SISTEMA METRICO SICULO

Il sistema di pesi e misure in vigore in Sicilia prima dell’annessione all’Italia – è noto – non era il Sistema Metrico Decimale ed i suoi derivati giunti fino al moderno Sistema Internazionale. Con un interesse esclusivamente storico, troviamo giusto che i Siciliani di oggi conoscano i pregi e la precisione del sistema con cui i nostri avi misuravano e pensavano, anche per poter leggere documenti d’archivio o capire espressioni relativamente recenti. Si propone di seguito tale sistema, più volte corretto nei secoli e che trovò una sistemazione scientifica ai primi dell’Ottocento in un momento eccezionale della nostra storia e per l’opera di valentissimi scienziati (Piazzi, Marabitti, Cacciatore ed altri).

Misure di lunghezza:

Unità fondamentale è il Palmo Siciliano (Parmu Sicilianu) pari a cm 25,80978.

Così il Metro lineare sarà pari a Palmi 3,8745.

Da notare che il Palmo è molto simile alle misure in vigore in Europa prima dell’avvento del sistema decimale. Ad esempio un antico Piede romano era pari a cm 29,56 ovvero il Piede anglosassone o russo è pari a cm 30,48, cioè a circa 1,18 Palmi siciliani.

Visivamente:

quelli d’antico regime, precedenti alla rivoluzione decimale di fine Settecento:

1/12 di Palmo era un’Oncia lineare (Unza liniari), pari a cm 2,150815 (esattamente come un pollice inglese è pari a 1/12 di piede, cioè a circa cm 2,54);

a sua volta 1/12 di Oncia era una Linea (Linia), pari a mm 1,79234583 (un po’ meno della corrispondete “line” inglese, pari a circa mm 2,11 e anch’essa pari a 1/12 di pollice);

infine, particolarità del sistema siculo, la piccolissima Linea si divideva ancora in 12: 1/12 di Linea era la microscopica misura, ai limiti della visibilità ad occhio nudo, di un Punto (Puntu), pari a circa mm 0,15, ovvero – se si preferisce –  a 1.493,62152778 micron, in pratica il diametro di un puntino disegnato con un’affilatissima matita.

I multipli, anch’essi in numero di tre, erano i seguenti:

8 Palmi costituiscono una Canna Siciliana, pari a 2,0647824 metri (qui la lunghezza anglosassone più simile è il fathom, 2 iarde, pari a m 1,8288);

16 Canne, a loro volta, fanno una Corda pari a m 33,0365184, unità di misura molto significativa perché pari al lato del quadrato di superficie pari a un “Tùmminu”, assai in uso nelle misure agrarie fino praticamente ai giorni nostri;

45 Corde, infine, (o – se si preferisce – 5760 Palmi) costituiscono il Miglio Siciliano (Migghiu Sicilianu), pari a km 1,486643328, usato per misurare le distanze stradali e le più lunghe distanze in genere.

Da notare che “questo” miglio è assai più simile a quello antico romano (km 1,478) che non ai corrispondenti anglosassoni, significativamente più lunghi (quello terrestre pari a circa 1,6 km e quelli marittimi pari a circa 1,852 km). In ogni caso è evidente la comune “parentela” che accomuna tutte queste misure con la particolarità che quelle siciliane sono sempre un po’ più piccole di quelle comuni europee.

Visivamente:

Misure di superficie:

Non ci sono particolarità di rilievo: esse sono semplicemente il quadrato di quelle lineari.

Avremo così – a base di tutte –  il Palmo quadrato (Parmu quatratu), pari a circa 6,66 dm².

Similmente l’Oncia quadrata, la Linea quadrata, il Punto quadrato, la Canna quadrata, la Corda quadrata, il Miglio quadrato. Va da sé che l’Oncia quadrata è 1/12² = 1/144 di Palmo quadrato, e così la Linea quadrata è 1/144 di Oncia quadrata e il Punto quadrato è 1/144 di Linea quadrata.

Per le misure dei terreni, particolarmente usate tutt’oggi, ci sono nomi particolari come nel sistema internazionale, ma molto più dettagliati.

La Canna quadrata, pari a circa m² 4,26333, ovvero 8² = 64 Palmi quadrati, è detta Quartiglio (Quartigghiu) ed è la misura di terreno minima, pari a meno di 1/23 di centiara.

Da questa poi si sale per multipli di 4.

