altri 4.750 milioni ogni anno.

5) A questa somma dobbiamo aggiungere tutte le tasse e tariffe che incostituzionalmente paghiamo sul demanio o su beni demaniali e pubblici che, contrariamente al dettato statutario, non sono transitati dallo Stato alla Regione. Anche non volendo considerare il gettito da signoraggio monetario che oggi va, anche per la Sicilia, a Stato e Banca d’Italia, restano circa 500 milioni di oneri impropri sulla Sicilia (si pensi almeno agli elettrodotti gestiti da Terna, a solo titolo d’esempio).

6) Naturalmente, avremmo però l’azzeramento di tutti i trasferimenti alla Regione e ai Comuni della Sicilia, a cui dovremmo pensare da soli, quindi avremmo minori entrate per 6.850 milioni l’anno

7) Ancora dobbiamo contare l’azzeramento del “contributo al risanamento della finanza pubblica erariale”. Già nella quota di accise riconosciuta allo Stato c’è il nostro contributo. Altri prelievi sono incostituzionali. Per questa via risparmieremmo, tra Regione, Città metropolitane, Consorzi di comuni e Comuni, altri circa 1.500 milioni l’anno.

8) Infine dovremmo farci carico delle maggiori spese per funzioni regionali svolte oggi dallo Stato. La più importante è l’Istruzione e Università, pari a circa 3.650 milioni l’anno, ma anche volendo azzerare tutto il carico dello Stato tranne le 4 funzioni sovrane sopra dette, non si va oltre i 4.350 milioni l’anno circa.

Computando tutto si perviene ad un maggior spazio finanziario pari a circa 10 miliardi e mezzo l’anno!

Come mai nessun partito italiano ne parla?

Nessun politico siciliano al governo è mai andato a Roma a chiedere l’attuazione dello Statuto. Perchè? Per salvare la poltrona. Perchè qualsiasi partito italiano, di fronte ad una richiesta del genere, gli avrebbe stroncato la carriera politica. L’unica speranza è che alle prossime elezioni venga eletto un partito autenticamente Siciliano, che faccia valere gli interessi della Sicilia, che sono diametralmente opposti a quelli dello Stato Italiano.