La Festa del Lavoro che non c’è e non ci sarà fino a quando saremo in catene

Festa del lavoro? Ma quale lavoro? Quello che non c’è. Non abbiamo nulla da festeggiare perché in Sicilia manca il ‘festeggiato’. E continuerà a mancare fino a quando resteremo succubi dei Governi nazionali che ci depredano  

 

Non abbiamo nulla da festeggiare oggi. Solo la ‘festa’ del lavoro che non c’è. Lo certificano i dati ufficiali che pongono la nostra regione in fondo alle classifiche non solo italiane, ma europee. “In Sicilia gli occupati nella fascia di età tra 20 e i 64 anni sono solo il 42%, la disoccupazione giovanile si è stabilizzata oltre il 50% (quella femminile oltre il 58%)” dice l’Eurostat.  Peggio di noi solo due piccole enclave spagnole (Ceuta e Melilli),  la Calabria – che con tutto il rispetto, non ha le nostre potenzialità in quanto a risorse- e alcune regioni greche.

E, ancora, la percentuale dei giovani Neet (persone non occupate né in un percorso di formazione o educazione) tra i 18 e i 24 anni in Europa è al 16,3%, in calo rispetto al picco del 17,1% del 2012. Il livello più alto di Neet in Ue si registra in Italia con il 29% ma con picchi oltre il 40% in Sicilia e in Calabria-. 

Insomma, in Sicilia cresce sola la disoccupazione, l’emigrazione e la disperazione. Lo sappiamo e ogni anno arrivano le conferme ufficiali. E sarà sempre così finché non cambieremo direzione. Non possiamo più stare a guardare, né accontentarci di seminari e convegni che analizzano i dati a metà, senza cioè inserirli nel contesto che li ha generati. 

Questo contesto si chiama Italia. I Governi nazionali non hanno nessun interesse a risollevare le sorti della nostra regione e su questo non dovremmo avere più dubbi.  Sono ormai decenni che la Svimez- l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno- denuncia la scomparsa della questiona meridionale dalle agende politiche nazionali, ancora peggio se parliamo di questione siciliana.

A loro va bene così: la Sicilia, oltre a rappresentare un vasto mercato dove vendere prodotti del Nord, è una terra da spremere. Siamo la piattaforma energetica d’Italia, in cambio ci lasciano inquinamento e malattie. Siamo la regione che, grazie ad una classe politica di ascari, regala a Roma svariati miliardi di euro l’anno che ci spetterebbero di diritto.  Sappiamo che la parte finanziaria del nostro Statuto non è mai stata applicata, perché a Roma verrebbero a mancare ogni anno almeno 5 miliardi di euro. 

Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: la Sicilia avrebbe tutte le risorse necessarie per dare lavoro ai suoi figli e per svilupparsi al meglio. Non ce lo fanno fare perché sono soldi che Roma continua a rubarci.  

La disoccupazione- al di là delle analisi di commentatori ‘salariati-  è figlia della questione finanziaria siciliana (qui un approfondimento sul tema) e la questione finanziaria non sarà risolta fino a quando rimarremo succubi dell’Italia. 

Vorremo credere che ci sia ancora spazio per chiedere l’applicazione del nostro Statuto. Ma non è così. Non ci resta che lottare per l’indipendenza della nostra Isola per porre fine a una colonizzazione che ci ha ridotto alla fame e alla disperazione. 

La lotta sarà dura lo sappiamo, ma è l’unica alternativa all’assassinio premeditato della nostra Sicilia. 

Premeditazione che risale all’Unità d’Italia e che si rinnova il Primo Maggio del 1947 con la strage di Portella della Ginestra che Sciascià definì “il battesimo dell’Italia delle menzogne”, e che altri chiamano ‘la prima strage di Stato’, quando si soffocarono nel sangue le aspirazioni dei Siciliani ad una vita libera e dignitosa. 

Oggi i Siciliani si stanno svegliando e non c’è propaganda che può fermare il risveglio di un popolo. Abbiamo due nemici: la nostra classe politica che svende i nostri diritti e il nostro futuro e i loro compari romani. 

Insieme possiamo sconfiggerli. Siciliani Liberi ha già cominciato la battaglia per la liberazione, quella vera. 

 

 

 

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