4 Quartigli fanno un Carrozzo (Garrozzu), pari a circa m² 17,05331, pari a poco più di 1/6 di Centiara.

4 Carrozza fanno un Coppo (Coppu), pari a circa m² 68,21322, pari a poco più di mezza centiara.

4 Coppa fanno un Mondello (Munnìu), pari a circa m² 272,85289, pari cioè a 2 centiare e 72 centesimi circa ovvero ancora circa ¼ di ara.

4 Mondella fanno un Tumulo (Tùmminu) pari a circa m² 1091,41155, pari cioè a poco più di un’ara. Da notare che come il Quartiglio è pari ad una Canna quadrata, così il Tumulo è pari ad una Corda quadrata.

16 Tumuli, infine, fanno una Salma (Sarma) pari a m² 17.462,584768, ovvero a un po’ meno di 1,75 ettari, ovvero 46 = 4096 Quartigli, che è la misura più grande in assoluto per la misura dei terreni. Da notare che “l’anello mancante” tra il Tumulo e la Salma (la quale si moltiplica per 16, cioè per 4 e poi ancora per 4) sarebbe pari a 4 Tumuli o a ¼ di Salma ed è straordinariamente vicino all’Acro anglosassone (0,43 ha contro 0,40) a riprova della stretta parentela tra i due sistemi di misurazione.

Il Miglio Quadrato, usato solo per le misure geografiche, sarà pari a 45² = 2025 Tumuli = 126,5625 Salme, ovvero ancora a km² 2,21011. La Sicilia ha un’estensione di Miglia sicule quadrate 11.632.

Visivamente:

Misure di Volume e Capacità:

Le misure di volume sono semplicemente date dal cubo di quelle lineari.

Punto di partenza di tutte è quindi il Palmo cubo (Parmu cubu), pari a  circa dm³ (o litri)17,19305.

In teoria i tre multipli e i tre sottomultipli del Palmo cubo coprono ogni esigenza. In pratica, però, tra queste misure c’è troppa distanza (come nel sistema internazionale), al punto che le misure di volume si prestano bene soltanto per misurare il “piccolissimo” ed il “grandissimo”. Si vedano le seguenti equivalenze per i sottomultipli.

Un’Oncia cuba è pari a 1/12³ Palmo cubo = 1/1728 Palmo Cubo = 9,949681cm³ (o ml).

Una Linea cuba è pari a 1/12³ Oncia cuba = 1/1728 Oncia cuba = 5,757917 mm³.

Un Punto cubo è pari a 1/12³ Linea cuba = 1/1728 Linea cuba = 3,332128 decimillimetri cubi.

E parimenti per i multipli.

Una Canna cuba è pari a 8³ Palmi Cubi = 512 Palmi cubi = 8,802841 m³ (o Kl).

Una Corda cuba è pari a 16³ Canne cube = 4096 Canne cube = 36,05644 Dam³.

Un Miglio cubo è pari a 45³ Corde cube = 91125 Corde cube = 3,285643 Km³.

Come si vede si tratta di misure che rapidamente divergono verso gli estremi e quindi sarebbero di scarsa utilità nella pratica.

Così, per gli usi quotidiani, si usano le misure di “capacità” (un po’ come il litro e derivati nel sistema metrico decimale) che presentano salti di ordine di grandezza minore.

La differenza fondamentale rispetto al sistema internazionale, anche se puramente formale, è che ci sono due scale, una per gli “aridi” ed una per i “liquidi”, anche qui come nei sistemi europei tradizionali e in quello anglosassone.

La prima, quella per gli aridi, è ricalcata sulle corrispondenti misure di superficie terrestre.

Un Palmo cubo (litri 17,19305) è fatto pari a un Tumulo solido e da questo si passa a multipli e sottomultipli con il fattore costante di 4 (più o meno come nel sistema anglosassone).

MULTIPLI:

4 Tumuli fanno una Bisaccia solida (Visazza), pari a 68,772120 litri.

4 Bisacce fanno una Salma solida, pari a 2,750888 ettolitri.

SOTTOMULTIPLI:

¼ di Tumulo, invece, fa un Mondello solido, pari a litri 4,2982625.

¼ di Mondello fa un Coppo solido, pari a litri 1,074566.

¼ di Coppo fa un Carrozzo solido, pari a decilitri 2,686414.

¼ di Carrozzo, infine, fa un Quartiglio solido, pari a centilitri 6,716035.

