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Quello che i siciliani non devono sapere

slide2logoQuesta tornata elettorale regionale ha i riflettori puntati da tutta Italia. Ma quei riflettori coprono solo vergogne, come la vecchia politica. Chi guarda un TG, di qualunque canale, sente parlare del corteggiamento di Alfano, di quale rettore o ex rettore sarà scelto dal PD, se la destra va unita o divisa e tutti, ma proprio tutti, a dire che queste elezioni “sono importanti per l’Italia”, come una specie di anticipo di campionato.

Della Sicilia, naturalmente, non parla nessuno. Di come risolvere i suoi drammi.

E soprattutto il più importante dei candidati schiettamente siciliani, Roberto La Rosa, dei “Siciliani Liberi”, è il CANDIDATO INVISIBILE.

I Siciliani non sanno e non devono sapere che esiste un’alternativa, che l’indipendentismo oggi è praticabile, che il primo passo verso la libertà della Sicilia è la sua costituzione in Zona Economica Speciale. Nulla, silenzio, tabù.

Se potessero silenzierebbero anche i social.

I Siciliani non devono sapere.

E soprattutto non devono sapere che mentre tutti gli altri competitori non hanno ancora pubblicato alcun programma, l’unico programma che c’è è quello nostro.

E soprattutto non devono sapere quanto ci costa la “dominazione italiana”, soprattutto sotto il governatorato coloniale di Crocetta.

Proviamo a ricordare soltanto le peggiori malefatte.

Presenti e passate. Chi legge questo post, proprio per la censura che c’è, avrebbe il dovere morale di diffonderlo.

Lo Stato ruba da molti anni circa il 40 % dell’IRPEF dei Siciliani (circa 3,5 miliardi), violando lo Statuto e il decreto attuativo dello Statuto.

Crocetta, con l’accordo del 20 giugno scorso, ha rinunciato al 100 % dell’IRPEF, e alla finanza originaria, accontentandosi della promessa che “in futuro” (fra tre anni) il furto del 40 % sarà ridotto al 29 %, e in cambio ha modificato il decreto attuativo dello Statuto del 1965, regalando per sempre CONTRO LO STATUTO, quasi tre miliardi l’anno allo Stato, senza prendere nulla in cambio.

Crocetta ha rinunciato DUE VOLTE al gettito del contenzioso con lo Stato italiano giacente in Corte Costituzionale, di difficile quantificazione, ma pari comunque a svariati miliardi, in cambio, la prima volta (2014) di un piccolo rilassamento del patto di stabilità pari a 500 milioni, la seconda volta in cambio di nulla (2016). E, si badi, la prima volta, non è stato “in cambio di mezzo miliardo”, come ha detto una certa stampa, ma della possibilità accordata da Roma di “potere spendere” mezzo miliardo in più che era già nostro (questo è l’assurdo patto di stabilità europeo, non potere spendere nemmeno i nostri soldi).

Dal 2013 ad oggi lo Stato ha imposto un balzello nuovo sulla Sicilia e su tutti gli enti locali: il Contributo al risanamento della finanza pubblica erariale.

Alle altre regioni il balzello è stato fatto pagare trattenendo una parte dei trasferimenti dello Stato. Alla Sicilia, alla quale ormai non si trasferisce da Roma praticamente più nulla, si è fatto pagare con un prelievo diretto dell’IRPEF dei Siciliani. Questo prelievo ammonta ormai a 1,3 miliardi l’anno (forse 2 l’anno prossimo), il QUADRUPLO di quello che pagano tutte le altre regioni in rapporto pro capite, e il secondo in assoluto dopo la Lombardia, che però ha un PIL di circa tre volte superiore al nostro.

