La Corte dei Conti e i furti statali: quello che la stampa non dice 2

I magistrati contabili ancora una volta pongono l’accento sulle manovre messe in atto dallo Stato per distogliere risorse alla Sicilia. Sfociando nell’incostituzionalità…

 

La Corte proprio non riesce a mandar giù, pur nel suo stile prudente, il fatto che lo Stato le studi tutte per distogliere risorse alla Sicilia: “…Tuttavia, da parecchi anni l’andamento del gettito delle entrate tributarie devolute alla Regione si è rivelato sganciato dai meccanismi di crescita che, invece, hanno interessato i medesimi tributi a livello statale. Appare urgente, pertanto, ad avviso di questa Corte, la necessità di rivedere, alla luce del mutato quadro normativo in materia fiscale, le disposizioni di attuazione che regolano il riparto delle risorse erariali tra Stato e Regione”.

Di che sta parlando la Corte in questo passaggio? Dei famosi 7 miliardi riportati su L’Espresso anche per dichiarazioni dell’Assessore all’Economia che ogni anno lo Stato sottrae alla Sicilia. Con una mano lo Stato, nel lontano 1965, ha inibito alla Regione di avere propri tributi “sostitutivi” di quelli erariali, come era (come E’) scritto nello Statuto, in cambio della “devoluzione” alla Regione dei tributi erariali; con un’altra mano, però, le norme attuative, non più riviste da allora, sono state continuamente rosicchiate da “furbate” statali, grandi e piccole che alla fine anche quando in Italia aumenta il gettito, quello che va alla Regione è sempre lo stesso, anzi va a diminuire. E questo senza che alla Regione venga tolto il peso delle funzioni che nel frattempo lo Stato le ha accollato….

Ma questa storia è occasione per ribadire che gli accordi fatti “sottobanco” tra Stato e Regione, spesso con il primo in posizione ricattatoria, non sono conformi alla legge, anzi sono del tutto INCOSTITUZIONALI. Con tutto il rispetto, ma come fa il Prof. Verde, che rappresenta la Commissione Paritetica, l’unica che dovrebbe dettare le disposizioni attuative dello Statuto, e che la Corte intende difendere dall’arroganza del Governo, a difendere proprio questi “patti leonini”, in cui lo Stato si approfitta della Regione? Ecco la prova: “Infatti, nel corso degli ultimi anni, la problematica dell’individuazione delle risorse finanziarie occorrenti alla Regione siciliana si è trasferita dalla sede istituzionale normativa (revisione delle norme di attuazione attraverso le proposte della Commissione paritetica ex art. 43 dello Statuto siciliano) a quella amministrativa dei “tavoli tecnici” istituiti presso il M.E.F., ovvero ancora, quali esclusivamente, a quella istituzionale legata ad accordi o intese a livello di Governi centrale e regionale, sovente fulcro di decisioni nell’ambito delle quali al trasferimento di risorse c.d. “aggiuntive” fa da contraltare l’adeguamento, da parte della Regione, a interi plessi normativi vigenti a livello statale, con indubbia compressione dei livelli di autonomia statutaria”.

Quindi non solo questi accordi sarebbero fatti nella sede sbagliata e sarebbero ricattatori, ma addirittura INCOSTITUZIONALI perché imporrebbero alla Sicilia di rinunciare alla propria potestà legislativa garantita dalla Costituzione. Ma quello che ritorna è sempre il famigerato “contributo” della Sicilia al risanamento (impossibile) della finanza pubblica.Tale contributo è talmente esoso da essere impagabile ed avere effetti recessivi sull’economia siciliana: “La problematica viene trattata nel cap. 6. In questa sede, è sufficiente ribadire come venga richiesto alla Regione un contributo alla finanza pubblica sempre più oneroso a valere sugli esercizi futuri. Infatti, l’incremento della quota di concorso annualmente richiesta, per il triennio in esame, già eccede le previsioni di crescita del gettito delle entrate tributarie con cui farvi fronte, risultanti dal bilancio pluriennale 2016/2018 e richiede variazioni in aumento, ovvero manovre aggiuntive, volte a comprimere maggiormente le spese”.