Da notare che tutte le unità di capacità sono superiori al sottomultiplo immediato del Palmo cubo (l’Oncia cuba che è 1/6,75 del Quartiglio solido) ed inferiori al suo multiplo immediato (la Canna cuba che è pari a 32 Salme solide), dando vita nel complesso ad una scala di misurazione molto dettagliata.

La seconda, quella per i liquidi, ha una sua autonomia tratta dal mondo pratico e dai recipienti più in uso un tempo, ma sempre “scientificamente” legata all’unità di misura fondamentale che è il Palmo Siciliano.

Qui un Palmo cubo (litri 17,19305) è fatto pari ad una Quartara (l’antica anfora) e da questo si passa a multipli e sottomultipli.

MULTIPLI:

2,5 Quartare fanno un Barile (Barili), pari a litri 42,982623.

16 Barili (ovvero 40 Quartare) fanno una Botte (Vutti), pari a litri 687,721971.

SOTTOMULTIPLI:

1/40 di Quartara, invece, fa un Quartuccio (Quartucciu) pari a decilitri 4,298262.

La metà di un Quartuccio fa una Caraffa (Bucali), pari a decilitri 2,149131.

La metà di una Caraffa fa un Bicchiere o Quartino (Quartinu), pari a decilitri 1,074566.

La metà di un Quartino, infine, fa un Gotto (Gottu), pari a centilitri 5,372828.

Anche qui – come si vede – si tratta di misurazioni molto dettagliate e tutte comprese tra l’Oncia cuba (1/5,4 di Gotto) e la Canna cuba (20,48 volte una Botte). Qui la parentela con le unità anglosassoni si fa lontana perché al di là dell’assonanza di alcuni termini (Barrel o Quart) le corrispondenti misure sono molto distanti.

Misure di Peso:

La misura di peso fondamentale è il Rotolo Siciliano (Ròtulu) pari esattamente a Kg 0,793419.

Questa misura non era casuale, ma era legata a quelle di estensione da un preciso rapporto: un Rotolo era infatti pari esattamente al peso di 80 Once cube di acqua distillata, pesata in Palermo alla latitudine di 38° 8’ ed alla riva del mare sotto la pressione barometrica di 760 millimetri, ed alla temperatura di 22° 275 di termometro centigrado. Altra definizione che legava massa ed estensione, più antica ma non meno esatta della precedente era quella che equivaleva un Rotolo al peso della quantità d’olio d’oliva comune compresa nel Quartuccio (1/20 di Palmo Cubo) alla temperatura media di 64 ° Fahrenheit.

Per i multipli, e soprattutto per i sottomultipli, ne avremo di due tipi, come nel sistema anglosassone: quelli alla grossa (o Avoir-du-Pois) e quelli alla fina (Troy).

Misure alla grossa:

Multipli:

10 Rotoli fanno un Cafiso (Cafisu), pari a Kg 7,93419;

100 Rotoli  (10 Cafisi) fanno un Cantaro (Càntaru), pari a Kg 79,3419.

Per i prodotti agricoli è disponibile anche una serie di multipli derivati dalle corrispondenti misure di superficie e di volume:

Unità base è il Tumulo di Peso, pari a 20 Rotoli, ovvero a Kg 15,86838;

4 Tumuli fanno una Bisaccia, pari a 80 Rotoli, ovvero a Kg 63,47352;

4 Bisacce fanno una Salma di Peso, pari a 320 Rotoli, ovvero a quintali 2,5389498;

al contrario, ¼ di Tumulo è un Mondello di Peso, pari a 5 Rotoli, ovvero a Kg 3,967095;

¼ di Mondello è un Coppo di Peso, poco piú di 1 Rotolo (1,25 per l’esattezza), pari a Kg 0,99177375;

¼ di Coppo, il Carrozzo di Peso è in realtà un sottomultiplo del Rotolo (5/16 di Rotolo), pari a 2,479434375 ettogrammi;

¼ di Carrozzo, infine, il Quartiglio di Peso, è misura poco usata, pari a 5/64 di Rotolo, ovvero a g 61,985859375.

Essendo la misura più grande (la “Salma di Peso”) una misura particolarmente grande (ben più di un quintale e circa un quarto di tonnellata) non si sente il bisogno di pesi di ordine superiore.

Sottomultipli (veri e propri):

l’Oncia Grossa, pari a 1/12 di Rotolo, ovvero g 66,11825 (un po’ piú di un Quartiglio di Peso);

la Quarta Grossa, pari a ¼ di Oncia, ovvero g 16, 5295625.

