di Ciro Lomonte
Il sorgere del sole su Es Castell
Somriu. I encomana’m la teva rialla vigorosa d’antany.
I, mentrestant, el meu amic ens tancarà, amb clau i pany,
perquè ningú no ens vengui a destorbar els somnis.
Maite Salord i Ripoll, L’alè de les cendres,
Sant Jordi 2023
Sorridi. E affidami la tua vigorosa risata d’altri tempi.
E nel frattempo il mio amico ci rinchiuderà, sotto chiave e lucchetto,
affinché nessuno venga a disturbare i nostri sogni.
Maite Salord i Ripoll, Il respiro delle ceneri,
Sant Jordi 2023
Ad ovest della Sardegna
È la prima volta che faccio un viaggio alle Baleari. Il motivo è un confronto di idee fra rappresentanti dei partiti di Alleanza Libera Europea. So che le mareggiate hanno disegnato come artisti sapienti le profonde insenature e le alte scogliere di Minorca; so che i suoi abitanti l’hanno preservata dall’urbanizzazione selvaggia ed è il giardino più incontaminato fra le isole dell’arcipelago, sicuramente più di Maiorca ed Ibiza; so che è una meta agognata da molte famiglie con bambini per vacanze distensive. Nella mia mente Minorca è già un angolo di paradiso. La realtà lo conferma.
Minorca è l’isola più orientale della Spagna con una superficie di 702 kmq e una popolazione di quasi 100.000 abitanti, che raddoppia nei mesi estivi. Si tratta della seconda isola per estensione dell’arcipelago delle Baleari, ha una lunghezza di circa 53 km ed una larghezza massima di 16 km, con ben 347 km di linea costiera. È famosa per le spiagge sabbiose infinite, lunghe chilometri, e le baie turchesi dalle scoscese pareti rocciose chiamate “calas”. Il capoluogo, Mahón (in catalano – lingua propria dell’arcipelago – si chiama Maó), sorge in fondo ad una lunga insenatura e conta circa 30.000 abitanti, che la rendono il principale centro abitato. Possiede inoltre uno scalo dove approdano i traghetti provenienti da Barcellona, Palma di Maiorca e Valencia e un aeroporto che sorge a sud-ovest della città. La baia del porto di Mahon è per lunghezza la secondain assoluto dopo Pearl Harbor alle Hawaii.
Ci sono poi altri sette comuni. Partendo da sud-est verso ovest sono: Sant Lluís, fondata durante la brevissima dominazione francese del XVIII secolo, con l’antico villaggio di pescatori di Binibeca; Es Castell, fondata dagli inglesi con il nome di Georgetown, con il tipico porticciolo da vedere le sere d’estate; Alaior, con la famosa spiaggia bianca di Son Bou (città industriale e universitaria, fu fondata nel 1304 dal re Giacomo II); Es Mercadal, località usata come base per la visita al porto di pescherecci di Fornells e alle stupende spiagge del nord come Cala Pregonda e Cala Cavalleria, famose per la sabbia rossa. Più avanti c’è Ferreries, con il castello di Santa Àgueda, da dove si va alle cale rinomate del sud. Sempre verso ovest si incontra Ciutadela, precedente capoluogo dell’isola, tuttora sede episcopale. È il secondo centro di Minorca, porto importante, con traghetto rapido anche per Palma di Maiorca. Infine c’è Es Migjorn Gran, l’ultimo comune istituito nell’isola, nel 1989, dove nacque Joan Riudavets Moll, detto il nonno d’Europa (è morto nel 2004 all’età di 114 anni). Gli accessi alle spiagge più famose sono: a nord Cala Algariens e Cala Morell e a sud cala Macarella, cala Macarelleta, Turqueta, platja Son Saura con sabbia bianca finissima.
