La rivolta a metà dei sindaci siciliani

I Sindaci siciliani finalmente “marciano su Palermo”. La rivolta dei sindaci però appare una “rivolta a metà”

Vediamo perché.

 

Intanto perché ci si rivolge solo contro una brutta legge, brutta, non incostituzionale, ma non si va, MAI, al cuore del problema.

La legge in questione è quella per la quale se un Comune non approva il bilancio nei mesi consentiti per l’esercizio provvisorio, non decade solo il Consiglio, inadempiente, ma anche Sindaco e Giunta.

Già ne sono decaduti sette, ma con il fallimento strisciante di tutti i Comuni siciliani, un’applicazione indiscriminata della legge equivale a una sospensione generalizzata della democrazia in Sicilia e al Commissariamento di tutti i Comuni.

Finalmenti i sindaci si sono svegliati. Gli stessi che un anno fa circa si facevano sorridenti i selfie con Renzi. Si sono accorti che non hanno un centesimo, che sono tutti falliti. E che fanno allora?

Marciano su Palermo. Come se il loro vero problema si trovasse in Regione. Come se – tolta questa legge – possano continuare a galleggiare in mezzo ai debiti e alle inadempienze più o meno allegramente.

No, il problema è più generale. E l’ANCI Sicilia, Orlando in testa, porta la gravissima responsabilità di non aver mai preso una posizione chiara su questo.

Il problema è la “Questione Finanziaria Siciliana”. La madre di tutte le battaglie, ignorata dai sindaci, più o meno piddini o diversamente piddini, che oggi protestano, o fanno finta di protestare.

Crocetta non è solo responsabile di una cattiva legge. Discutibile, ma al limite rientrante nella potestà regionale esclusiva sugli enti locali.

Crocetta, per dire il Governo regionale, cioè in realtà Baccei, è responsabile di avere disseccato le risorse di tutti i Comuni Siciliani, ma non perché – questo è il vero punto – ha trasferito “altrove” questi soldi, bensì unicamente perché li ha REGALATI TUTTI A ROMA!

Questo ai Sindaci infuriati, evidentemente, non risulta. Non risultano ai Sindaci le due rinunzie al gettito dai contenziosi costituzionali estorti da Roma nel 2014 e nel 2016, SULLE QUALI NON HANNO AVUTO NIENTE DA DIRE. Non risultano ai Sindaci i MUTUI ESTORTI ALLA SICILIA DAL GOVERNO ITALIANO, che hanno condizionato tutti i documenti precedenti.

Non hanno avuto nulla da dire sulla settantennale disattuazione della parte finanziaria dello Statuto, aggravata in questi anni di maggiore crisi e di maggiore arroganza dello Stato.

Nulla da dire quando nel 2013, e poi in maniera crescente fino ad oggi, lo Stato accollava alla Sicilia il contributo al risanamento pubblico erariale per il “Fiscal Compact” pro capite più alto in Italia, ormai l’anno prossimo intorno ai 2 miliardi l’anno. Per queste mancate entrate della Regione avrebbero dovuto sfilare i Sindaci davanti alle prefetture, e invece nulla.

Non hanno trovato nulla da ridire sulla continua violazione del DPR 1074 del 1965 (neanche parliamo più dello Statuto, ma almeno del sottoprodotto dei suoi cattivi decreti attuativi vigenti); violazione che ha sottratto, di sola IRPEF e IVA, circa 7 miliardi l’anno alla Sicilia.

Non hanno trovato nulla da ridire sull’accordo tra Renzi e Crocetta del 20 giugno scorso, con il quale, proprio modificando quel lontano decreto del 1965, anziché restituire alla Sicilia il maltolto si è pensato bene di LEGITTIMARE IL FURTO, devolvendo PER SEMPRE allo Stato il 29 % dell’IRPEF senza che questa deprivazione delle risorse regionali contenga la copertura finanziaria indispensabile a provvedere alle funzioni costituzionalmente assegnate alla Regione. Quel decreto, poi, nel silenzio, è stato firmato da Mattarella a dicembre scorso, ed è entrato silenziosamente in vigore da gennaio. Avete sentito qualche voce levarsi dai Comuni? Noi no.

Non hanno mosso un dito, mai, quando tutti i giornali e le TV italiane hanno sparso menzogne contro la Sicilia, nascondendo e addirittura capovolgendo il furto ai danni della Sicilia. Il loro silenzio, in questi casi, è stato rumorosissimo.

Non hanno trovato nulla da ridire sui continui furti di quella che era la nostra cassa comune, ma anche la loro.

Ora, soltanto ora, si accorgono di non poter chiudere i bilanci, e di correre il rischio di essere “commissariati” dalla Regione e “sfilano infuriati”.

Ma infuriati di che?

La Regione è l’esecutore, ma il mandante è lo Stato.

Se non fate sul serio vedrete i cittadini siciliani, questa volta, sfilare ancor più infuriati verso i vostri palazzi municipali.

La manifestazione di domani è una manifestazione miope, per non dire altro, e sostanzialmente collaborazionista, ascara.

Noi non ci crediamo. E vi abbandoniamo al vostro destino.

I primi da sostituire sareste proprio voi.

Non ci sarà una Sicilia libera con la stessa classe dirigente che ha retto il sacco a chi la derubava.

 

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