Comunicato stampa sull’emergenza del coronavirus

Il decreto del governo italiano emanato il 4 marzo, contenente le nuove misure precauzionali per l’emergenza coronavirus, impone di evidenziare, con prudenza e responsabilità, le criticità delle azioni poste in essere dall’esecutivo di Giuseppe Conte.

Sul piano scientifico giova sottolineare che indicare il numero dei morti è ciò che ovviamente più colpisce la popolazione; è ciò che più fa notizia. Tuttavia, ad oggi – in corso di epidemia – è il dato che meno si dovrebbe tenere in considerazione, perché al momento risulta inutile se non a sollecitare i pruriti dell’informazione o le fobie della popolazione inconsapevole. Quel dato si riferisce a persone purtroppo già debilitate e a fine vita, per le quali il coronavirus, il virus influenzale, le infezioni ospedaliere o qualsiasi altro evento può determinare l’evento morte. In sostanza, si muore con il coronavirus, non di coronavirus.

Inoltre, ogni patogeno è in grado di indurre di per sé morte in soggetti sani, e l’evento è variabile in funzione della variabile del binomio paziente-agente eziologico. Una malattia infettiva può essere ad altissima letalità, ma bassa mortalità (tetano, carbonchio, rabbia…) oppure a bassa letalità e alta mortalità. Il dato della mortalità in corso di epidemia è un dato impreciso e di scarso valore, se non per destare attenzione mediatica.

Se questo virus si diffonde come quello influenzale, ma induce un’ospedalizzazione maggiore, mettendo a rischio la capacità di risposta del sistema sanitario, non si capisce come sia possibile che in Cina preventivamente si siano posti il problema di costruire degli ospedali in brevissimo tempo per affrontare l’eventuale rischio, mentre in Europa (e specialmente in Italia) si sia preferito bloccare l’economia e la vita sociale per come siamo abituati a viverla, senza provvedere a raddoppiare o triplicare i posti letto negli ospedali in previsioni di eventuali picchi epidemici, affidandosi ad ospedali da campo o individuando ospedali militari o dismessi come alternative.

Non si capisce come dopo un mese dall’evidenza della circolazione virale in Italia si sia preferito prendere provvedimenti che riguardano l’intero territorio italiano senza prima aver irrigidito le possibilità di spostamento nelle regioni interessate da focolai significativi, inibendo o riducendo al minimo gli spostamenti da e per territori ben determinati ed adottando misure restrittive solo per i comuni nei quali si andavano individuando i singoli casi, eventualmente inasprendo le misure o estendendole in funzione dell’evoluzione dell’epidemia.

Non ci convince l’ondivaga approssimazione con la quale il governo italiano è passato dal minimizzare il rischio contagio all’emanare misure emergenziali che pongono i cittadini siciliani in grave difficoltà. Lascia sconcertati il constatare che il governo abbia individuato dei provvedimenti a singhiozzo, inducendo alla calma in alcuni momenti e all’allarmismo in altri, complice il circo dell’informazione. Il tutto mentre i danni all’economia siciliana rischiano di ammontare a centinaia di milioni di euro, tra il tracollo del turismo ed il calo degli ordini in quasi tutti i settori.

A tal proposito lanciamo una provocazione al presidente Nello Musumeci, che per ora si è mostrato più pronto ai proclami che alle azioni concrete. Mentre i governatori delle regioni settentrionali colpite dall’emergenza hanno già chiesto interventi straordinari, veri e propri aiuti di Stato miliardari, la Regione Siciliana esiga piuttosto la rapida attuazione degli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto, che da soli basterebbero a dare l’ossigeno necessario all’economia dell’isola in un momento così critico. Niente interventi straordinari una tantum. Solo ciò che dovrebbe essere già nostro per diritto costituzionale.

Le misure di prevenzione sancite dal governo italiano, insieme ai suggerimenti sui comportamenti da osservare nella vita quotidiana, inducono ulteriori e più generali riflessioni sulla nostra società. Il clima di paura generatosi in questi giorni, giunto ai limiti della psicosi collettiva, rischia infatti di favorire un disegno accentratore sul piano politico e disgregativo sul piano socio-culturale, in linea con gli esperimenti d’ingegneria sociale cari all’agenda globalista internazionale.

Le tendenze accentratrici in atto, infatti, rischiano di comprimere in misura crescente la già precarissima autonomia della nostra terra e – in ultima analisi – del nostro popolo. La disgregazione che potrebbe derivare dal perdurare del clima di paura, invece, sembra favorire il percorso verso una società sempre più atomizzata, fatta di individui isolati, privi di fiducia nel prossimo, sradicati dalla comunità a cui appartengono. Una “non-società” che ricorda l’“homo homini lupus” di Hobbes. Ulteriore conseguenza che in queste ore iniziamo a temere è poi quella di una virtualità pronta a spazzare via quanto ancora resta di “reale” nella nostra economia: dall’uso della moneta elettronica al posto del contante (giudicato un potenziale veicolo di contagio) al crollo del commercio locale a vantaggio del più comodo e sicuro acquisto da casa via Amazon.

Siamo di fronte ad un’emergenza sanitaria da non sottovalutare e che merita ogni attenzione del caso, coinvolgendo le migliori professionalità ed i migliori mezzi in campo, ma riteniamo che tale emergenza rimanga un problema sanitario e non teatro mediatico. Il rischio è che i provvedimenti da intraprendere vengano dettati più dal tentativo di rispondere al teatro mediatico che dalle esigenze sanitarie.

Da Siciliani Liberi facciamo appello ai nostri concittadini affinché affrontino questa emergenza con fiducia e coraggio, memori delle tante volte in cui i nostri antenati – contro guerre, calamità naturali ed epidemie – dimostrarono tutto il loro valore di uomini e donne in grado di resistere anche nei momenti più duri.

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