Tale contributo è poi privo di copertura finanziaria e, cosa più grave, tutte le intese tra Stato e Regione, NON DANNO MAI UNA LIRA ALLA REGIONE. “In tale scenario, ulteriori risorse finanziarie da parte dello Stato – ottenute dalla Regione in forza di accordi o intese – rischiano di ritornare alla fonte sotto altra forma”. Cioè lo Stato si riprende con una mano quello che fa finta di dare con un’altra. Alla faccia della lealtà. Il contributo in parola è pari a circa 17 volte (rapporto tra 0,67 e 0,04 euro per cittadino) in Sicilia rispetto alle altre Regioni a Statuto speciale! E per di più è irrogato arbitrariamente, cioè illegalmente, perché fuori dalle previste norme di attuazione: “La specifica normativa statale pone direttamente oneri a carico dei bilanci delle autonomie differenziate – quale loro concorso agli obiettivi di finanza pubblica in termini di miglioramento del saldo netto da finanziare dello Stato – nonostante che la previsione paradigmatica, contenuta nell’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, faccia espresso riferimento in materia all’adozione di specifiche norme di attuazione dei relativi Statuti speciali”.

Insomma, questo prelievo è completamente fuori dall’ordinamento, cioè illegale. Avete sentito qualche giornale farne menzione in questi giorni? La incostituzionalità del provvedimento si misura anche nella quantità, sempre più esosa del salasso. E qui la Corte dice che, seppure la Consulta ha autorizzato questi tipi di prelievi, se lo Stato esagera, questo conduce la Regione alla totale impossibilità di svolgere i compiti a questa costituzionalmente assegnati: “Si deve rilevare il crescente stress al quale sono state sottoposte le entrate regionali, che subiscono drenaggi annualmente sempre più elevati. Ciò si verifica già rispetto al dato base del 2012, pari a 639 milioni di euro, che quasi si raddoppia nel 2015 (1.286 milioni di euro), lievitando fino a 1.510 milioni di euro nella prospettiva del 2018. Al riguardo, nel rinviare alle considerazioni espresse dalla Consulta nelle sentenze n. 10 e 29 del 2016 circa i parametri di legittimità costituzionale che devono caratterizzare le riduzioni di trasferimenti finanziari da un ente territoriale ad un altro, queste Sezioni riunite ritengono di dover porre in particolare evidenza come eventuali ulteriori significativi incrementi del concorso della finanza regionale al consolidamento dei conti pubblici nazionali potrebbero, in effetti, “comportare uno squilibrio incompatibile con le complessive esigenze di spesa” regionali e, in definitiva, rendere “insufficienti i mezzi finanziari dei quali la Regione dispone per l’adempimento dei propri compiti”.

A questo salasso del “contributo al risanamento”, si aggiunge l’eurofollia del Patto di Stabilità Interno (il c.d. PSI), che per la Sicilia è gravosissimo. Si tratta di quella strana norma europea per la quale si pongono limiti amministrativi alla spesa: non si possono spendere soldi oltre una certa soglia anche se li abbiamo! Così, per farci male da soli: “Confrontando i limiti imposti alla Regione dal PSI con i risultati effettivamente conseguiti, si rileva come l’imposizione dei tetti di spesa abbia comportato non solo conseguenze in termini di riduzione di spazi finanziari per i conti pubblici regionali – che, in effetti, tra il 2012 ed il 2015 hanno scontato limitazioni pari ad oltre 1,5 miliardi di euro – ma anche ulteriori effetti, alcuni dei quali chiaramente distorsivi”. In pratica sulla Sicilia si sommano e si moltiplicano tutte le follie dell’austerità europea ed italiana, come un vero e proprio capro espiatorio.

Naturalmente nelle TV italiane non sentirete dire questo, ma sentirete parlare sempre e comunque della Sicilia cattivo esempio, sprecona, parassita….

Qui la prima puntata

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