Luttwak, Giletti ed altri sbagliano sui conti della Sicilia: la parola a… Cottarelli

Le “campagne” sono tali perché non parlano alla testa, ma al cuore e alla pancia delle persone. Servono a creare un clima, un clima di odio grazie al quale poi poter colpire impunemente.

La Sicilia è, ogni santa domenica, sul banco degli imputati su una trasmissione della TV di Stato italiana, L’Arena, condotta dal piemontese (savoiardo?) Giletti, il quale “fustiga” i costumi di questa Regione così viziosa. Il “rito” è talmente costante che ormai è diventato “cultura generale”. Chiedete a un italiano qualunque cosa pensa dei Siciliani, dei Siciliani non della Sicilia si badi, e ben che vada vi dirà che sono dei parassiti, mal che vada dei mafiosi.

Ma GIletti secondo noi recita un copione che è stato scritto da qualcuno (non da lui) in perfetta malafede.
Altri, meno informati, ci cascano. Condividiamo le dichiarazioni di Luttwak sull’inopportunità del G7, e che questo dovrebbe essere celebrato piuttosto allo ZEN di Palermo, e non a Taormina, ma poi anche lui cade nel luogo comune dei “troppi dipendenti”.

Ma come stanno realmente le cose? Siamo stanchi di fare “controinformazione”. Lasciamo la parola ad un nostro “nemico giurato”, a un corifeo dell’austerità europea, nientemeno che a Cottarelli, il quale così dice nel suo libro, edito nel 2015 per i tipi della Feltrinelli, la cui copertina, iconicamente molto efficace, vedete nell’immagine di apertura.

Che dice Cottarelli sulla Sicilia?

Premettiamo che, da rapide ricerche fatte nel web, risulta che nessun paese europeo ha un numero di dipendenti per mille abitanti inferiore a 50 e che in Svezia si arriva a 135. Ma andiamo in Italia.

Prima di mettere i nostri commenti, riportiamo le sue parole esatte:

«…se andiamo a vedere la distribuzione dell’occupazione per regione troviamo differenze molto marcate, il che suggerisce che ci siano eccessi di occupazione in alcune zone. La geografia è la solita che troviamo per altri indicatori di spesa. Tra le regioni a statuto ordinario, quelle del Nord sono più virtuose, con un numero di dipendenti ogni mille abitanti inferiore alla media nazionale (54 dipendenti pubblici ogni mille abitanti), in tutte le regioni tranne la Liguria (che ha un valore molto alto: 66 dipendenti pubblici ogni mille abitanti). La Lombardia è la più virtuosa (42). Il Veneto sta solo un po’ più in alto (46 per mille abitanti). Il Lazio è al primo posto, ma questo è in parte spiegato da Roma (anche se abbiamo visto che i ministeri non contano molto sull’occupazione totale). Le regioni Centro-Sud sono tutte al di sopra dei 50 dipendenti pubblici per mille abitanti, con valori più elevati per il Molise (60), che però può essere penalizzato dalla propria dimensione, e la Calabria (58). La Campania non è messa malissimo (51). Le regioni a statuto speciale sembrano istituti per la creazione di posti pubblici. Peggio di tutte sta la Valle d’Aosta (con un indice di 93); anche qui però conta la dimensione ridotta. Il Trentino-Alto Adige sta intorno ai 76, il Friuli Venezia Giulia a 70, la Sardegna a 67. LA SPESSO BISTRATTATA SICILIA NON STA MESSA MALE (57), per essere una regione a statuto speciale intendo dire.»

 

Queste parole, riportate da un “nemico dichiarato” di ogni forma di spesa pubblica, da uno “con le forbici in mano”, meritano più che una riflessione.

Intanto l’Italia tutta, con i suoi 54 dipendenti pubblici ogni mille abitanti è grosso modo al livello della Germania e al di sotto di molti altri paesi europei. Si vede che, tra i tanti problemi, non c’è proprio quello del “numero” dei dipendenti pubblici.

Poi c’è un errore di metodo. È normale che nelle regioni a più ritardato sviluppo ci sia un numero di dipendenti pubblici più alto. Crediamo succeda in tutte le parti del mondo. Il pubblico supplisce, in piccola parte, all’assenza del privato, è usato come strumento assistenziale. È un errore? Probabilmente, ma la causa non è il numero dei dipendenti pubblici, bensì la mancanza di insediamenti privati. Ci sono piccoli comuni in zone depresse, nei quali in passato il numero dei dipendenti pubblici era equilibrato, poi molti giovani sono emigrati, e il numero dei dipendenti è diventato eccessivo. Ma la soluzione è quella di ridurre drasticamente (con i licenziamenti, come suggerisce Luttwak) i dipendenti, anziché col normale ricambio? In tal modo il paese tutto crolla verticalmente, fino alla definitiva scomparsa. No, non può essere questa la soluzione.

Ma, anche facendo la tara a tutto questo, scopriamo che il Cottarelli, supponiamo a denti stretti, è costretto a dire che la Sicilia “non sta messa male”, cioè che, udite udite, il suo numero di dipendenti pubblici pro capite è tutto sommato in media con l’Italia. E, se teniamo conto della spaventosa depressione economica che la sta portando ad un saldo demografico negativo, nonché del fatto che a Palermo devono aver sede uffici corrispondenti a quelli dei Ministeri, più ancora che nelle altre 4 regioni a statuto speciale, giacché su quasi tutti i settori l’autorità dei primi non si spinge amministrativamente all’Isola (e quindi lo “sconto” che il Cottarelli fa al Lazio, in piccola parte dovrebbe farlo pure alla Sicilia), i conti tornano al 100 % se non ancor di più.

Insomma, che la Sicilia sia la terra dei dipendenti pubblici è semplicemente una “bufala pazzesca”. La realtà è che quelli che sul Continente sono dipendenti statali, qui sono regionali, perché le funzioni dello Stato sono state passate alla Regione.

Certo, c’è da dire ancora che sono in gran parte ultracinquantenni e ultrasessantenni. Fra poco la P.A. siciliana si svuota tutta. E non è detto che la dovremo rimpiazzare tutta. Potremmo cogliere l’occasione di questo grande ricambio generazionale e dell’ausilio delle tecnologie informatiche per fare comunque (anche se non necessaria) una cura dimagrante sull’organico, qualificato e valorizzato però, destinando le risorse pubbliche che si liberano alla Sicilia, sotto varie forme: minori tasse, migliori servizi pubblici, maggiori investimenti. Ma questa è proprio un’altra storia.

Intanto scrolliamoci di dosso l’infamia e schiaffiamo questi dati in faccia  chiunque ce li chieda.

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