Misure alla fina:

Si tratta, ovviamente, solo di sottomultipli del Rotolo per misure di precisione.

Il 40 % di un Rotolo è una Libbra, pari a  Hg 3,173676 (misura ancora piuttosto grossa, superiore al Carrozzo di Peso).

1/12 di Libbra è un’Oncia Fina, pari a g 26,4473 (notare la sensibile differenza con quella grossa).

¼ di Oncia Fina è una Quarta Fina, pari a g 6,611825.

Mezza Quarta fina è una Dramma, pari a g 3,3059125.

1/3 di Dramma è uno Scrupolo o Denaro, pari a g 1,10191083333 (circa un grammo);

1/24 di Scrupolo è un Coccio o Grano, pari a mg 45,915451388888.

1/8 di Coccio, infine, è pari ad un Ottavo, la misura di peso minima del sistema siculo, pari a mg 5,739431423611111 (in pratica poco meno di 6 milligrammi).

Qui la parentela col sistema anglosassone ancorché evidente è piuttosto lontana, soprattutto nelle misure alla grossa: l’oncia grossa, la dramma, il grano, la libbra esistono ma con pesi sensibilmente diversi da quelli siciliani. Si avvicina la libbra inglese “fina” (Pound) pari circa a Hg 3,73 che si divide pure in 12 once fine (Ounce), la quale si divide in 20 Pennywight (grosso modo corrispondenti al nostro scrupolo) il quale si divide ulteriormente in 24 grani (Grain).

Misure di tempo:

Il tempo in Sicilia non aveva misurazioni diverse da quelle in uso nel Continente europeo ma, in un’epoca in cui non esistevano i fusi orari la storia della misurazione del tempo aveva nella Nostra Terra le sue peculiarità.

Prima che nel 1893 entrasse in Italia la Convenzione Internazionale che ha diviso il mondo in “fusi” che distano un numero intero di ore da Greenwich e che è stata progressivamente accettata da tutto il mondo, ogni paese aveva la sua ora ufficiale. I francesi, per orgoglio nazionale, resistettero per una ventina d’anni circa legando il loro orologio al “meridiano di Parigi” sfasato di circa 9 minuti rispetto a quello di Londra ma poi, giustamente, si arresero.

Venendo alla Sicilia, si resta sorpresi dal fatto che – anche dopo la c.d. Unità d’Italia – il tempo non era in linea con il resto del Paese ma aveva una “sua” ora ufficiale.

L’uso di avere ore ufficiali si era diffuso con i moderni osservatori astronomici, anche se era lecito, per gran parte del XIX secolo, riferirsi anche all’ora naturale locale. Così nel Regno di Sicilia e poi nella Sicilia all’interno delle Due Sicilie, si poteva misurare il tempo con “l’ora di Palermo”, misurata nel meridiano passante esattamente per l’osservatorio astronomico posto sul Palazzo Reale, ovvero con le ore locali (Girgenti, Catania, Messina,…)sfasate di pochi minuti rispetto a quella ufficiale.

Per inciso, da quell’osservatorio fu scoperto nel XVIII secolo il primo dei Pianetini che l’astronomo Piazzi, pur soltanto siciliano d’adozione, volle dedicare alla patrona pagana della Sicilia, Cerere. E tutt’oggi il mondo chiama il più grande dei Pianetini tra Marte e Giove con questo nome tutto siciliano.

A tale eccessivo liberalismo pose termine una legge del 1866 che impose per tutta la Penisola l’ora del meridiano di Roma (allora ancora sotto il Papa), avanti rispetto a Londra di 49’ e 56”. Ma la stessa legge lasciò le due grandi isole come “paesi a sé”; così l’ora ufficiale di Sicilia fu regolata secondo il Meridiano di Palermo (53’ e 24” avanti rispetto a Greenwich) e quella di Sardegna secondo il meridiano di Cagliari (36’ e 24” avanti rispetto a Greenwich).

La disposizione – se al limite era comprensibile per la Sardegna, sensibilmente ad ovest rispetto alla Penisola (ma in linea con gli ex stati piemontesi che però avevano l’ora di Roma) – era paradossale per la Sicilia che, seppur di un soffio ad est rispetto a Roma, era ad ovest di tutte le regioni dell’ex Regno di Napoli (Abruzzi e Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabria) le quali, pure, erano legate al meridiano romano.

