UNA MONETA FISCALE PER LA SICILIA

Dietro la recente “uscita” di alcuni partiti italiani sulla necessità di una “moneta fiscale” c’è stato un dibattito scientifico e tecnico di anni, che non è ancora terminato.

Noi “Siciliani Liberi” riteniamo che la Sicilia debba avere una PROPRIA moneta fiscale, parallela alla valuta legale, perché la Sicilia è un’area valutaria ottimale. La faremo perché ci è consentito dall’uso congiunto degli artt. 36, 37 e 41 dello Statuto. La faremo, se la Corte Costituzionale o lo Stato in genere non ce lo consentono, attraverso la costituzione della Sicilia in “Zona Economica Speciale”, ciò che è nostro preciso diritto. La faremo comunque, quando saremo uno stato indipendente, perché un “breakup” dell’eurozona fatto dall’oggi al domani potrebbe causare non pochi danni e incertezze, e solo quando la valuta interna sarà diffusa e stabile si potrà pensare di abbandonare la valuta esterna.

Ma la faremo soprattutto perché è nell’interesse della Sicilia. Auguri all’Italia, ma noi abbiamo bisogno della nostra moneta.

Tuttavia pochi cittadini capiscono bene come funziona tutto ciò. In maniera – per così dire – didattica, spieghiamo quindi a cosa serve la moneta e come deve essere la nostra moneta.

 

La moneta serve, fondamentalmente, a tre cose: dare un valore ai beni e servizi, essere usata negli scambi per “pagare”, essere accumulata per “risparmiare”.

Per la prima funzione, detta di Moneta-segno, non c’è neanche bisogno che venga emessa una moneta. Può essere anche una moneta immaginaria, una moneta estera, il peso dell’oro, o quello che si vuole.

Per le seconde due ci deve essere un bene specifico (sia esso fisico, sia esso virtuale) che viene considerato da tutti come moneta: la Moneta-merce.

La moneta che deve essere accettata da tutti “per forza” come mezzo per pagare, si chiama “moneta legale”. Quella che  si usa anche senza che sia legale, si chiama “moneta fiduciaria”.

Oggi in Europa, come tutti sanno, la moneta legale è l’euro. Chi emette questo “bene” e “di chi è”?

Per rispondere a questa domanda bisogna dire che esistono in giro 4 tipi di “moneta” nell’eurozona.

La prima è una moneta che noi comuni mortali non vediamo: è la “base monetaria”, cioè dei conti correnti accesi presso la Banca Centrale (la nostra o quella di altri paesi dell’Eurozona, o la BCE, poco importa). Chi emette questa moneta? La BCE, che è una creatura “un po’ strana”, né pubblica, né privata, in pratica un consorzio tra le banche europee, con poteri di diritto pubblico e straordinarie immunità per i suoi dipendenti, quasi da stato sovrano. Chi la “maneggia”? Solo le banche tra di loro. Le banche, quando si devono “pagare” l’un l’altra, si pagano con questa moneta, che noi non vediamo, né possiamo maneggiare. Nemmeno gli stati possono farlo. Ebbene, questa moneta è in pratica l’unica vera moneta “legale”. La BCE ne può emettere INFINITA, con il solo cruccio che, se ne emette troppa, l’euro si svaluta nei confronti di altre monete o, se l’eurozona è in pieno impiego, l’aumento di moneta si traduce tutto in inflazione (non c’è questo pericolo per ora).

La seconda moneta è data dai c/c presso le banche. Questa moneta è quella usata dai privati, dallo stato, dalle imprese, per il 97 % circa delle transazioni (l’altro 3 % è del contante che vedremo dopo). In pratica è la moneta di tutti i giorni, nei c/c, negli smartphone, nelle carte ricaricabili, in tutti gli altri mezzi di pagamento elettronico e tracciabile.

Chi emette questa moneta? Le banche private. Sono loro, in esclusiva, che hanno il diritto di coniare la moneta che poi ci prestano e con cui facciamo la spesa, paghiamo gli stipendi, gli stati fanno la loro spesa pubblica. E così via. La Banca Centrale Europea non può coniare moneta (del primo tipo) e darla agli stati, ma solo prestarla alle banche. Queste, a loro volta, creano la loro moneta, la prestano al sistema economico, e ne traggono un interesse di signoraggio. In pratica abbiamo appaltato l’emissione di moneta pubblica, di moneta legale, al mercato. Quanta ne possono emettere? Infinita, in teoria. In pratica, se una banca si indebita nei confronti di un’altra, non potrà però estinguere il proprio debito con questa moneta bancaria, ma solo con quella del “primo tipo”, di cui sopra. Pertanto una banca non solida, che non ha abbastanza riserve presso la banca centrale, è soggetta a fallire. Non perché non riesce a pagare i debiti verso la clientela (potrebbe farlo infatti coniando una quantità infinita di moneta bancaria) ma perché questa moneta “coniata” andrebbe tutta nelle mani di altre banche che si presenterebbero all’incasso pretendendo moneta del primo tipo, della quale la banca “in bolletta” sarebbe sguarnita.

La terza moneta, del tutto irrilevante, è data dalle banconote (quasi la totalità del restante 3 % della moneta in circolazione). È emessa come quella del primo tipo dalla banca centrale, ed ha lo stesso valore legale, ma questa, a differenza della prima, è maneggiata dai comuni mortali. Non genera interesse, circola non tracciabile, e quindi più veloce. A differenza della prima, il “signoraggio” sulla sua emissione non è trattenuto dalle banche centrali, ma restituito agli stati. Cioè funziona così: la BCE presta alle banche una certa quantità di banconote per metterle nei bancomat. Le banche danno in cambio una certa quantità di titoli del debito pubblico gravati di interesse. Quindi anche l’emissione di banconote genera debito e interesse pubblico. Ma, c’è da dire, che l’interesse su questi titoli viene poi restituito allo stato alla scadenza.