Nel 1708, durante la guerra di successione spagnola, Minorca fu conquistata dalla flottainglese e il dominio britannico fu confermato, insieme a quello sulla rocca di Gibilterra, con il Trattato di Utrecht del 1713, che pose fine alla guerra di successione. Minorca divenne governatorato britannico sotto sir Richard Kane e, dopo la guerra anglo-spagnola 1727-1729, la sua appartenenza alla Gran Bretagna venne confermata dal Trattato di Siviglia. Con il Trattato di Amiens, stipulato nel 1802 fra la Gran Bretagna e la Francia napoleonica, Minorca fu restituita definitivamente alla Spagna.
Es Castell
All’aeroporto trovo ad attendermi Damià Moll Cardona, un colto professore di storia delle superiori. Mi porta in auto ad un albergo edificato sulla punta estrema di Es Castell.
Noto anche come Villacarlos o Georgetown secondo denominazioni più antiche, è il comune più orientale di Minorca e al tempo stesso della Spagna intera. In questo senso si considera tradizionalmente come il primo luogo di tutto il Paese iberico che vede sorgere il sole. Il nome “Il Castello” proviene dal Castillo di San Felipe, una fortezza situata all’interno di questo municipio che venne costruita nel 16º secolo allo scopo di proteggere l’isola dai frequenti attacchi dei Turchi.Es Castell è il luogo dell’isola dove è rimasta più presente l’impronta lasciata dai 71 anni di dominio britannico: il suo centro con impianto ippodameo, la grande piazza principale circondata da caserme rosso vinaccia e le case con i tipici balconi vetrati (boinders) all’inglese sono alcuni dei segni ereditati da quel periodo storico.
La chiesa della Mare de Déu del Roser
Arrivando da Mahón sulla strada principale, si notano due tradizionali mulini a ventorecentemente restaurati. Sulla teoria omogenea di case basse intonacate (due o tre piani) spicca la mole in pietra della chiesa di Nostra Signora del Rosario, sobria architettura di forme classicherisalente alla seconda metà del XVIII secolo, al cui interno è esposto un quadro di San Giacomo(Sant Jaume), patrono della città. Per celebrare il santo, in questa località si organizzano ogni anno, il 24 e 25 luglio, le feste estive con i cavalli.
Proseguendo verso il centro lungo il Carrer Victori, si arriva nella grande Piazza della Esplanada dove attualmente si affacciano la sede del Municipio ed il Museo Militare (sono esposte testimonianze che vanno dal Neolitico ai giorni nostri), inaugurato nel 1981 nei locali di una vecchia polveriera. Dall’uscita del Museo, percorrendo il Carrer Stuart, si raggiunge la gradevolediscesa verso l’approdo di Cales Fonts, un piccolo ma delizioso porticciolo che si affaccia sull’ampia insenatura naturale del Porto di Mahón.
Più distante si trova il Castello di San Felipe. Se in superficie rimangono solo pochi resti, la parte sotterranea è ricca di gallerie, nelle quali circa tremila inglesi, tra soldati e civili, si rifugiarono durante la conquista spagnola del 1782. Tornando indietro sulla strada principale e prendendo la deviazione per la Cala Sant Esteve, si raggiunge un altro importante tassello del dominio britannico a Minorca, il Forte Marlborough, costruito tra il 1720 ed il 1726. In questo caso si tratta di una fortezza a pianta eptagonale, che disponeva di vari pezzi di artiglieria destinati a frenare l’avanzata dei nemici. Dalla parte superiore del forte è possibile ammirare il Porto di Mahón.
Il Forum delle Isole
Venerdì sera, 29 settembre, si svolge nel ristorante dell’albergo la cena di benvenuto che Més per Menorca, il partito autonomista locale, offre agli ospiti degli altri partiti. La grande “luna del raccolto”, la luna piena dell’equinozio di autunno, ci osserva indifferente mentre si specchiacivettuola sull’insenatura di Maó. Sono presenti oltre a me, che rappresento Siciliani Liberi, Damià Moll Cardona e Josep Castells Baró (Més per Menorca), Lorena López de Lacalle Aritzi e Sergi Esteve Garcia (Alleanza Libera Europea), Jordi Solé i Ferrando e Miquel Carrillo Giralt (Esquerra Republicana), Neus Truyol Caimari (Més per Maiorca), Alejandra Ferrer Kir (Gent per Formentera), Lisandru Bizzari (Partitu di a Nazioni Corsa), François Martinetti (Femu a Corsica), Antoni Vicens i Vicens (ex Direttore Generale delle Relazioni Esterne del Governo delle Baleari), Joan David Janer Torrens (professore di Diritto Pubblico Internazionale all’Università delle Baleari).
