Petrolieri ed evasori alleati con lo Stato italiano contro la Sicilia?

Le indiscrezioni sulle dichiarazioni fatte da Fiumefreddo alla commissione antimafia presieduta da Rosy Bindi meritano più che una denuncia. 

Ma naturalmente il “messaggio” che passerà sui media nazionale tende a nascondere lo sfruttamento coloniale della Sicilia a favore della solita narrativa della Sicilia Far West e quindi di paese “incapace di autogovernarsi”. E invece su questo, almeno noi indipendentisti, dobbiamo fare chiarezza.

I fatti innanzitutto: più di 50 miliardi non riscossi da Riscossione Sicilia negli ultimi anni, di cui solo 22 ancora non andati in prescrizione. Un tasso di riscossione di poco superiore al 10 %. L’impossibilità in Sicilia di riscuotere le tasse per cifre stratosferiche. Miliardi, non milioni, quando in Sicilia tutti stiamo tirando la cinghia e tutti i Comuni sono in dissesto.

 

Intanto facciamo un po’ lo sconto al “sensazionalismo antimafia” che contraddistingue queste dichiarazioni. Le frasi del tipo “in Sicilia tutti gli appalti sono irregolari”, sol perché le imprese autocertificano l’inesistenza di pendenze con l’amministrazione finanziaria, di per sé non significano proprio nulla. Le autocertificazioni sono sacrosante. Sta alle stazioni appaltanti verificarne l’attendibilità. E le stazioni appaltanti sono espressione degli stessi partiti italiani che hanno insediato Fiumefreddo a Riscossione Sicilia. Dica allora, con maggiore chiarezza, se il PD al potere, e i suoi amministratori, fanno le verifiche di rito oppure no. E che elementi ha per dire che le verifiche non sono fatte. L’ANCE dice una cosa completamente diversa. Chi ha ragione? Se la finalità ultima di questa dichiarazione è lo sport nostrano di “dare addosso alla Sicilia” per toglierle centri decisionali e risorse francamente non ci stiamo. 

Facciamo anche lo sconto sulle “miserie” dei deputati regionali. Possiamo solo dire “vergogna”, ma, a conti fatti, i crediti non riscossi verso gli “onorevoli” sono meno dell’1 ‰ del totale… Occupiamoci delle cose serie. Questi signori vanno mandati a casa e basta, ma pare facciano comodo dove sono, in modo da additare l’Autonomia come parafulmine di tutti i mali.

Andiamo ai pezzi grossi.

Le grandi “evasioni” riguarderebbero tre principali bocche da fuoco:

– i grandi Comuni, Catania in testa, i quali – senza soldi come sono – pensano bene di non pagare i tributi dovuti;

– specifiche categorie di operatori economici (ma si possono criminalizzare le categorie e non le persone?) che godrebbero di impunità estese, anche su ampi territori, protetti “militarmente” dalla ineffabile “mafia” o dalla disorganizzazione stessa dell’amministrazione finanziaria che avrebbe gli indirizzi sbagliati dei contribuenti (per questo chieda a se stesso, o all’Agenzia delle Entrate, cioè allo Stato, o no?);

– e infine – udite, udite – i PETROLIERI, ai quali le imposte non sarebbero MAI STATE RICHIESTE,  e che ora, dopo la richiesta, farebbero ostruzionismo totale agli agenti della riscossione regionale.

E l’evasione di necessità, quella dei piccoli, delle micro-imprese? Non pervenuta. Miserie, che sparirebbero immediatamente se la Sicilia avesse quella fiscalità di vantaggio senza la quale nulla può sopravvivere.

Quindi a evadere sono solo i forti.

Ebbene, c’è qualcosa che non quadra, o che è gravissimo.

Intanto Fiumefreddo non doveva aspettare la Bindi per denunciare tutto ciò, altrimenti è responsabile anche lui. Le notifiche avvengono ormai anche tramite PEC. Quanto investe la Regione in contrasto all’evasione, in tecnologie informatiche? Nulla, nulla di serio a quanto pare. 

Ma, ad ogni modo, l’ordinamento dispone di tutti gli strumenti coercitivi per costringere gli evasori a pagare. Esiste anche in Sicilia la Guardia di Finanza. Esistono anche in Sicilia i tribunali.

Lasciamo stare i grandi comuni siciliani, i quali – amministrati da ascari senza soldi – invece di chiedere alla Regione quanto spetta loro e soprattutto di fare rispettare almeno lo Statuto, invece di regalare miliardi a Roma, preferiscono tacere, per la loro carriera politica, accorrere numerosi quando viene “uno potente da Roma”, come con i vergognosi “selfie” dei nostri sindaci alla Valle dei Templi, e poi magari, cialtronescamente, non pagare le tasse mettendosi così dalla parte del torto. Cosa hanno da dire Bianco o Orlando su quanto dice Fiumefreddo? Sarebbe interessante sapere se diranno qualcosa, ma staranno zitti, c’è da esserne certi.

Ma i grandi criminali da chi sono protetti? E soprattutto i petrolieri?

Delle due l’una: o Riscossione Sicilia non ha attivato tutti gli strumenti coercitivi e repressivi di cui dispone non meno di Equitalia, e allora Fiumefreddo sarebbe complice di questa evasione di massa, e sta ora soltanto alzando una cortina di “pruvulazzu”, ovvero lo ha fatto, ma in questo caso è proprio lo Stato italiano il garante ultimo di questa evasione, con la propria inerzia.

Temiamo che le cose stiano proprio così e spieghiamo perché.

Qui – si badi – il derubato è la Sicilia, non lo stato italiano; la Sicilia alla quale dovrebbero andare i nostri tributi.

Allo Stato non interessa. Lo Stato si prende quello che vuole sul raccolto, e se Regione e Comuni, e con loro tutti i servizi pubblici, restano a secco, … problemi loro, perché la Sicilia non vive di finanza derivata, ma sopravvive di finanza propria, cioè dei tributi che riesce a raccogliere nel proprio territorio.

E perché lo Stato italiano protegge i petrolieri delle multinazionali? Perché proteggerebbe la “mafia”? Su cosa si fonda il consenso dei partiti italiani in Sicilia?

Qui è la Sicilia ad essere derubata da petrolieri e delinquenti, e lo Stato quanto meno sta a guardare (se Fiumefreddo ha detto la verità, beninteso). E invece si alzerà il polverone “contro” la Sicilia, vogliamo scommettere? Alla fine la colpa sarà – manco a dirlo – dello Statuto siciliano.

Non vediamo l’ora di andare al potere in Sicilia e scortare gli esattori siciliani sulle piattaforme off-shore con la nostra polizia. Accussì a tutti ci finisci ‘u babbìu.

Ma, per far questo, abbiamo bisogno dei Siciliani.

 

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