Per la Sicilia la stessa austerity che ha massacrato la Grecia: apriamo gli occhi, prima che sia tardi!

Rendere incomprensibili termini come ‘Bilancio’ e ‘contabilità pubblica’ fa parte del gioco: non fare capire nulla ai Siciliani del danno che stanno subendo. Ma, l’Italia sta applicando alla Sicilia le stesse politiche economiche che la Troika ha imposto alla Grecia. Con i risultati che conosciamo. Dobbiamo impedire questo genocidio economico e capire che è ora di ribellarsi: capire o morire

di Massimo Costa

Che cosa accomuna, secondo voi, le seguenti cose, apparentemente disparate?

– Addizionale regionale e addizionali comunali IRPEF record, le più alte in Italia, con conseguente “fiscalità di svantaggio” che impedisce ogni forma di recupero del gap economico e sociale tra Sicilia e Italia;
– Dissesto di quasi tutti gli enti locali con il caos amministrativo, economico e sociale un po’ dappertutto;
– Mancata estensione alla Sicilia delle somme previste per le Scuole italiane al di là dello Stretto, con conseguente diseguaglianza sostanziale di trattamento tra i diritti alla formazione dei cittadini italiani e dei sudditi coloniali del possedimento “Sicilia”;
– Assenza di qualunque progetto di infrastrutturazione che non sia una modesta (e insufficiente) manutenzione delle strade e comunque lontanamente paragonabile a quello italiano;
– Assenza in Sicilia dell’alta velocità ferroviaria, degli interporti, di aeroporti internazionali degni di questo nome e tariffe tra le più care al mondo per andare e venire dall’Isola;
– Energia elettrica  e prodotti energetici più cari d’Italia;
– Percentuale di tagli all’Università e alla Scuola più alta d’Italia;
– Chiusura per mancanza di trasferimenti regionali degli asili nido, e con essi di servizi essenziali alla famiglia;
– Chiusura di molti laboratori d’analisi con conseguenti disservizi sanitari;
– Chiusura, nei giorni festivi e negli orari serali, di musei e siti archeologici, per mancanza di soldi per gli straordinari, e conseguente danno al turismo;
– Impossibilità di strutturazione della società regionale di servizi informatici con conseguente impossibilità di dotarsi di una moderna e-administration (con risparmi conseguenti) e obbligo a dover continuamente ricorrere al ricatto economico di società informatiche del continente;
– Chiusura dei punti nascita e delle strutture sanitarie nei distretti demograficamente più deboli e svantaggiati (piccole isole e zone montane);
– Distrazione dei fondi europei per la pesca siciliana a favore dell’acquacoltura di fiume e di lago del centro-nord;
– Collasso del fondo pensioni regionali, blocco infinito del turn-over pubblico e di ogni rinnovamento di contratto, sino al letterale svuotamento di posizioni essenziali;
– Impossibilità di mantenere regolari servizi di manutenzione del territorio, lotta agli incendi, regolari servizi di raccolta rifiuti;
– Soppressione di linee di trasporto interne, anche laddove queste costituiscono l’unico mezzo di collegamento con molti centri dell’Isola;
– Collasso delle amministrazioni provinciali fino al punto di non avere forse neanche i soldi per pagare gli stipendi ai contribuenti.
Al 17° punto ci fermiamo, non per mancanza di ulteriori argomenti, ma solo perché temiamo che il lettore possa non seguirci più.


Cosa accomuna tutte queste “disgrazie”  scaricate improvvisamente e violentemente sulla Sicilia?
Non abbiamo alcuna intenzione di difendere una classe politica semplicemente squallida, ma – per favore – non raccontiamo sempre e solo la storiella degli “sprechi”, dei “privilegi”, della “corruzione”, etc. Questi ci sono in tutta Italia, anche molto più che da noi, anzi in tutto il mondo. E, vogliamo aggiungere, ci sono sempre stati. Né della “mafia” o di altri alibi. Tutto vero, forse, da combattere certo, ma per favore non cambiamo discorso, qui il problema è un altro.