Crocetta ha acconsentito all’azzeramento di tutti i contributi dello Stato verso le ex province e al quasi azzeramento di quelli verso i Comuni. Adesso tutti gli enti locali siciliani, a parte i pochi tributi locali, sono alle spalle della Regione, la quale riduce sempre di più i trasferimenti, perché a sua volta affamata da Roma, condannando ormai TUTTI GLI ENTI LOCALI AL DISSESTO. Non contento di questo, lo Stato ha tolto alle province il gettito dei tributi provinciali e ha preteso pure un contributo dalle stesse al risanamento della finanza pubblica erariale (AGGIUNTIVO RISPETTO A QUELLO DELLA REGIONE). Di fatto le province non possono più svolgere le loro funzioni, ma, a stento, soltanto pagare gli stipendi. La risposta di questo governo è stata la reintroduzione dei consigli elettivi con remunerazione dei mandati.

Da ultimo anche l’IVA, che lo Stato trattiene illegittimamente per circa 3 miliardi l’anno alla Regione, è stata regalata allo Stato con un accordo sottobanco che i giornali non hanno ancora pubblicato. Il corrispettivo è che ora la Sicilia, a finanza derivata, si vedrà restituire (forse) una certa % dell’IVA maturata in Sicilia.

L’introduzione, nel 2016, del bilancio armonizzato secondo la nuova legge di contabilità è stata un’occasione per cancellare di colpo non meno di 5 MILIARDI di crediti verso lo Stato per tributi da questo riscossi al posto della Regione e illegittimamente mai devoluti alla stessa. Nel silenzio dei media e, gravissimo, della Corte dei Conti (!), la Sicilia ha cancellato nell’estate 2015 con un colpo di spugna tutti i crediti miliardari che questa vantava nei confronti dello Stato.

Crocetta e i suoi, anziché pretendere quanto dovuto dallo Stato, si è limitato a chiudere i bilanci, di anno in anno, siglando mutui, a tassi variabili usurai, nei confronti di un organo dello Stato, la Cassa Depositi e Prestiti, che quindi presta, a usura, con una mano, ciò che ha sottratto, con violenza e inganno, con l’altra. Primo fra tutti il mutuo da un miliardo, contratto per la “premura” di pagare le case farmaceutiche “italiane” che non potevano aspettare i normali tempi di pagamento di una regione finanziariamente in affanno.

In cambio di questo – si penserà – lo Stato però provvederà ai bisogni dei Siciliani? No, manco per sogno.

Di fronte all’emergenza migranti lo Stato ha gestito dei fondi a favore solo degli enti no profit vicini alle forze governative, lasciando Comuni e Regione ad anticipare risorse che non sono poi state mai più pagate da uno stato cialtrone e truffaldino.

La perequazione infrastrutturale, che era prevista dall’art. 38 dello Statuto, è restata lettera morta: nel Masterplan dello Stato le risorse destinate alla Sicilia sono non più dello 0,5 % del totale nazionale.

Tutte le infrastrutture, strade, scuole, mezzi di soccorso antincendio, tutto, in Sicilia va drammaticamente in malora per assoluta mancanza di fondi.

E, come se non bastasse, tutta la P.A. è praticamente accollata alla Regione. Tutto, dai beni culturali, alla sanità, alla tutela del territorio, al sostegno finanziario ai Comuni, è svolto dalla Regione con i brandelli di risorse che uno stato ladro e rapace, lascia all’amministrazione coloniale.

I dati statistici sono truccati, e i nostri stessi tributi devoluti (cioè le tasse raccolte in Sicilia) sono registrati come “trasferimenti dello Stato”, facendo sembrare la Regione dipendente dalla Penisola, quando accade esattamente il contrario.

Lo Stato si occupa ormai di pagare soltanto gli strumenti repressivi (polizia, magistratura, esercito…), gli stipendi dei professori, un quarto delle spese correnti sanitarie e qualche briciola ai comuni. Per tutto il resto la Sicilia è già un paese “indipendente”. Indipendente dal lato delle spese, che sono solo nostre, ma schiavo e tributario dal lato delle entrate, nelle quali lo Stato fa la parte del leone.