L’incontro di Minorca si colloca nell’ambito della ricerca di una strategia comune, avviata da Alleanza Libera Europea per le isole che ricadono nei territori degli Stati membri dell’Unione Europea. Oltre agli Stati del tutto insulari di Malta, Cipro e Irlanda, ci sono 26 Regioni considerate insulari, appartenenti a 13 Stati, per un totale di 286 isole, che complessivamente contano più di 20milioni di abitanti (sui 500 milioni complessivi).
Nel novembre 2022 si era già svolto un convegno a Palma di Maiorca. A novembre 2023 se ne svolgerà un altro presso le Isole Frisone, l’arcipelago del Mare del Nord. A Palma, in rappresentanza di Siciliani Liberi, era presente Emilia Maggio. Riportiamo qui alcune delle sue impressioni già pubblicate sul sito di Siciliani Liberi.
Aline Cendon ha raccontato la situazione di Venezia in termini molto diversi da quelli a cui siamo abituati. L’amministrazione comunale non risiede neppure in città e lucra sugli introiti del turismo invece di investirli in opere pubbliche, mentre il numero dei residenti è in continua diminuzione a causa di affitti costosi, edifici fatiscenti e poche opportunità di lavoro al di fuori del settore ristorazione, dove gli impiegati sono comunque sottopagati. È quanto sta succedendo aPalermo e in altre città della Sicilia.
Negli incontri formali le Isole Baleari hanno naturalmente fatto la parte del leone, non tanto perché giocavano in casa, ma perché sono stati proprio i loro rappresentanti ad impegnarsi per redigere il rapporto sull’impatto delle politiche UE sulle isole del Mediterraneo. Le Baleari, infatti, sono state particolarmente danneggiate dagli effetti collaterali del COVID, poiché la loro economia si basa quasi esclusivamente sul turismo che ha subito una forte contrazione fra il 2020 e il 2022.
Un ritornello che ricorreva in tutte le sessioni era che, sebbene il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea del 2009 (TFUE, la nuova denominazione del precedente Trattato di Roma del 1957) riconosca che le regioni insulari dell’Unione debbano essere oggetto di speciale attenzione, la teoria non si è mai tradotta in strategie o strumenti specifici.
Una delle soluzioni proposte per ovviare al problema della vulnerabilità delle isole, che tendono a dipendere da pochi settori dell’economia, è la diversificazione, possibile solo con il recupero dell’indipendenza e della sovranità; altrimenti, come ha detto Margalida Maria Ramos Sastre, portavoce del GOB Mallorca (organizzazione ambientale delle Isole Baleari), l’obiettivo dell’economia sarà la sopravvivenza, piuttosto che lo sviluppo.
A tutti i partecipanti è stato consegnato il Rapporto sull’impatto delle politiche UE sulle isole del Mediterraneo, commissionato da Jordi Solé i Ferrando, parlamentare per il gruppo Verdi/EFA, e redatto dal Prof. Joan David Janer Torrens, ordinario di Diritto pubblico internazionale all’Università delle Isole Baleari. Si tratta di una settantina di pagine in inglese, che Emilia Maggio ha tradotto in italiano. Il rapporto fa particolare riferimento alle Isole Baleari, ma è una lettura utile anche per i riscontri con gli aspetti critici della situazione siciliana e di altre aree dell’Unione Europea. Tra queste criticità, soprattutto quelle legate ad alloggi, turismo e opportunità di lavoro sono state discusse durante le sessioni. Nel caso di Venezia (che, come è noto, è una città costituita da una serie di isole), questi tre problemi sono interdipendenti. Maiorca, come è stato proposto da Jaume Alzamora Riera (Segretario Generale del Més per Maiorca e membro del Consiglio comunale), avrebbe bisogno di essere governata autonomamente: ciò le consentirebbe, tra l’altro, di gestire meglio i cambiamenti climatici, il problema dei rifiuti in plastica e, dato che il turismo è la principale risorsa economica, di trovare soluzioni al turismo di massa.
