Un Memoriale del “Regno di Sicilia” per una capitale da ritrovare.

 

Riceviamo una lettera, con una proposta – che condividiamo – per dotare la Sicilia come tutte le Nazioni europee di un memoriale che ricordi i personaggi storici “fondatori” del più lungo precedente storico di uno Stato di Sicilia indipendente: il Regno di Sicilia.

Quelli che altrove sono i “padri fondatori”, da noi sono presentati come “dominazioni” per educare il popolo siciliano colonizzato all’autorazzismo. Quella che altrove è presentata come la resistenza delle classi dirigenti locali alle invasioni o dominazioni esterne, da noi è presentata come reazione “di classe”, “baronato cattivo e retrogrado”, contro il dominatore esterno “buono” che chissà quali forme di giustizia sociale avrebbe potuto fare se i Siciliani non avessero resistito a difendere la propria indipendenza.

C’è una storia intera da riscrivere, a partire dalla riappropriazione della propria identità nazionale. Come tutte le Nazioni, non abbiamo solo un Territorio e un Popolo, ma anche una Sovranità che per secoli è stata esercitata da un’entità statuale ben definita. Ed è di questa che dobbiamo riappropriarci: non “tante dominazioni fino alla liberazione di Garibaldi”, ma “tante dinastie di uno stato sovrano fino alla conquista di Garibaldi”, che è cosa diversa.

Gli autori individuano, molto concretamente, spazi precisi a Palermo, e personaggi storici definiti. È una scelta politica, che certamente dovrà riguardare soprattutto la fase indipendente del Regno di Sicilia con le tre dinastie Normanna, Sveva e Aragonese, naturalmente fino a tutto il Vespro incluso (1130-1412), ma non è da escludere che altrettanto si possa fare nelle principali città dell’Isola, e coinvolgendo anche fatti storici “nazionali” anticipatori del Regno di Sicilia (il Regno “Antico”, ad esempio, prima della conquista romana, e così via), o successivi, come fatti e personaggi successivi della storia di Sicilia e delle sue rivoluzioni indipendentiste (sotto il Viceregno, la Luogotenenza e dopo l’annessione all’Italia, dai Nuovi Vespri contro il Viceré Moncada fino ai Fasci Siciliani) arrivando all’epopea del 1944-46 (Finocchiaro Aprile e Canepa, ad esempio). 

Ecco, questo è un modo “attuale” di fare storia, positivo, non passatista, che guarda al futuro, proprio perché educa i Siciliani all’autostima.

Ma agli autori della lettera lasciamo la parola:

«Di seguito illustriamo l’idea di un memoriale “diffuso” del Regno di Sicilia da realizzarsi a Palermo. Per riscoprire l’orgoglio dell’appartenenza attraverso la bellezza.

Una premessa

Per quanto inusuale possa apparire riteniamo necessario introdurre l’idea con un esempio distante dalla nostra città, ma il cui significato risulterà presto chiaro. Riguarda un’altra capitale, la quale ha avuto dalla sua parte un destino più fortunato della nostra.
In cima alla facciata del Palazzo Reale di Madrid troneggiano – ai lati dello stemma del Regno di Spagna – le statue di due Re visigoti, Recaredo I e Liuva II. Nella vicina
Plaza de Oriente altre statue di Re visigoti si uniscono a quelle di successivi sovrani in una suggestiva sequenza di condottieri che dà il senso di una continuità storica ininterrotta. Da questa semplice osservazione è possibile ricavare l’idea che nella coscienza nazionale del paese iberico i visigoti siano percepiti come i “Padri della Patria” spagnola piuttosto che come dei “dominatori” stranieri, alieni alla cultura del paese.

Simili considerazioni, lungi dal limitarsi alla Spagna, potrebbero valere per altre grandi nazioni europee come l’Inghilterra, la Francia e persino la Russia, paesi il cui più antico nucleo statale fu generato da popoli germanici (anglosassoni, franchi, vichinghi) i quali, seppur arrivati da altrove, ben presto si integrarono all’interno del contesto socio-culturale “conquistato”, fino a divenire “inglesi”, “francesi” e “russi”.

Ed eccoci al perché dell’esempio sopracitato: solo nella nostra isola, in particolar modo dopo l’unificazione italiana, è stato possibile trasformare i casati susseguitesi alla guida del Regno di Sicilia – a partire dalla grande dinastia siculo-normanna degli Altavilla – in un’ininterrotta serie di “dominazioni straniere”. Tale onnipresente retorica – spesso agitata come un dato di fatto scientificamente provato – ha fatto sì che quelli che altrove sarebbero considerati “Padri della Patria”, in Sicilia siano invece diventati i “dominatori normanni”. In egual misura, quelle che nella storia di tutti gli stati d’Europa sono rappresentate come normali successioni dinastiche, nella vulgata alla moda sul Regno di Sicilia sono descritte come una sequenza di vessatorie dominazioni straniere, a cui l’imbelle popolo siciliano non seppe quasi mai opporre resistenza, restando passivo oggetto della storia altrui.

