La finta stabilizzazione dei vecchi precari e la creazione di quelli nuovi

È istruttivo tenere d’occhio la Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana. È lo specchio dell’attività del governo coloniale della Sicilia.

Ieri, 27 gennaio 2017, la Presidenza (il governatorato coloniale) ha “ripubblicato” la legge 27/2016 che si chiama pomposamente:

«Disposizioni in materia di autonomia locali e per la stabilizzazione del personale precario».

Si tratta di una “neolingua”, in cui le parole hanno il significato contrario di quello logico e letterale.

Mettiamo da parte le autonomie locali e concentriamoci un attimo sulla parte relativa ai cosiddetti precari.

Intanto lo stesso fatto che il colonialismo italiano abbia creato il precariato è una vergogna che solo un popolo molto paziente può sopportare. I dipendenti degli enti locali, nel giusto numero, naturalmente ci vogliono, assunti per concorso e con una retribuzione che consenta a loro e ai loro familiari non certo di arricchirsi, ma quanto meno un’esistenza dignitosa.

Banalità? Certo, in un paese normale, ma non da noi, dove queste elementari prescrizioni costituzionali sono un miraggio. Da noi, per il “partito unico degli ascari” (PUA!), tutto funziona al contrario: si è assunti per segnalazione di un politico, il numero dei dipendenti non ha alcun legame con le funzioni dell’ente (dove sono di più, dove mancano, così, a caso), lo stipendio è tale da costringere (se è l’unico in famiglia) a un doppio lavoro in nero che toglie energie al primo lavoro e che droga il mercato del lavoro autonomo e, ciliegina sulla torta, spesso è “a tempo determinato”, in modo da creare un cordone ombelicale permanente tra il politico e il lavoratore pubblico.

Risultato: tutto è un enorme carrozzone, dove in pratica non funziona nulla dignitosamente, ma la casta è ben salda. Il politico di turno sa come e dove andare, a ogni elezione amministrativa, a fare patti e patticelli con i sindacati dei PIP o di qualunque altra diabolica categoria creata dal colonizzatore, per mantenere, all’infinito, questo sistema di potere parassitario.

Alla fine i nodi vengono al pettine, e questa situazione si fa insostenibile.

Una legge statale (il DL 101/13, poi convertito in legge) cerca di fare un “colpo di spugna”: tutti assunti, a spese dei comuni naturalmente, e non se ne parli più.

Che succede nella colonia Sicilia? Succede che – per finta – ci si adegua. In una parola, per non farla lunga, si autorizzano i Comuni, che sono alla canna del gas per i continui tagli (saccheggiamenti) dello Stato all’Isola, sono perfidamente autorizzati ad assumere, ma … senza soldi.

Leggiamo qualche passaggio ineffabile di questa legge (art.3):

Al fine di realizzare il graduale superamento dell’utilizzo di personale con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato,…i Comuni possono

quindi le intenzioni sono le migliori….

a condizione che siano in grado di sostenere a regime la relativa spesa di personale e che prevedano nei propri bilanci la contestuale e definitiva riduzione del valore di spesa utilizzato per le assunzioni a tempo indeterminato … in ogni caso senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica 

Quindi… lo possono fare, non si sa bene con quale risorse, ma c’è scritto che lo possono fare. Possono farlo nei limiti del loro ammontare medio nel triennio anteriore al 2016. Poi, pensandoci bene, il Governo vuole essere ancora più generoso. Ma sì! Perché solo in quei limiti? Anche di più! Assunzioni per tutti, si può anche superare quel limite, però

a valere sulle risorse finanziarie aggiuntive, appositamente individuate con legge regionale, che assicurano la compatibilità dell’intervento con il raggiungimento degli obiettivi regionali di finanza pubblica 

cioè con soldi che “saranno trovati” con un’altra legge regionale, nell’anno che verrà, trallallero trallallà.

Dopo tanta generosità, un po’ di rigore: mai più nuovi precari! Finalmente. Si fa divieto di assumere nuovi precari e continuare il giro all’infinito, però…

...In deroga alle disposizioni di cui al presente comma, qualora tra il personale con con-tratto di lavoro subordinato a tempo determinato di cui al presente articolo non siano presenti figure professionali necessarie all’espletamento delle funzioni e dei servizi istituzionali, gli enti locali possono instaurare rapporti di lavoro flessibile, senza alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio della Regione.

Quindi, se i Comuni hanno soldi (a questo punto viene da dire “per fortuna” che non ne hanno) possono creare nuovo precariato! Che naturalmente poi sarà stabilizzato da nuove leggi future, e così via, all’infinito. Intanto votano per questo o quel sindaco, e poi si vede… 

E i disoccupati comuni? Quelli che non hanno raccomandazione? C’è sempre l’aeroporto di Fontanarossa o Punta Raisi e… buona fortuna.

La chiudiamo qua. 

Ancora una volta l’attività amministrativa e legislativa dei partiti italiani manifesta la propria incapacità costitutiva di “buona ammnistrazione”, di “creare sviluppo”, e così via. Sono capaci solo di fare derubare la Sicilia dallo stato italiano, dai comitati d’affari interni ed esterni, e – con le briciole che restano – di distribuirle clientelarmente agli elettori che perpetuano questo sistema.

Che ci vuole a dire: “tutti coloro che – prima del 2008 – hanno lavorato per almeno 5 anni consecutivi nella P.A. (cioè nella colonia Sicilia prima della grande crisi) sono automaticamente immessi in ruolo; per le posizioni eventualmente vacanti in organico è fatto obbligo di indire PUBBLICI CONCORSI  ed è fatto rigoroso divieto di ricorrere a nuovi ricorsi a personale a tempo determinato?

Solo un governo indipendente può fare questo.

Solo un partito indipendente dalle centrali italiane può porre termine a questo continuo scempio delle nostre amministrazioni pubbliche.

È proprio vero. Il voto ai partiti italiani, a tutti i partiti italiani, è proprio un voto perso.

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