Munnizza siciliana: si va chiarendo il complesso di interessi che stanno dietro l’emergenza

Gioco delle parti sulla pelle dei Siciliani, fatto di incompetenze e di scelte irresponsabili, ma anche e soprattutto di interessi sporchi, più sporchi dell’immondizia. Vi spieghiamo perché… Ma c’è una speranza: l’esempio di Zafferana Etnea

 

L’unica cosa che sappiamo e che vediamo, noi cittadini siciliani, è che paghiamo la TARI più alta d’Italia e non viviamo più in un paese civile. Non è una crisi temporanea o di una città, Palermo, è una crisi di sistema, che colpisce l’isola in tutte le sue parti, piccole isole e zone turistiche comprese. Vediamo, ci desoliamo e viene voglia di fuggire. Poi vediamo i politici litigare, e cercare di strumentalizzare la crisi, e la rabbia aumenta. Vogliamo capire. Perché negli anni ’90 la crisi dei rifiuti era solo a Napoli e noi vivacchiavamo, galleggiavamo su vecchi metodi di raccolta, come se il progresso da noi non dovesse mai arrivare, e proprio allora qualcuno preparava l’emergenza, quella emergenza per cui l’immondizia sarebbe diventata un pozzo senza fondo, oro per chi la maneggia. All’inizio era solo un modo come un altro di vendere “posti” in cambio di voti. Anziché dotare la Sicilia di investimenti e di mezzi moderni, la si dotava di un numero imprecisato di operatori ecologici. Nella mentalità post-sovietica del cuffarismo, che oggi non si sa perché qualcuno rimpiange, furono costruite società pubbliche di diritto privato, gli ATO-rifiuti, dove stoccare migliaia e migliaia di clientes, che si aggiungevano alle esistenti società municipalizzate, anch’esse piene zeppe di personale più che di mezzi. Il deterioramento, dei conti e della raccolta, era nelle cose, e prima o poi doveva avvenire. Nell’era Lombardo ci si rese conto che il sistema era insostenibile, ma la risposta non fu per questo molto lungimirante. Si volle centralizzare tutto in capo alla Regione, attraverso le SRR, ma il costo del personale, che infatti da allora è rimasto qua e là a bagnomaria, non si è mai capito chi lo dovesse pagare. La crisi finanziaria della Regione e dei Comuni ha solo peggiorato e fatto esplodere una situazione che già era compromessa da anni. Ma la crisi finanziaria è solo un aspetto del problema. Si fanno fallire società, come l’AMIA di Palermo, per costruirne nuove che nascono già mezze fallite. Non ci sono soldi per la raccolta differenziata, per i nuovi cassonetti o campane, per gli autocompattatori, perché quei pochi che ci sono servono per i dipendenti infornati a più riprese e oggetto di un mercato delle vacche elettorale (poi ci si chiede perché in Sicilia vincono o vincevano sempre gli stessi partiti). Ma – come dicevamo – la crisi finanziaria e la poca lungimiranza di molti comuni che non hanno mai spinto sulla differenziata o su criteri moderni di riciclo o riuso alternativo dei rifiuti, non è il più importante degli aspetti della crisi di oggi. Il vero segreto che si cela dietro questa emergenza è l’emergenza stessa, dietro la quale si nascondono tanti tipi di speculazione. L’emergenza fa saltare le garanzie di trasparenza degli appalti pubblici. Chi è nominato “commissario”, sia esso “regionale” o “statale”, dispone di un potere economico, e quindi politico, del massimo rilievo, che si gioca come vuole. Ci sono benefici “lontani” nel tempo da questa emergenza, e benefici “vicini”, ma mangiano un po’ tutti. Quelli lontani, tentati già dai tempi di Cuffaro e poi accantonati, sono la realizzazione di “mega-inceneritori”, che brucino in Sicilia i rifiuti di mezza Italia. Questo “mezzuccio” consente intanto di affidare appalti miliardari a chi realizza l’opera. Poi profitti milionari a chi li gestisce, e proventi tributari allo Stato che – c’è da giurarci – alla Sicilia non lascerà neanche le briciole. Nel sottobosco locale si potrà dare qualche “pusticeddu” a