La quarta moneta, ormai relitto storico del passato, del tutto irrilevante, è data dalle monete metalliche. Queste sono le uniche emesse direttamente dagli stati, sebbene nei quantitativi decisi dalla BCE, non generano debiti né interessi. Ma sono del tutto irrilevanti.

Questo sistema, a dirla in breve, non funziona. Per due motivi.

Primo, perché unisce paesi che non costituiscono un’area valutaria ottimale. Quando due territori (come nella vecchia Lira tra Sud e Nord) non sono un’unione ottimale, l’unico modo per non fare impoverire una delle due parti sempre più a discapito della più forte è compensare con trasferimenti fiscali. Questi, nell’eurozona, sono vietati. Al limite si possono fare solo “prestiti” ai più deboli, indebitandoli e indebolendoli sempre più.

Secondo, perché la BCE non può prestare direttamente soldi agli stati, come negli USA. E quindi gli stati non hanno alcuna potestà di battere moneta, appaltata al 100 % ai privati.

E allora? E allora il sistema è una pentola a pressione destinata ad esplodere, il più clamoroso fallimento della storia monetaria.

Come uscirsene? O con la “rottura disordinata”, di cui nessuno può valutare l’impatto e le conseguenze. Oppure… con la moneta fiscale.

Che cos’è la “moneta fiscale”?

La moneta fiscale è un certificato di credito fiscale, emesso dallo Stato e dato ai beneficiari, valido per pagare IRPEF, IVA, IRES, insomma buono per pagare tutte le tasse. Non è un debito per i trattati europei, perché non comporta per il titolare il diritto ad essere pagato con una somma di denaro. Quindi la sua emissione non comporta la violazione dei trattati europei.

Essendo “buona” per pagare le tasse, sarà accettata da tutti anche dagli scambi privati come moneta fiduciaria. La sua emissione è vantaggiosa per vari motivi. Da un lato non comporta l’abbandono (almeno per diversi anni) della valuta ufficiale, che continua ad essere usata per gli scambi esterni. Certo, in questo modo l’euro da “moneta unica” diventa “moneta comune”.

Ma i vantaggi sono altri: lo Stato è come se si riprendesse la facoltà di battere moneta, allentando la morsa del debito infinito; morsa che comporta aumento “stellare” di tasse e tagli indiscriminati di servizi, licenziamenti, austerità, pensioni da fame, etc.

E questo vantaggio lo avrebbe la Sicilia anche da una moneta fiscale italiana. Ma, la Sicilia, avendo una finanza “separata” ed autonoma da quella italiana (non vive di trasferimenti ma dei tributi dei Siciliani), non avrebbe i vantaggi di emissione che spettano allo Stato mantenendone solo le responsabilità di far quadrare i bilanci. In altre parole la Sicilia, se si fa una moneta fiscale, a meno che non rinunci del tutto alla sua autonomia, sarebbe come un paese che prende a prestito dall’estero la moneta che usa per gli scambi interni. Noi, e noi soli, tra gli italiani pagheremmo una tassa, sotto forma di interessi, per la moneta che usiamo. Una sorta di fiscalità di svantaggio, un tributo all’Italia, l’ennesimo.

Ma c’è di più. La Sicilia è una area valutaria ottimale a sé stante. Se lo Stato/Regione batte la propria moneta, non solo si supera definitivamente la drammatica e insolubile crisi finanziaria di Regione e Comuni, ma la moneta in questione dovrebbe essere spesa solo in Sicilia con la conseguenza che:

– aumenterebbe la domanda di prodotti interni e la quantità di prodotto siciliano sugli scaffali dei supermercati, ciò che significa diverrebbe realtà la “filiera corta”;

– a sua volta, ponendo dei protocolli qualitativi sul prodotto agricolo e alimentare, la qualità della vita e la prevenzione di ogni malattia farebbero un balzo in avanti, con un sollievo, tra l’altro, per la spesa sanitaria;

– l’aumento della domanda interna si tradurrebbe in ultimo in un ripopolamento dei nostri paesi abbandonati e, più in genere, in un rapido riassorbimento della disoccupazione cronica della Sicilia;

– a sua volta questo aumento dei redditi e dell’occupazione si tradurrebbe in un maggior gettito tributario che compenserebbe la Sicilia del “costo” degli sconti fiscali incorporati dal nuovo strumento;

– con le risorse liberate per la spesa corrente con la moneta “interna” lo Stato/Regione potrebbe lanciare un grandioso programma di investimenti per far superare alla Sicilia il suo indecente gap infrastrutturale.

Per questa ragione la Sicilia ha bisogno della sua moneta. E la faremo, quando entreremo in ARS, ridando alla Sicilia quella potestà di battere moneta che ha avuto da sempre, fino al 1926, che ha ancora sulla carta, e che le consentiranno di risorgere.

Siciliani Liberi darà non solo una moneta, ma con la moneta una sovranità e una dignità ad un Popolo ogni avvilito.

Non c’è alcuna libertà senza la sovranità monetaria. Ed è quello che oggi può fare “Siciliani Liberi”.

Nota: nell’immagine un’Onza d’oro, moneta della Sicilia indipendente, con il simbolo della Fenice che “risorge” dalle cenere (da qui il motto “resurgit”), simbolo delle “risorse”, che dal loro continuo giro, e spesa, si consumano e “risorgono” in continuazione nell’attività e negli scambi economici.

 

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