L’età saracena:
Durante l’invasione saracena la letteratura greca si restringe e decade man mano che gli arabi avanzano. Nelle terre da loro conquistate il greco è ancora la lingua liturgica dei cristiani sottomessi, mentre – come lingua parlata – si divideva il campo al solito con quella di ceppo latino. È probabile che questa parte di popolazione, concentrata di più nel Val di Mazara, si sia convertita più ampiamente all’Islam di quella greca.
Sta di fatto che la presenza di comunità di lingua greca nella parte occidentale dell’Isola sia quasi sparita, tranne a Palermo, dove la lingua greca era ancora parlata alla venuta dei Normanni da parte di una piccola comunità. Più cospicua la comunità dei greco-siculi in Val di Noto, ma ancor di più in Val Demone, dove si rifugiarono in gran parte i cristiani dell’isola. I nomi, le iscrizioni sopravvissute, ogni reperto di quell’epoca, ci parla di un mondo che parlava greco quando ormai i legami con l’Impero Romano d’Oriente si erano troncati, segno di una vitalità propria di questa lingua, almeno in una parte del Popolo siciliano.
Forte in quegli anni è l’esodo di Siciliani, di ogni lingua, verso le terre dell’Impero bizantino, ma soprattutto verso la Calabria e il Salento, che videro rafforzare i legami già forti con la Sicilia, sia per l’afflusso di elementi che parlavano il più antico Siciliano, sia per la componente propriamente greca, che in Calabria addirittura appare ora prevalere su quella latina.