Tutto questo, per quanto possa apparire esagerato agli occhi più superficiali, ha contribuito a generare quel senso di inferiorità e di “autorazzismo” che costituisce uno dei più grandi mali del popolo siciliano e, soprattutto, dei cittadini palermitani, troppo spesso inconsapevoli del proprio passato e perciò privi di fierezza e amore per la città. Affinché Palermo e la Sicilia possano risorgere è quindi necessario sanare questa “malattia”, ricostruendo l’orgoglio dell’appartenenza ad una capitale e ad una nazione dal grande passato. Senza una rinnovata autocoscienza “nazionale”, infatti, nessuna battaglia per il riscatto e l’autodeterminazione della nostra terra sarà davvero suscettibile di vittoria.

L’idea

Ad oggi Palermo non mostra un visibile segno di riconoscenza nei confronti dei personaggi che la resero centro del più illuminato regno medievale, nonché città ammirata in tutto il mondo per la bellezza delle sue architetture. Palermo ha quindi bisogno di recuperare coscienza della sua grandezza storica, affinché possa finalmente emanciparsi dalla stereotipata immagine di città della mafia e del degrado fisico e culturale. Proprio nell’ottica di questa ricostruzione identitaria, il segno forte che proponiamo di incidere sulla città è costituito da un “memoriale” che celebri i fasti di Palermo capitale regia, prevedendo però non un’unica installazione artistica, ma una sequenza di monumenti (in ciò è la ragione dell’aggettivo “diffuso”) da posizionare in alcuni luoghi simbolo, peraltro contraddistinti da urgenti esigenze di riqualificazione.

Gli spazi interessati comprendono luoghi già inseriti nei tradizionali percorsi turistici, insieme ad altri che invece al momento sono mortificati da secoli di inaccettabile oblio, nascosti da un’urbanizzazione invadente e irrispettosa dei valori storici, ambientali ed artistici. L’idea di costituire tale memoriale come un vero e proprio percorso nasce dalla convinzione che gli effetti di quest’operazione debbano estendersi al tessuto della città senza concentrarsi in un unico punto. In tal modo la proposta offrirebbe l’occasione per dare avvio ad un piano di rigenerazione di alcuni problematici contesti urbani, nelle cui aree sorgono tesori quasi nascosti e dimenticati come, per esempio, il Castello di Maredolce.

Riteniamo che l’importante riconoscimento giunto dall’Unesco nel 2015 non possa rappresentare un punto di arrivo, ma al contrario debba costituire un impulso ad avviare un articolato e pluriennale progetto/programma culturale strutturato su una molteplicità di obiettivi tra loro coordinati, al fine di restituire a Palermo la dignità che le spetta, sia a livello urbanistico che socio-culturale. Solo in tal modo l’ambizione di rappresentare la capitale del Mediterraneo potrà dimostrarsi un sogno concreto piuttosto che un ormai vetusto esercizio retorico.

Aggiungiamo che, affinché l’idea possa ottenere gli auspicati risultati identitari, è necessario che le opere d’arte realizzate parlino un linguaggio scultoreo comprensibile al popolo, e quindi lontano dalle astrattezze alla moda, spesso percepite non a torto come imposizioni artistiche. A tal fine si potrebbe immaginare un concorso di progettazione (magari internazionale) per la selezione dei progetti, garantendo ai cittadini la possibilità di scegliere le idee maggiormente gradite. Ovviamente occorreranno attente analisi dello spazio delle piazze interessate, al fine di collocare le statue nelle posizioni più idonee ad armonizzarsi con il paesaggio urbano e ad aumentare l’effetto scenico complessivo. Consapevoli delle difficoltà insite nell’eventuale realizzazione di un simile obiettivo, soprattutto a causa della scarsità di fondi a disposizione degli enti locali, riteniamo prioritario il coinvolgimento del settore privato, mobilitando la cittadinanza ed in particolar modo il mondo della cultura, locale ed internazionale (pensiamo, per esempio, a storici britannici come John Julius Norwich e Jeremy Johns), con apposite campagne volte a rinsaldare l’identificazione dei siciliani con la propria storia.»

Petrucci Fabio, dottore in Relazioni Internazionali e Studi Europei

Priolo Angelo, dottore in Pianificazione Territoriale, Urbanistica e Ambientale 

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