Interessante il caso della Corsica (rappresentata alla conferenza da Marie-Antoinette Maupertuis, Presidente dell’Assemblea corsa e Vice-presidente dell’Alleanza Libera Europea nel Comitato delle Regioni), anche in rapporto a quello della vicina Sardegna. La Corsica vorrebbe unacooperazione marittima con le altre isole senza dover passare attraverso Parigi. Mentre la Francia teme l’opposizione della Corsica a causa del suo forte partito locale, il partito autonomista sardo non ha abbastanza peso a livello nazionale.
Per le Canarie, in quanto appartenenti alla categoria delle “isole periferiche”, esistono politiche specifiche (Articolo 349 del TFUE) ma, se i diritti sono sulla carta, mancano i fondi per applicare i cambiamenti.
Tutti erano d’accordo che la politica UE di coesione non è in grado di affrontare questi e gli altri problemi dell’insularità, per la mancanza di una vera e propria strategia. A tali problemi si fa riferimento nell’Articolo 174 del TFUE, secondo il quale “per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale al suo interno, l’Unione deve mirare a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie Regioni e il ritardo delle Regioni meno favorite o insulari, e che un’attenzione particolare deve essere rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici”. In ogni caso, finora le isole sono state trattate alla stessa stregua dei territori continentali, senza tenere conto delle loro difficoltà specifiche.
Secondo Margalida Maria Ramos Sastre, tuttavia, bisognerebbe spostare l’attenzione dall’insularità come problema all’insularità come vantaggio: le isole hanno risorse limitate ma di altissima qualità. La presenza del mare per es. implica una grande biodiversità. Bisogna pensare a nuove forme di organizzazione sociale ed economica.
Le relazioni del convegno
La mattina di sabato 30 settembre il primo sole di Spagna sorge in tutto il suo splendore di fronte all’albergo. Dopo aver fatto colazione sulla terrazza che si affaccia sul mare, ci dirigiamo alla zona industriale di Alaior. Il convegno è stato organizzato da Més per Menorca con grande cura dei dettagli nella sala conferenze del Centre BIT (Balear Innovació i Tecnologia).
È presente un pubblico numeroso, il tema del diritto all’alloggio è molto sentito fra gli abitanti di Minorca. Parecchie partecipanti indossano le minorchine (le avarcas sono calzaturetipiche del luogo, che nascono come sandali con la punta coperta, comodi e flessibili, utilizzati tradizionalmente dagli agricoltori).
L’elenco dei relatori è fitto, la qualità delle relazioni elevata, la bravura delle interpreti italiane (dal catalano e dal francese) sorprendente. Presenta il seminario Miquel Àngel Maria Ballester, coordinatore generale di Més per Menorca. A metà giornata ci spostiamo in una sala attigua per un buffet. Conclude i lavori Lorena López de Lacalle Aritzi, presidentessa di Alleanza Libera Europea. Intervengono in molti dal pubblico, sottolineando la gravità della situazione. Qualcuno ha fatto notare, per esempio, che a Formentera un appartamento di 70 mq si vende a 850 mila euro. Ma più frequenti sono i casi (migliaia) di case sfitte i cui proprietari trovano più conveniente affittare i propri immobili uno o due mesi all’anno a dei turisti. Lo stesso caso di Ortigia in Sicilia e di molteplici località, insulari e non, prese di mira dal turismo di massa.
