La sentenza della Consulta che cassa la legge regionale che ripubblicizza l’acqua in Sicilia non è solo un regalo alle multinazionali private, ma l’ennesima violazione dello Statuto che invece, a chiare lettere, attribuisce alla Regione “competenza esclusiva in materia di acque pubbliche”; competenza esclusiva che viene elusa dalla suprema corte italiana con i consueti giri di parole e arzigogoli giuridici per i quali il bianco diventa nero e il nero diventa bianco.
La vicenda dimostra ancora una volta come – per l’Italia, e a tutti i livelli, anche giudiziario – l’Autonomia della Sicilia è solo una burla e il suo Statuto carta straccia, e quindi dimostra l’impossibilità di tutelare qualsiasi interesse o diritto dei Siciliani dentro i confini dello Stato italiano.
Anche la vicenda delle tasse su Google e sul web, circa un miliardo l’anno, nasconde un’analoga violazione dei diritti della Sicilia. Di questi, infatti, almeno il 5 % circa, pari a 50 milioni l’anno, Statuto alla mano (art. 37), spetterebbero alla Regione, ma sono soldi che la Regione, naturalmente, non vedrà mai.
Se ci fosse un giudice indipendente, come in parte era l’Alta Corte prevista dallo Statuto, ancora avrebbe senso tentare di difendere i nostri diritti in sede giurisdizionale.
Ma, a queste condizioni, l’unica via per evitare questo continuo saccheggio e questa continua umiliazione è soltanto l’INDIPENDENZA PER LO STATO DI SICILIA.
I partiti italiani in Sicilia, al contrario, si rivelano perfettamente INUTILI. Il voto dato a loro è semplicemente un VOTO PERSO.