qualche cliente elettorale. Ai Siciliani resterà l’inquinamento da polveri sottili e una tecnologia superata. Pazienza. Fra le speculazioni vicine ci sono gli affidamenti d’urgenza alle discariche non a norma. Gli affidamenti d’urgenza alle ditte di trasporto che portano all’estero l’immondizia. Lo smaltimento d’urgenza esterno all’Isola. E tanto altro ancora sul quale la Magistratura farebbe bene ad alzare il coperchio. Chi paga questo disservizio? Nell’immediato lo paghiamo noi siciliani, con il disservizio stesso che è sotto i nostri occhi. Ma poi i Comuni, che non avranno i soldi per tutti questi trattamenti d’urgenza che il commissario statale o regionale scaricherà loro, e che quindi lo scaricheranno a loro volta sui cittadini, attraverso la TARI, che si avvia certamente ad essere triplicata, almeno per chi avrà ancora la forza di pagare. Ma ci manderanno i loro esattori a scorticarci vivi. Gli interessi sono interessi, e qualcuno deve pagare. Non ci illudiamo di avere città pulite. Quando ci andrà bene, come è avvenuto in questi anni, saranno “così così”, con la crisi sempre tenuta appena sotto controllo, pronta da un momento all’altro ad esplodere per fare altri affidamenti d’urgenza. E, in questo, la salute nostra andrà a farsi benedire. L’aria è inquinata in maniera grave, aggravata dai roghi spontanei applicati dalla cittadinanza in preda alla disperazione. Ma anche l’acqua. Perché lo smaltimento dell’umido nelle discariche reperite, sempre d’urgenza, non sarà a norma. I nostri mari sono sempre più inquinati, e così le nostre falde acquifere. Ma gli interessi sono interessi, e qualcuno deve pur pagare. E in Sicilia, terra dei comitati d’affari, paga sempre l’interesse pubblico, soccombente sempre all’interesse privato. E la classe politica? Quella al potere litiga, e basta. Verrebbe voglia di portarli in piazza e dire loro: “Spiegate ai cittadini perché si devono tenere l’immondizia a casa e devono vivere nello squallore più totale”. Ma ci sarebbe il rischio di un linciaggio su pubblica piazza. Crocetta contro l’assessore voluto da Renzi. Il sottosegretario renziano, che passa più tempo in Sicilia a fare propaganda che a Roma a fare il suo mestiere, contro Crocetta. E la loro lotta tra le speculazioni piccole, volute dalla Regione, e quelle più ad alto livello, volute dallo Stato, che non appassiona nessuno, anzi irrita. Le opposizioni? Taciamo, per favore. Si lamentano, “ci bagnano il pane” in questa sciagura per sostituirsi a Crocetta. Ma le loro ricette non solo sono poche e ben confuse, ma sono contraddette dalla loro “mala gestio”, che ci parla di un modo di lavorare non diverso da quello oggi al potere. Più gravi le responsabilità del centro-destra, che ha governato, eccome, questa Sicilia e l’Italia stessa, partecipe, complice, delle stesse politiche sciagurate che oggi ci hanno portato al collasso. Ma poco convincenti anche le posizioni del 5 Stelle, che dove governa, non sposta dell’1 % la raccolta differenziata o altri modi innovativi di smaltimento, che in questa logica emergenziale dovrebbero trovare più spazio. No, non stanno dimostrando di essere migliori, ci dispiace. Forse l’esempio, eroico, la speranza, viene da quei pochissimi comuni dove alcuni sindaci, veramente indipendenti, hanno issato la bandiera dell’autonomia dai partiti italiani, da tutti i partiti italiani. Fra questi ci piace segnalare il Comune di Zafferana Etnea: lì il sindaco Russo, senza Crocetta, o Faraone, o Musumeci, o il 5 Stelle, anzi – vorremmo dire – nonostante loro, ha fatto raggiungere alla differenziata l’88 %. Come ha fatto? Chiediamoglielo, ed esportiamo il modello in tutta la Sicilia. Magari si scopre che il fatto di avere buttato in discarica i partiti italiani sia stata la vera ricetta che ci consegna una Sicilia più pulita e una speranza.

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