Proprio perché le speculazioni sulle case dei luoghi più belli sono così selvagge, è importante elaborare una strategia lungimirante per calmierare i valori immobiliari, tutelare i residenti, difendere la qualità dell’ambiente naturale e di quello antropizzato delle isole. L’ampia relazione di Antoni Vicens i Vicens ha trattato il tema in tutta la sua ampiezza, illustrando somiglianze e differenze delle isole presenti all’interno dell’Unione Europea. Ha evidenziato che, nei casi in cui il turismo genera maggiore offerta di lavoro, c’è una corrispondente crescita della popolazione. Le Baleari, in particolare, sono arrivate ad un milione e duecentomila abitanti, ma la crescita continua. Nei prossimi vent’anni è previsto un ulteriore incremento demografico del 25%.L’immigrazione è interna, in particolare dall’Andalusia. La Commissione Europea è assolutamente passiva di fronte a questo fenomeno, che rischia di sfuggire di mano ai Governi locali. È urgente siglare un Patto per le Isole in modo da studiare misure condivise e sostenibili per governare i grandi flussi turistici. Di per sé essi possono essere un fattore di sviluppo, se vengono regolamentati saggiamente.
Il mio intervento
Le relazioni e le domande dal pubblico hanno descritto casi particolari, anche quello della Sardegna, per il quale Silvia Lidia Fancello ha mandato un video.
Mi è sembrato opportuno esprimere la mia opinione passando dal particolare all’universale, in linea con quanto detto da Antoni Vicens. Ho fatto a braccio il mio intervento,cercando di parlare direttamente in spagnolo (lì mi hanno detto di non chiamarlo castigliano, perchénon è una lingua come tutte le altre, bensì quella imposta dallo Stato centralista).
Stiamo assistendo ad un nuovo urbanesimo, un fenomeno che andrebbe governato con molta attenzione. Più della metà della popolazione mondiale abita in città e non è detto che questo sia un bene, anche se le condizioni attuali non sono quelle disumane della rivoluzione industriale.
Le speculazioni del capitalismo contemporaneo hanno conseguenze pure sul costo degli alloggi. C’è una tendenza a privare i cittadini della casa di proprietà, per renderli sempre meno liberi, sempre più apolidi, sempre più disponibili ad una qualsiasi forma di lavoro o meglio ad una qualsiasi forma di dipendenza. A parte questo, Palermo – la capitale di una Sicilia che vorremmo presto libera dalla colonizzazione italiana – ha alloggi più che sufficienti per una popolazione che diminuisce drammaticamente anno dopo anno, eppure le nuove coppie comprano casa nei paesi satelliti del circondario. In città invece cresce vertiginosamente il numero di B&B, soprattutto nel centro storico omogeneo più grande d’Europa, 250 ettari.
Quando parliamo di speculatori non ci riferiamo alle piccole e medie imprese edilizie, mortificate dal grande capitale. La classe media è sotto attacco. Gli anni del COVID hanno accelerato il suo impoverimento, sotto gli occhi di tutti. E hanno visto il contemporaneo ulteriore arricchimento di pochi ultra milionari.
I flussi migratori interni agli Stati andrebbero guidati con accortezza. C’è un numero consistente di paesi che si stanno svuotando. Se solo si promuovesse un’agricoltura di qualità si potrebbero far rinascere centri urbani dell’entroterra, uno più bello dell’altro. Ci sono documenti dell’Unione Europea in cui si esalta la diversità, ma non è vero che la Commissione Europeadifenda la personalità e l’autonomia dei nostri territori. Come non difende la qualità dei nostri prodotti agricoli ed artigianali. L’identità dei luoghi è una grande ricchezza ed è una sorgente di sviluppo.
Lavorare su questo tema è vitale. Bisogna per esempio approfondire cosa sono i “codici del Mediterraneo” studiati da Besim S. Hakim, quelli che rendono così belle e attraenti le nostre città, i nostri paesi, i nostri villaggi, i nostri borghi. Gli architetti contemporanei non sono in grado di realizzare una piazza. Invece i nostri antenati sì ed è questo che attrae tanti turisti. Noi non cerchiamo i grandi numeri del turismo di massa, quello che Vicky Alliata definisce “turismo mutandaro”. Noi promuoviamo le vacanze rigeneranti di visitatori colti, che vogliano entrare in relazione con la popolazione locale e con le sue tradizioni. Questa forma di scambio generaricchezza senza devastare un territorio, senza espropriarne gli abitanti, senza lasciare cumuli di cartacce dietro di sé.
