ALLA DOMANDA PERCEPITA COME “SECONDO VOI I POLITICI SUNNU TUTTI CURNUTI?” I SICILIANI HANNO DATO UNA RISPOSTA, LA PIÙ OVVIA

Il Sì alla controriforma oligarchica della partitocrazia italiana, già votata in Parlamento dal 97% della casta per blindarsi, ha vinto. Se ne prenda chiaramente e serenamente atto. Ma non vogliamo oggi parlare del passo indietro che ha fatto la democrazia in Italia: le nostre motivazioni della vigilia del voto non sono cambiate, le rivendichiamo con orgoglio e su questo non c’è molto da aggiungere.

Vogliamo però riflettere su un dato forse ancora più importante, che sintetizziamo così.

Due Siciliani su tre, intanto, hanno completamente disertato le urne.

E tra quel terzo che si è scomodato per andare a votare, tre su quattro hanno approvato la riduzione del numero dei Parlamentari, e – c’è da giurarci – lo avrebbero fatto per qualunque numero, qualcuno addirittura forse anche per l’abolizione totale del Parlamento, se dobbiamo interpretare gli umori che abbiamo raccolto per strada e sul web. Nessun endorsement al governo o a questo o quel partito, invece, se non da parte di qualche piccola minoranza.

Il NO dei Siciliani è più definito e radicale, anzi – diciamolo – anche a tratti preoccupante. È il NO definitivo, di chi non crede più alla politica e alla democrazia, di chi non si sente neanche più cittadino, ma soltanto suddito, e perciò volta le spalle definitivamente alla finzione di democrazia e si rifugia nella sua vita privata, dove cerca di sopravvivere.

Noi non giustifichiamo questa soluzione asociale, ma abbiamo il dovere di capirla, e, con un paziente lavoro, di tentare di riscattarla. Anzi, noi siamo qua essenzialmente per questo.

Chi non va a votare semplicemente non crede più nello Stato italiano e nemmeno nella possibilità di incidere: per lui, come dice l’uomo della strada, “sunnu tutti curnuti!”

Ma anche il Sì, che pure non condividiamo, va letto nello stesso modo e rispettato; anche il Sì è fatto nella sua stragrande maggioranza da gente che non crede più nello Stato italiano. Il Siciliano che è andato a votare lo sa, lo sa bene che così sta perdendo rappresentatività, ma – cosa gravissima – avendo perso ogni speranza sulla possibilità che questa rappresentatività possa difenderlo, la vuole uccidere di propria mano. Lo abbiamo letto in queste settimane dai commenti di molti cittadini, certamente in buona fede. Il denominatore comune era: “Perché? Quando mai gli eletti in Sicilia hanno rappresentato la Sicilia? Tanto vale farli diminuire”. E quindi, ancora una volta: “Sunnu tutti curnuti!”.

Questo è il risultato devastante di due secoli di colonialismo italiano e di parassitaria intermediazione di una politica clientelare, così pervasiva che 11/12 di Siciliani sono arrivati al punto di negare che possa mai esistere un’alternativa. Undici dodicesimi di Siciliani hanno PERSO OGNI SPERANZA.

E però, con tanto, tutto il rispetto, per questo sentimento negativo e depresso, che va capito, interpretato, tutto quel che vogliamo, noi dobbiamo avere sempre il coraggio, supportati per ora da quel restante dodicesimo (un quarto di un terzo) che invece non ha ammainato la bandiera della speranza, di pensare che UN’ALTRA SICILIA È ANCORA POSSIBILE. Molti, moltissimi Siciliani hanno perso ogni speranza. NOI NO!

Oggi la Sicilia sembra la brutta copia di un’Italia che pure essa è un paese in declino. La mortificazione del Parlamento, di cui la mutilazione dell’Assemblea del 2013 in Sicilia da 90 a 70 rappresentanti è stata un assaggio, è sempre segno di decadenza.

Noi abbiamo 70 deputati, la Catalogna 135, la Scozia 129 e la Baviera addirittura 205. Sono loro la “casta” o i nostri 70? Siamo noi che abbiamo capito tutto o non abbiamo capito nulla? È la quantità che fa peggiorare la qualità o non è piuttosto il viceversa? Quando la rappresentanza si restringe, si restringe anche la competizione e la qualità fatalmente peggiora.

Continueremo per questo a presidiare il diritto dei Siciliani che vogliono essere rappresentati e che credono nella democrazia, ad avere un punto di riferimento. Non ci sono scorciatoie. Tutti i nazionalismi si sono serviti di rappresentanze nei parlamenti statali per difendere i loro popoli. Domani ciò sarà più difficile, certo, ma la strategia non cambia, dovessimo farlo anche con un solo agguerritissimo senatore. C’è una minoranza di Siciliani non rassegnati e merita rispetto.

Noi abbiamo il dovere di dare una risposta a questi Siciliani che credono ancora, che sperano ancora, non possiamo cambiare idea secondo i sondaggi o ammainare la bandiera di libertà che poi è la nostra ragione sociale.

Ma dobbiamo anche parlare con gli altri, con la maggioranza dei Siciliani, quella sfiduciata dei “Sunnu tutti curnuti!”. Anche perché – diciamolo pure – per quello che si è visto sinora da chi ci ha rappresentato, non possiamo che essere d’accordo con loro.