Così chi prendeva il “postale” da Napoli a Palermo o anche soltanto chi varcava lo stretto da Villa S.Giovanni a Messina doveva mettere avanti le lancette di ¾ minuti ed anche gli orari ferroviari erano espressi in “ora locale” come quando oggi si atterra in un paese lontano. Situazione forse simpatica nella sua particolarità etnica ma ancor più paradossale se si pensa che si portavano le lancette avanti andando da est ad ovest e non – come accade normalmente – da ovest verso est. L’unica spiegazione storica plausibile è che a quel tempo la comunità politica nazionale italiana sentiva “naturalmente” la Sicilia e la Sardegna come due “dipendenze dello Stato Italiano” (specie di territorio metropolitano d’Oltremare), aventi identità geo-politica distinta da quella italiana.

Come tutti gli stati europei avevano allora un’“ora nazionale”, così pure l’avevano la Sicilia e la Sardegna, evidentemente considerate quasi due nazioni a sé.

Ad ogni modo, se vogliamo sapere qual è l’ora siciliana basta che consideriamo sempre l’ora solare (quella legale è stata introdotta solo nel 1916) e portiamo indietro le lancette di 6’ e 36”.

Un’altra curiosità, ma fino a un certo punto, era che l’anno amministrativo e fiscale, un po’ il corrispondente dell’anno finanziario di oggi, non era l’anno solare, ma l’anno indizionale. Le date erano segnate con l’anno solare, ab incarnatione, cioè d.C. Ma l’anno amministrativo e finanziario non andava dall’1 gennaio al 31 dicembre, bensi – proprio come l’anno scolastico di oggi – dall’1 settembre al 31 agosto. A loro volta gli “anni indizionali” erano raggruppati in cicli da 15, che partivano dal 311/312, quando l’imperatore Diocleziano lo aveva adottato per l’Impero Romano. Poi Giustiniano lo aveva fissato nel Corpus Juris. E così tutto il mondo bizantino, fino alla sua fine, adottò questo sistema di computazione del tempo. In Europa occidentale restò diffuso per tutto l’Alto Medioevo e, in alcuni paesi, anche in età moderna.

La Sicilia, come “provincia” ideale di un Impero Romano-Cristiano che non esisteva più, rimase fedele a questa prescrizione più che ogni altra terra al mondo. Anche quando il Corpus Juris fu superato dai Codici Ferdinandei, nel 1820, in Sicilia l’anno amministrativo in uso continuò ad essere quello indizionale praticamente sino all’Unità d’Italia.

Unità di valore:

Per completezza si riportano le unità di conto e di valore in uso in Sicilia fino al 1860, sebbene sin dal 1734 fosse stata stabilita la parità perpetua fra 3 Ducati napoletani e 1 Onza siciliana, prima di questa data oscillanti tra di loro.

Moneta aurea = Onza siciliana (450 € ?)

Moneta argentea = Tarì = 1/30 di Onza (15 € ?)

Moneta divisionale = Grano = 1/20 di Tarì (75 Eurocent ?)

                                   Picciolo = 1/6 di Grano (12,5 Eurocent ?)

Nell’ultimo periodo (1816-1860) queste furono solo monete di computo e della primitiva carta moneta (i titoli apodissari del “Banco”), perché la monetazione metallica, con un’eccezione nel 1836, presto ritirata, fu concentrata a Napoli dove c’erano i Ducati delle Due Sicilie e un sistema pressoché decimale. Da notare però che Napoli stessa monetava in Ducati ma “pensava” in Onze. Infatti le monete di maggior valore erano quelle da 3, 6, 15 e 30 ducati. Numeri strani? No, affatto, perché in realtà si avevano in mente le 1, 2, 5 e 10 Onze sicule, alla base dell’intero sistema.

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Tanto dovevamo alla memoria. Oggi che farne? Magari dei gadget, per turisti. Una bella “canna sicula”, di legno, con le doppie misure, sicule e decimali da una parte e dall’altra, facilmente ripiegabile in 8 parti, ciascuna quindi pari a un palmo. O piccole bilance che danno il peso espresso nelle due unità di misura. O medaglie raffiguranti le monete antiche. Chissà. L’identità ha anche un valore economico, da non buttar via. O anche nulla, se non la capacità di leggere e comprendere un documento o contratto antico. La memoria di per sé per noi vale.

 

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