Peraltro la rigenerazione urbana può essere guidata da amministratori saggi. C’è un immenso patrimonio edilizio da sostituire, specialmente quello in calcestruzzo armato, tecnologia soggetta a rapida obsolescenza. Gli insediamenti possono essere ridisegnati con il coraggio che ha caratterizzato i promotori di Le Plessis Robinson in Francia. Nuove città belle con interventi di edilizia economica a carico dell’amministrazione pubblica. A questo proposito, si tenga conto diuna istituzione di riferimento a cui si può chiedere consulenza, l’International Society of Biourbanism, con sede ad Artena.
Ma bisogna avere il coraggio di non farsi irretire dai martellamenti pubblicitari, che ci vogliono tutti non solo consumatori, ma noi stessi – come scriveva Zygmunt Baumann – oggetti di consumo. Noi diciamo no alle nuove forme di schiavitù. Noi vogliamo essere liberi e garantire alle nuove generazioni autentiche forme di libertà.
La Dichiarazione di Minorca
A conclusione della giornata di studio, i rappresentanti dei partiti membri di Alleanza Libera Europea hanno firmato un documento programmatico, di indirizzo alla Commissione Europea, con l’auspicio che quest’ultima si prenda cura della popolazione delle isole, anche se non ci sono lobbies potenti e organizzate che facciano pressione in tal senso. Nel testo, dopo una premessa che illustra le condizioni delle isole, vengono elencati i cinque punti essenziali della Dichiarazione.
1. Chiediamo all’Unione Europea un “Patto per le Isole”. Allo stesso modo in cui nel 2016 è stato adottato il Patto di Amsterdam per lo sviluppo dell’Agenda Urbana in tutti i territori dell’UE, affermiamo la necessità e l’urgenza di questo nuovo Patto, che deve essere la base per lo sviluppo di una strategia europea insulare che definisca le priorità e le azioni necessarie. L’obiettivo finale deve essere il riconoscimento specifico dell’insularità come elemento di differenziazione nei Trattati dell’Unione e la pianificazione di politiche settoriali specifiche per compensare la disuguaglianza insulare.
2. Proponiamo la creazione di un’Agenzia delle Isole Europee, incaricata di compilare la normativa applicabile a ciascuna regione insulare, le misure di compensazione dell’insularità già esistenti a livello regionale o statale, nonché dati statistici e aggiornati sulla situazione delle diverse isole dell’UE, al fine di garantire l’orientamento appropriato delle misure da adottare nel quadro della strategia europea insulare e la loro efficacia.
3. Esortiamo il Governo Spagnolo, nella qualità di presidente di turno dell’Unione Europea nel secondo semestre del 2023, a promuovere immediatamente questo “Patto delle Isole”, approfittando dell’incontro dei ministri europei dell’edilizia abitativa che avrà luogo a Gijón iprossimi 13 e 14 novembre di quest’anno, e convocando, se necessario, uno specifico incontro europeo prima della fine del suo mandato, per affrontare l’urgente necessità di limitare in via prioritaria l’acquisto di case sulle isole ai non residenti, come metodo per frenare la speculazione e l’aumento dei prezzi di acquisto e di affitto, e stabilire il percorso per passare allo status di residente insulare, fatta salva l’istituzione di uno status simile per altre regioni dove l’accesso agli alloggi è limitato.