Oltre allo sfruttamento fiscale, naturalmente, l’Italia ha mille altri canali per succhiare sangue alla Sicilia.

L’energia, che è nostra, viene regalata al Continente, e a noi tocca pagare la benzina e l’energia elettrica tra le più care d’Italia.

L’acqua, che è nostra, è stata venduta ad una multinazionale francese, che ce la rivende “a sangue di papa”.

Il nostro prodotto agricolo e alimentare è vittima dello strozzinaggio dei broker italiani, che impongono prezzi sottocosto, per poi rivendere nei nostri supermercati a un multiplo del prezzo originario, costringendo al fallimento e alla vendita, agricoltori, pescatori, industriali…

Le nostre aziende, quando hanno successo, in un modo o nell’altro vengono fatte chiudere e assorbire da imprese italiane che poi qui fanno chiudere i battenti.

Le banche, che ci sono state tutte tolte, emettono e prestano, a interessi maggiori che altrove, lo stesso denaro che usiamo per le transazioni tra di noi. Senza un nostro tessuto bancario, siamo solo terra di raccolta di risorse finanziarie e pochissimo di impieghi, per i quali sono sempre favoriti gli “esterni”.

I pochi “lavori” che si fanno in Sicilia sono spesso appannaggio di mediocri imprese “italiane”, spesso cooperative “rosse” del PD.

Le nostre università sono state oggetto dei tagli più dissennati che ci siano stati in tutta Italia, fin quasi a far chiudere il luogo del pensiero per eccellenza.

E siccome la storia dice sempre “Guai ai Vinti!”, per colmo della beffa, la TV italiana, anche quella pagata col canone dei Siciliani, addita a pubblico ludibrio ogni giorno i “Siciliani”, un popolo di mafiosi, pigri, reprobi, irredimibili. Ogni scandalo è siciliano. Il linciaggio mediatico della Sicilia procede imperterrito, finendo per complessare i nostri stessi concittadini, che pensano quasi che essere Siciliani sia una colpa.

Nessuno dice che la Sicilia, con il 40 % dei beni culturali dell’Italia, spende un centesimo di quanto spende l’Italia. Nessuno dice che la Sicilia è PENULTIMA in Italia per spesa sociale e spesa sanitaria (ma come? e i falsi invalidi?).

Tutto questo i Siciliani non lo devono sapere.

Non devono sapere che l’Italia ha ridotto la Sicilia a un cumulo di macerie, con la complicità di una classe politica collaborazionista. Con il 60 % della disoccupazione giovanile, con i cumuli di immondizia in mezzo alle strade, con le proprie campagne in fiamme.

L’Italia sta distruggendo la Sicilia, ne sta fiaccando ogni energia, ogni forza. Ruba le nostre tasse, porta via o compra i migliori, ci oltraggia ogni giorno, fa sulla nostra pelle ogni sorta di speculazione, rendendo un deserto la più bella Nazione del mondo.

Questo i Siciliani non lo devono sapere.

E a poco servirà mettere al primo posto “il taglio dei vitalizi”, con cui si recuperano (forse) 10 milioni, se poi si tace  sui 10 miliardi l’anno rubati dall’Italia alla Sicilia.

Di questi non ne parla nessuno o – se ogni tanto qualcuno ne parla – lo fa con una voce così flebile che neanche si sente, eppure hanno deputati e TV puntate su di loro.

Solo “Siciliani Liberi”, che non ha paura, sfida ogni censura. Quando arriveremo in ARS tutti saranno costretti a fare i conti con noi.

Noi proponiamo la Zona Economica Speciale, la migliore ricetta e il migliore programma per fare rinascere questa Sicilia.

Vediamo chi ci sta.

E lo Stato italiano è avvertito. Se non ci fate fare la ZES, non crediate che moriamo in silenzio. Se non ce la fate fare CE NE ANDIAMO!

PER L’INDIPENDENZA ECONOMICA E la LIBERTÀ

VOTA SICILIANO!

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