Qui il problema è che per fare tutte le cose di cui sopra servono risorse. E tutte le amministrazioni pubbliche siciliane sono drammaticamente prive di risorse. Le finanze siciliane sono uno “scolapasta” sotto il quale c’è la bocca, voracissima, dello Stato italiano che tutto divora.
Non importa a nessuno sapere che ormai dipendenti pubblici e spesa pubblica siciliana sono abbondantemente sotto la media nazionale? L’Italia sta applicando alla Sicilia una specie di austerità alla greca, nel silenzio generale dei media. L’Italia sta massacrando ogni giorno di più il popolo siciliano, facendosi scudo della stessa Autonomia, che non è mai stata applicata, ma che viene usata in modo distorto dal Governo solo per togliere, e mai per dare, risorse alla Sicilia, e – oltre al danno la beffa – per poi additarla a responsabile dei nostri mali.

Sappiamo che termini come bilancio e conti pubblici possono risultare ‘pesanti’. Ma è proprio lì che ci fregano. Il tentativo di fare apparire questi argomenti ‘pesanti’, ‘tecnici’, o, addirittura, riservati a pochi, è parte della fregatura. Lo fanno per tenerci lontano dalla verità.

Dobbiamo capire, ci piaccia o no, che lo Stato ci deruba ogni giorno di miliardi, ci opprime, ci umilia, e lo fa proprio per mezzo di questi astrusi documenti contabili verso i quali abbiamo un rifiuto psicologico ad occuparci. Ma sono soldi! Pìcciuli! 
Lo vogliamo capire che lì ci sono i nostri stipendi, le nostre tasse, i nostri servizi e beni pubblici? O ci sembra che calano chissà da dove?
A tutti quelli che protestano a Palazzo d’Orléans possiamo dire che hanno sbagliato indirizzo: lì c’è solo un prestanome, un fantoccio, un parafulmine per il nostro malessere. Bisognerebbe presidiare le Prefetture, simbolo odioso di quell’odioso Stato che ci opprime.
Oggi la Sicilia, tutta, dalla Regione alle singole famiglie, ha un’unica grande questione, rispetto alla quale tutte le precedenti sono solo mere conseguenze: LA QUESTIONE FINANZIARIA.  E’ questa la madre di tutte le battaglie.

Su questa dobbiamo fare la nostra guerra (politica) contro lo Stato italiano. Lo Stato italiano ci frega soldi da mille lati. E noi dobbiamo creare una classe politica che risponda colpo su colpo, che lo spieghi a quanti più siciliani possibile,  che prenda il potere alle prossime elezioni, e che dia finalmente l’ultimatum all’Italia sul rispetto dei nostri diritti finanziari previsti dalla Costituzione. E’ questo il problema di sopravvivenza più urgente per la Sicilia. Ad altri lasciamo volentieri il falso moralismo da “bar dello sport”, i predicozzi sull’onestà e sulla legalità, magari fatti da chi poi viene scoperto con le mani nella marmellata, in una Terra che, senza legalità costituzionale, non sa neanche cosa significhi la parola “legalità”.
Se lo Stato non ci ascolta, l’Assemblea deve convocare senza indugio un referendum sull’indipendenza in tempi brevi e, dopo aver ricevuto l’investitura del Popolo, proclamare unilateralmente la piena sovranità dello Stato di Sicilia, e cominciare a compiere atti da paese sovrano, continuando a dialogare con l’Italia, ma da quel momento in poi come paese straniero occupante, chiedendo al contempo protezione internazionale.
Bisogna fare sul serio, Siciliani, è questa l’unica strada.
Altrimenti rassegniamoci ad essere strangolati a poco a poco.
E, per favore, basta con l’autonomismo perché “l’indipendenza, addirittura, i Siciliani non capirebbero…”, con i partiti “italiani”, dove ci sarebbero “anche tante persone per bene”, con la “necessità di alleanze, sennò come arriviamo al Parlamento?”.
Basta con questi mezzi termini, basta! Che ce ne importa del Parlamento di un paese straniero? I Siciliani capiranno, i Siciliani o capiranno o moriranno. 
Giù le mani dalle nostre risorse, dai nostri soldi, dalle nostre ricchezze! E via da qui tutti i “liberatori” e tutti i loro “collaboratori” locali. Siano queste le nostre parole d’ordine.

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