4. Ci impegniamo a promuovere, da parte di tutte le istituzioni in cui siamo rappresentati, politiche di edilizia pubblica basate sull’urbanistica sostenibile, nella sua triplice dimensione ambientale, economica e socio-culturale.
a) In primo luogo, vogliamo garantire che l’uso residenziale del territorio provochi il minimo impatto sull’ambiente, consumi la minor quantità possibile di risorse ed energia e riduca la produzione di rifiuti.
b) In secondo luogo, scommettiamo su progetti economicamente sostenibili ed evitiamo gli eccessi che comportino un innecessario aumento del prezzo degli alloggi e degli affitti. Qualsiasi progetto deve essere elaborato sulla base di una costruzione efficiente in termini di costi e non sempre devono essere necessarie nuove costruzioni per fornire alloggi sociali a prezzi accessibili; occorre anche promuovere la riabilitazione degli edifici in disuso. La speculazione immobiliare nell’ambito dell’edilizia abitativa deve essere contrastata offrendo alloggi equi, accessibili e convenienti per i nostri cittadini.
c) In terzo luogo, non ci limiteremo alla fornitura di alloggi, ma piuttosto, partendo dalla partecipazione dei cittadini nella pianificazione di progetti di edilizia sociale e accessibile, agiremo a livello globale sull’ambiente: attrezzature pubbliche, aree verdi, mobilità, ecc., con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita della popolazione.
5. Ci impegniamo a dare priorità nei nostri programmi politici, soprattutto dove abbiamo responsabilità di governo, alla promozione dell’edilizia pubblica e protetta, alla regolamentazione dei mercati degli affitti con meccanismi di stabilizzazione degli affitti come l’istituzione di tetti e congelamenti sui prezzi massimi di affitto, la regolamentazione degli affitti per le vacanze affinché non manchino alloggi per i residenti, la collaborazione fra pubblico e privato attraverso cooperative di edilizia residenziale in regime di cessione d’uso e garantiremo sempre la prevenzione della speculazione urbana, della creazione di ghetti, degli sfratti e della gentrificazione. Infine, esprimiamo il nostro desiderio di continuare a collaborare, nella cornice della nostra Alleanza Libera Europea, per il riconoscimento europeo dell’insularità. Raccogliendo la sfida di far avanzare l’amministrazione multilivello in tutta l’Unione Europea, ci impegniamo a promuovere le iniziative necessarie nei confronti di tutte le amministrazioni, dal livello locale a quello europeo, da obbligare a promuovere le condizioni necessarie e stabilire le regole pertinenti per rendere efficace il diritto di tutti i cittadini a godere di un alloggio dignitoso, conveniente e adeguato.
Minorca, 30 settembre 2023
Ritorno a casa
La mattina presto di domenica 1° ottobre vado in aeroporto con un taxi, guidato da una giovane minorchina che ci ha parlato anche lei delle difficoltà di comprare casa in questa isola. Ha ripetuto che molti appartamenti restano vuoti perché la gente guadagna di più con gli affitti temporanei. Dall’albergo siamo partiti in due, c’era anche Mathilde Hary, di Bayonne (Baiona in basco), giovane portavoce di EHBai, il partito basco francese.
L’aeroporto di Minorca è affollatissimo di gente in partenza. Pendolari e giovani famiglie di turisti. Nel 1992 l’antropologo francese Marc Augé scriveva degli aeroporti indicandoli come esempio di estetica del non luogo. Lo scalo di Mahon, quello di Malpensa, quello di Palermo, non si sottraggono a questa costatazione, sono architetture del non luogo. A Malpensa in più bisogna affrontare il disagio di uscire e rientrare, con i relativi controlli, per prendere il secondo aereo, nonostante la proverbiale efficienza milanese. Per fortuna i tabelloni non registrano metà dei voli cancellati, per uno sciopero, come venerdì mattina.
Architettura del non luogo è l’intero paesaggio che ci attornia oggigiorno, malgrado le riviste patinate si affannino a presentarcelo come un mondo sempre più seducente e vivibile. L’incontro di Minorca è stato una tappa di un percorso di liberazione che potrebbe far maturare grandi frutti di creatività a breve tempo. Bisognerà spendersi con coraggio per coltivarli e raccoglierli