Il governo coloniale regionale svende le nostre autostrade e impone pedaggi: come difendersi

È proprio vero, ormai il tempo della denuncia è terminato. Ormai dobbiamo costruire un’agenda rivoluzionaria per comprendere come restituire ai Siciliani la Sicilia, una volta disarcionati i governi coloniali e collaborazionisti che abbiamo avuto sinora.

I fatti, però, prima delle azioni, dobbiamo raccontarli, anche in breve, perché qui si gioca come sempre sul nostro futuro.

E gli unici che reagiscono sono i “Siciliani Liberi”.

 

La Sicilia non ha strade degne di questo nome, si sa. La perequazione infrastrutturale, per la quale i Padri Statutari avevano pensato l’art. 38 dello Statuto, dopo vita stentata e travagliata, è morta di morte violenta nel 1990 per non risorgere mai più.

Dopo quasi trent’anni di piccole e tardive manutenzioni ordinarie e stanchi progetti di completamento della rete stradale e autostradale, sempre più lente negli anni a noi più vicini, la Sicilia è solo servita da un insieme malandato di “trazzere”, più o meno grandi.

Lo stesso circuito autostradale, se può definirsi tale, è pieno di disservizi e interruzioni, soprattutto quello a diretta gestione ANAS, senza che il CAS brilli per buona gestione.

L’autostrada non è una scelta per gli automobilisti siciliani; è una necessità, spesso l’unica via, in mancanza di trasporti ferroviari o di alternative stradali. Il suo pedaggio, quindi, un’iniqua tassa, un balzello che si aggiunge a tutti gli altri. E fin qui lo sappiamo.

Ora il governo coloniale Crocetta, prima dell’inevitabile collasso alle elezioni, non contento di tutto ciò che ha regalato all’Italia, vuole regalare pure le autostrade, imponendo salati pedaggi a tutti i viaggiatori autostradali, pedaggi che – tanto per cambiare – saranno un’altra delle tante partite finanziarie che dalla Sicilia prenderanno la via del Continente. Un altro salasso, senza alcun vantaggio per la Sicilia. Un’altra rapina coloniale.

Come? Costituendo una società per azioni nella quale l’Anas “verserà” le sue autostrade (valutate al 51 %) e il CAS (oggi controllato dalla Regione) le sue, (naturalmente come socio di minoranza, al 49 %). La cosa è studiata affinché il pacchetto di controllo sia dell’ANAS, quindi dello Stato, facendo perdere alla Regione ciò che resta del controllo del demanio autostradale. Ma non finisce qui.

Le azioni, poi, saranno vendute sul mercato, non prima però di avere imposto SU TUTTE LE AUTOSTRADE sostanziosi pedaggi che rendano appetibile l’investimento di chi diventerà il padrone delle nostre strade. 

Milioni di siciliani che usano l’autostrada – ad esempio – ogni giorno per recarsi al lavoro a Palermo o a Catania, dovranno stornare una parte dei loro magri stipendi per favorire questo “investitore” esterno che, senza creare nuove infrastrutture, diventa di colpo con questi saldi di fine stagione padrone delle poche infrastrutture siciliane oggi esistenti, peraltro costruite a fatica e solo con i nostri soldi, visto che l’Italia non ha mai fatto realmente alcuna perequazione infrastrutturale da quando l’Italia esiste come creatura politica.

Migliaia di produttori siciliani, già condannati dalla marginalità geografica e dell’assenza totale di politiche di continuità territoriale, vedranno aumentare i costi di trasporto, diminuire (se ancora esiste) il loro margine di profitto ed essere condannati quindi a svendere la propria attività o a chiudere.

Questo è uno degli ultimi regali di Crocetta prima di andar via. Nel silenzio, naturalmente, degli altri partiti italiani, tutti complici del saccheggio della Sicilia.

Ma – come dicevamo all’inizio – il tempo della denuncia è finito. 

Ora è il tempo dell’azione. Come faremo, quando al potere in Regione ci saremo noi, a tornare indietro? Ci ritroveremo con una società straniera proprietaria delle nostre strade, con il diritto privato dalla sua parte e una Magistratura pronta a difenderla.

Una legge, con espropriazione per pubblica utilità? Inutile e dannoso. Ci chiederebbero un “pizzo” salatissimo, come quello che Draghi minaccia per chi voglia uscire dall’euro. Non si può fare. L‘art. 32 ci attribuisce tutto il demanio dello Stato; in un mese possiamo fare il decreto attuativo, ma lo Stato naturalmente porrà veto. Come difenderci allora?

Resta solo una strada: la CONFISCA.

Faremo una legge in cui dichiareremo DEMANIO REGIONALE (e poi statale siciliano dopo l’indipendenza) tutto il patrimonio autostradale con contestuale CONFISCA SENZA INDENNIZZO dello stesso.

Tutti i saccheggi coloniali vanno confiscati senza indennizzo, e lo faremo. Faremo una legge sulla nostra Magistratura, soggetta solo alla legge siciliana, per evitare che lo Stato italiano possa venire con la “sua” giustizia e la sua forza coercitiva a imporci questa rapina legalizzata.

Dovranno mandarci i carri armati per riprendersi le nostre autostrade. E un paese fradicio, come l’Italia, non avrà il coraggio di farlo.

Gli investitori/speculatori sono avvisati. Non investano in un Paese che si sta emancipando dal colonialismo. Le azioni della società saranno sequestrate. Noi facciamo sul serio. Tutto dipende dalla fiducia che ci daranno i Siciliani, non mancherà certo per noi.

 

 

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